Guerra al «pezzotto», Capitanio (Agcom): «Multe automatiche? Tutela per l'utente»
Una diretta YouTube sul cosiddetto pezzotto ha fatto partire la polemica sulle «multe automatiche». Massimiliano Capitanio, commissario dell'Authority, spiega come funziona il Piracy Shield e le sanzioni che derivano dall'utilizzo di piattaforme illecite
Sul tema multe si è creata confusione: tanto per cominciare non le commina Agcom, ma sono previste dalla legge 93/2023, e vengono comminate dalle autorità competenti. Sono una misura volta a proteggere gli utenti. Gli abbonati del pezzotto, ad esempio compra le credenziali su Telegram, non è a conoscenza dei pericoli che corre, per esempio la possibilità che vengano ceduti i dati bancari alle organizzazioni criminali». Si apre così l'intervista con il Commissario di Agcom, Massimiliano Capitanio, raggiunto da LOGIN per chiarire quanto emerso pochi giorni fa, in seguito alla diretta YouTube che ha visto, oltre il Commissario, anche la presenza di Lega Serie A, Dazn e FAPAV. «Se si comprendesse meglio questo particolare, ci si renderebbe conto che tutto questo è volto alla protezione dell'utente».
In molti hanno parlato di «multe automatiche»: è una definizione corretta o esiste un sistema più complesso?
«Se volessimo utilizzare la stessa definizione per le multe previste in seguito alla violazione del Codice della Strada, comminate con l'Autovelox, sarebbe una definizione molto carina dal punto di vista giornalistico, ma non realistica. Le multe non sono mai automatiche: prevedono la violazione di una norma, l'accertamento della responsabilità e poi si dispone la sanzione. Diciamo che la novità del protocollo che è stato elaborato dall'Autorità, con la Procura che ho definito "pronto e non firmato", consiste nella condivisione di dati che vengono raccolti tramite la piattaforma Piracy Shield, che bloccano i siti che trasmettono illegalmente la partita, ma anche indirizzi, app, etc. Dentro questo sistema ci sono degli informatici in grado di identificare gli utenti che si appoggiano a questi servizi. Con la condivisione dei dati reperiti secondo la legge dalle autorità investigative, come è già stato fatto nel 2022 dalla Guardia di Finanza, nell'operazione "Dottor Pezzotto", si identificano gli utenti e vengono sanzionati, secondo la legge 93/2023».
Multe che partono da 150 euro fino a 5.000 euro.
«Chi guarda una volta sporadicamente una partita o un film su un sito illegale viene sanzionato con 150 euro. Se invece hai la Vpn, hai scaricato un software apposito, è ovvio che sei consapevole di fare un illecito: in quel caso la sanzione può arrivare fino a 5.000 euro. Gli utenti dovrebbero essere contenti che qualcuno gli fa sapere che rischiano una sanzione».
Si gioca molto sulla deterrenza, quindi.
«Sì, l'effetto di protezione di Piracy Shield si è già ottenuto nei numeri. Se in 10 anni di attività precedenti erano stati disabilitati 3.000 siti Internet e solo nei primi 6-7 mesi del 2024 ne sono stati abbattuti oltre 20.000 tra Ip e Fqdn (Fully Qualified Domain Name è un nome completo che identifica esattamente un computer o un sito web su Internet, Ndr). In questo caso sì, avviene un processo automatizzato di raccolta dati, verifica dell'Autorità e ordine agli Isp (Internet Service Provider) è stato accelerato. I numeri dicono che lo strumento sta funzionando. Il fenomeno non è stato contenuto, ma leggermente limitato nella possibilità di accesso. Purtroppo, proprio come succede con l'Autovelox, finché non si riceve la multa non si realizza che è un reato, che in questo caso toglie risorse allo Stato, risorse che possono essere utilizzate per supportare gli Italiani e che fa perdere, secondo i dati certificati da Ipsos e Fapav, 10.000 posti di lavoro a giovani che vorrebbero lavorare nel cinema, nel mondo audiovisivo o nel settore dei diritti sportivi. Senza contare che questi reati tolgono un sacco di risorse anche alla propria squadra del cuore».
Nella diretta auspicava la possibilità di estendere la portata della piattaforma anche alle Serie Tv, eventi, cinema, etc.
«Sì quello è previsto proprio dalla legge, tutti siamo orientati che l'Autorità, ora che abbiamo fatto "il tagliando" alla piattaforma, si possa applicare il sistema anche al tennis, basket, Lega Pro, tutti gli eventi coperti da copyright, come le Serie Tv, le prime cinematografiche, eventi live e così via».
Le piattaforme di streaming stanno cercando di scoraggiare la condivisione di password e account. Ma non si rischia l'effetto «Napster», con la nascita di numerose piattaforme alternative?
«Ci sono dei fenomeni acclarati come Spotify che dimostrano come l'accesso a prezzi sostenibili sia comunque uno degli strumenti che può aiutare il contrasto alla pirateria. Ma non dobbiamo cadere nella mitologia e nelle favole raccontate dai sostenitori della pirateria. Nonostante gli abbonamenti economici, esistono delle possibilità di acquistare su canali illeciti gli stessi a prezzo ancora più ridotto, se non gratis. Io credo che la politica di accesso sostenibile a qualunque bene di tipo ludico o culturale sia fondamentale, tant'è che Agcom insieme al Ministero del Made in Italy sono protagonisti della famosa lista di eventi che devono essere trasmessi in chiaro e che ha garantito ai cittadini italiani di poter vedere in chiaro la semifinale di Champion's League tra Inter e Milan, nonostante i diritti fossero stati acquistati da Amazon. Ma anche la Nazionale, la Formula 1, il Ciclismo e tutta una serie di eventi culturali, come il Festival di Sanremo o la Prima della Scala. C'è una politica di attenzione all'accesso gratuito. Dall'altra parte c'è nella mentalità del "tuttosubito" una disvalorizzazione del contenuto culturale. Come da ragazzini si scaricavano centinaia e centinaia di giochi per le prime consolle, senza poi effettivamente utilizzarli, nell'accesso gratuito c'è una perdita di valore del contenuto, facendo un grave danno al mondo della cultura e a chi ci desidera lavorare. Molte delle persone che sottoscrivono gli abbonamenti, non sono neanche interessati ad usufruire di tutti questi contenuti. Io non guarderei mai una partita in una lingua straniera, in una qualità di immagini scadente e piena di pubblicità. Preferivo fare come facevo ai tempi del Liceo, andare con gli amici al bar e guardare la partita in assoluta legalità, per altro sostenendo il commercio locale. Ci sono gli strumenti per vedere le partite di calcio legalmente. Il fatto che gli abbonamenti impediscano di vedere le partite, è un racconto che non mi convince».
Nel corso della tavola rotonda è emerso che il 47% degli Italiani non conoscono che la pirateria è un reato.
«La situazione è preoccupante, anche se il dibattito che si è aperto con Piracy Shield è servito ad aumentare la consapevolezza dei cittadini. A me piace fare la ricerca empirica sui fenomeni. Basta andare in qualunque centro sportivo, o nei bar, per capire che tanti italiani, almeno 2-3 milioni ogni fine settimana hanno strumenti per guardare le partite o le Serie Tv in maniera illegale. Una tale diffusione dimostra che non c'è una consapevolezza sulla gravità del reato. Io non so perché in passato si sia soprasseduto e ai tempi la pirateria veniva sottovalutata o perché avere nel conteggio dei clienti potesse essere utile ai fine della vendita pubblicitaria. Non so, non riconosco la responsabilità a nessuno. Ma il fenomeno è molto diffuso. Non è percepita la gravità e neanche la pericolosità. Nonostante le ripetute denunce della Guardia di Finanza e della Polizia Postale, gli Italiani non sanno che quando vanno su Telegram o acquistano dei pezzotti consegnano i dati bancari e personali a queste persone, si sottopongono a rischi gravissimi. E i dati dei report sulle frodi informatiche, sui cyberattacchi ai conti correnti e sulla sostituzione dell'identità personale (per non parlare dei reati sessuali) dimostrano che c'è un fiorente scambio di dati. In occasione della Festa della Serie A a Parma, l'Amministratore Delegato della Lega Serie A, Luigi de Siervo, ha detto pubblicamente che alcune società di pirati e criminali si erano avvicinati alla Lega Serie A per mettere a disposizione (a pagamento) dei database contenenti i dati sensibili di utenti che avevano acquistato servizi illegali».
fonte corriere.it