La Lazio ha evitato gli adattamenti dell’Atalanta
Come già fatto in occasione delle ultime due partite in campionato, Gasperini aveva preso degli accorgimenti per cercare di agevolare il controllo dei principali riferimenti offensivi della Lazio. Una scelta che ha avuto origine da un cambio di strategia in corso d’opera nella partita di ritorno del 19/20, con l’inversione delle zone di competenza di Toloi e Djimsiti, in modo che potessero andare in marcatura rispettivamente su Milinkovic-Savic e Immobile. Questa volta però la scelta non è stata sufficiente per arginare le risalite della Lazio, complici anche le assenze di Hateboer e Gosens, che hanno tolto ulteriore fisicità alla squadra di Gasperini dando un’arma in più ai biancocelesti.
A dare fastidio all’Atalanta sono stati innanzitutto i movimenti delle due punte avversarie, Immobile e Correa, che si dividevano i compiti di attacco alla profondità e movimenti incontro per ricevere la verticalizzazione: più frequente che Correa attaccasse immediatamente lo spazio alle spalle di Palomino, mentre Immobile si sfilava dal controllo del diretto marcatore andando all’indietro o aprendosi lateralmente, ma l’interpretazione non è stata mai rigida. Questi incroci non sono stati controllati agilmente da Palomino e Djimsiti, che spesso si sono trovati in crisi sul cambio di marcatura, specialmente in occasione delle transizioni difensive del primo tempo, quando Immobile si è trovato spesso libero di ricevere come primo riferimento per l’uscita palla.
Due transizioni offensive della Lazio nel primo tempo che evidenziano la carenza di marcature preventive sulle punte da parte dell’Atalanta. Nella prima è addirittura Immobile a ripiegare e recuperare il possesso.
Il sistema difensivo dell’Atalanta, basato sull’accettazione della parità numerica anche nell’ultima linea, va in affanno se le uscite non sono puntuali, e una squadra come la Lazio sa essere letale quando le sue punte hanno tempo e spazio di attaccare la profondità con o senza palla.
Un altro accorgimento preso da Gasperini è stato quello di cercare di enfatizzare i duelli in fascia portando in maniera ancora più ricorrente gli avanzamenti dei difensori centro-laterali in sovrapposizione al mediano di parte, che si abbassava. Sia De Roon che Freuler dovevano essere reattivi nell’abbassarsi al fianco di Palomino, per consentire a Toloi e Djimsiti di attaccare in superiorità numerica gli esterni della Lazio con il contributo di Ruggeri e Maehele, chiamando così il raddoppio del difensore centrale di parte della Lazio.
La rotazione dell’Atalanta era efficace solo se arrivava puntuale su un giro palla dal lato opposto, come in questo caso. Giocando rapidamente, i bergamaschi avrebbero potuto trovare Zapata alle spalle di Ilicic, portando potenzialmente fuori posizione anche Acerbi e creando uno spazio centrale da attaccare, magari con una triangolazione.
L’utilizzo di Ilicic e Miranchuk sulla stessa linea di partenza, cioè sulla trequarti contemporaneamente, con Zapata che si allargava per fare ulteriormente densità in fascia, aveva probabilmente l’intenzione di svuotare il centro della difesa laziale, attirando l’attenzione dei centrali avversari e colpire poi con gli inserimenti sul lato debole.
Buona parte delle azioni dell’Atalanta si sono sviluppate sulla fascia destra, in maniera abbastanza inusuale per i movimenti di Zapata (solitamente abituato ad aprirsi a sinistra), ma il problema principale per Gasperini è stato che la Lazio è riuscita a tagliare i rifornimenti a Ilicic, togliendo così una buona dose di inventiva alle azioni della sua squadra. In questo modo, la squadra di Inzaghi ha esposto i limiti tecnici e atletici degli esterni di riserva dell’Atalanta rispetto ad Hateboer e Gosens, dato che i due rimanevano abbastanza ancorati alla fascia ed erano meno inclini ad accentrarsi.
L’Atalanta ha fatto fatica a prendere controtempo le scalate in pressing del blocco basso della Lazio quando la palla andava sull’esterno.
Questa confusione sulla fascia destra si presentava anche in fase di non possesso per l’Atalanta. La Lazio, come diverse volte in stagione, ha costruito l’azione aprendo moltissimo i suoi difensori centrali e abbassando Leiva, portando il centrale di sinistra (in questo caso Radu) a dare massima ampiezza, mentre Marusic stringeva molto la sua posizione, portandosi quasi a ridosso delle punte. I benefici derivanti da questa rotazione in impostazione sono stati chiari sul primo gol biancoceleste, su cui Gollini può aver avuto qualche difficoltà di lettura a causa della vista controluce, ma che sicuramente è stato propiziato da questa occupazione degli spazi, che ha scombinato la difesa nerazzurra consentendo a Radu di anticipare Ilicic sulla seconda palla.
La Lazio attirava il pressing dell’Atalanta per avere spazio per giocare in verticale, portando Leiva sulla linea dei difensori, allargando e alzando Patric e Radu e abbassando anche Luis Alberto, in modo da sganciare in avanti Lazzari, Milinkovic, Marusic e una delle due punte.
L’accentramento di Marusic, agevolato dal fatto di essere a piede invertito, è stato anche un modo sensato per riempire una zona di campo che non può essere occupata da Luis Alberto, dato che lo spagnolo si abbassa dal centrosinistra per ricevere. Così, la Lazio aveva un uomo in più per attaccare le seconde palle o per fungere da riferimento aggiuntivo delle verticalizzazioni da dietro, con Milikovic-Savic che, quando non veniva raggiunto immediatamente da una palla lunga, tagliava lateralmente per dare sostegno.
A far pendere la bilancia ulteriormente da parte della Lazio ci si è messa anche un’esecuzione non perfetta dei compiti affidati da Gasperini ai suoi uomini su quel lato. De Roon, ad esempio, aveva il compito di seguire Luis Alberto in fase di non possesso, ma anche di prendere il posto di Djimsiti in impostazione. Questo sdoppiamento di ruoli non ha funzionato benissimo, in quanto a volte il mediano era in ritardo sul giro palla dal lato opposto, e consentiva così alla Lazio di attivare comodamente la sua uscita in pressing laterale. Questo non toglie i meriti della Lazio, in grado di mantenere una grande applicazione difensiva e che, grazie alla reattività sulla circolazione bassa avversaria, è riuscita a ricacciare all’indietro i tentativi di avanzata dell’avversario correndo in avanti.
La Lazio è stata perfetta nei tempi di scalata, cercando di invitare l’Atalanta a tornare indietro e a verticalizzare solo sull’esterno, attivando così la pressione del quinto di parte e tenendo i difensori centro-laterali molto aggressivi sugli abbassamenti dei trequartisti di Gasperini.
Anche con la palla l’Atalanta è stata tutt’altro che perfetta. Sulla brutta prestazione dei nerazzurri, in questo senso, ha contribuito la mancanza di fluidità nel gioco offensivo dell’Atalanta, che per buona parte della gara è rimasta aggrappato ai tentativi di Zapata di abbassarsi cucendo il gioco e creando superiorità numerica. Qualcosa è cambiato verso la fine del primo tempo, quando Ilicic e Miranchuk hanno invertito le posizioni, portando il primo a ricevere in maniera più pulita, e il secondo a giocare nella posizione che predilige, con il mancino verso l’interno del campo. Simone Inzaghi ha risposto togliendo Patric per Musacchio – una mossa che ha tolto un ammonito in una zona nevralgica del campo già al 38esimo minuto dando un po’ di tranquillità in più alla Lazio, proprio nel momento in cui Ilicic avrebbe potuto fare davvero male sul lato opposto rispetto al solito.
Gasperini ha provato a mischiare le carte, ma non è servito
Al rientro dagli spogliatoi, Gasperini ha inserito Malinovskij al posto di Ruggeri, cambiando sensibilmente l’assetto della squadra. Toloi è infatti tornato a destra per occupare la posizione di terzino destro, con Mahele e a sinistra e Palomino-Djimsiti centrali. Davanti a loro, De Roon e Freuler formavano sempre una mediana a due, invertendo però la posizione, con il primo a sinistra e il secondo a destra. Infine, Ilicic, Miranchuk e Malinovskij giocavano alle spalle di Zapata, in un 4-2-3-1 abbastanza fluido e spregiudicato che prevedeva l’accentramento dell’ala e l’avanzamento del terzino lato palla.
Il 4-2-3-1 di ampio respiro dell’Atalanta dell’inizio del secondo tempo. Freuler e De Roon avevano compiti sostanzialmente invariati, a parte l’inversione del lato, e dunque si aprivano molto per far alzare il terzino di parte, svuotando il centro.
I nerazzurri non sembravano però interessati a ricercare la verticalizzazione centrale per trequartista o punta, sfruttando gli spazi lasciati vuoti dai mediani, e hanno preferito mantenere il focus delle iniziative sulle catene laterali. Per i primi minuti la Lazio ha effettivamente faticato a leggere la nuova disposizione avversaria, però il gol di Correa, arrivato sfruttando un’ulteriore incertezza della coppia dei centrali (sicuramente non agevolata da questo cambio di sistema), che sono andati a saltare insieme sul pallone, ha complicato ulteriormente le cose.
Oltre all’influenza “indiretta” che ha avuto nel resto della partita, in occasione del secondo gol lo smarcamento combinato Immobile-Correa ha messo nei guai Palomino e Djimsiti. Errore ancora più grave, considerando che in quel momento l’Atalanta giocava con solo due centrali e non c’era nessuno a dare copertura.
A questo punto Gasperini ha inserito Muriel e Pasalic al posto di Zapata e Miranchuk, mantenendo lo stesso assetto, ma le difficoltà generali a trovare le misure in entrambe le fasi lo hanno spinto a cercare di ritrovare il più possibile l’intesa di base riportando dei riferimenti più classici. L’allenatore piemontese ha fatto quindi entrare Caldara per Freuler e Lammers per Ilicic per tornare alla difesa a tre, arretrando contemporaneamente Pasalic al fianco di De Roon e mettendo Malinovskij dietro a Lammers e Muriel. Più che una sorta di continuo riaggiustamento tattico, però, l’intenzione di Gasperini è sembrata semplicemente quella di inserire più giocatori offensivi possibili per avere una maggiore imprevedibilità nell’ultimo terzo di campo. Una mossa che ha pagato solo temporaneamente, con il gol dell’1-2 dovuto più che altro a una grande giocata di Muriel, e che non ha cambiato il destino della partita. Nel complesso la Lazio è sembrata molto più solida nella tenuta mentale e tattica della partita, assorbendo la sfuriata e rimanendo pronta a sfruttare le sue doti migliori.
Il gol dell’1-3 in questo senso è la chiara dimostrazione dello scarto di lucidità tra le due squadre: dopo una serie di rimbalzi sul lato destro del centrocampo, la palla arriva a Radu, che nota subito la libertà di Milinkovic-Savic sulla destra e lo serve di prima. Solitamente in questo caso il centrocampista serbo avrebbe dovuto già avere il centrale di destra addosso, ma Palomino era rimasto eccessivamente basso. Così, Milinkovic-Savic ha avuto modo di giocare a sua volta di prima verso Pereira, mentre Muriqi si portava indisturbato al centro dell’area, con Maehle che aveva completamente rinunciato al ripiegamento.
Alla fine dei giochi e al di là del risultato finale, anche alla luce degli uomini utilizzati e dei pattern di gioco, la partita ci ha dato qualche informazione in più sulla corrente dimensione della Lazio rispetto alla condizione dell’Atalanta. La squadra di Inzaghi ha confermato ancora una volta di sapere come manipolare l’avversario per sfruttare il campo aperto, sia attraverso le iniziative individuali di un Luis Alberto a cui è sempre più difficile togliere il pallone, sia con la versatilità della sua coppia di attaccanti, ma anche dando delle fondamenta elaborate alla sua azione già dai primi passaggi.
Inzaghi ha trovato delle combinazioni intriganti che consentono simultaneamente a Marusic di attaccare l’interno del campo, fungendo da riferimento diretto o da uomo in più per la lotta alla seconda palla, a Reina di avere spazio e tempo per sfruttare le sue doti di gestione del possesso, a Lazzari di andare spesso in isolamento con il diretto marcatore ingaggiando contese sulla lunga distanza che lo vedono spesso vincitore. Attraverso queste soluzioni la Lazio ha dimostrato di poter essere ancora più imprevedibile e di poter adattare la propria risalita del campo alle contingenze, pur sempre all’interno della propria identità di gioco. Una vittoria decisiva, insomma, in cui a risaltare è stato soprattutto il talento tattico di Simone Inzaghi.