18/06/2025 | 13.15
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La Dea all'ombra



C’è un paradosso curioso che torna a galla ogni volta che l’Atalanta vince e convince anche per anni.

A ben guardare — e ascoltare — pare che, nell’immaginario collettivo, la Dea sia tornata a occupare quel posto un po’ marginale che per decenni le era stato assegnato: squadra modello, certo, ma non protagonista. Una realtà “bella e utile”, che fa crescere i talenti e poi li offre al miglior offerente. Magari a quelle stesse “grandi” che, qualche settimana prima, aveva sconfitto sul campo.

Negli ultimi tempi, complici anche un mercato ancora lontano dal partire e il cambio della conduzione tecnica, l’attenzione sull'Atalanta sembra calata da parte della stampa nazionale. Meno articoli, meno analisi approfondite, spesso contenuti funzionali a raccontare qualcosa di altri: il futuro di un giocatore inseguito da mezza Europa, il bisogno urgente di rinforzi da parte dei soliti noti, e l’Atalanta che, implicitamente, torna a fare da cornice. Quasi fosse una bottega, una tappa di passaggio. Un trampolino, mai un punto d’arrivo.

Ma è davvero un problema?

Dipende. Per qualcuno può essere fastidioso. Dopo anni in cui si è riscritta la geografia e la storia del calcio italiano, dopo stagioni che hanno portato a Bergamo un trofeo europeo e tanti piazzamenti prestigiosi — una cosa che sembrava impossibile anche solo da sognare — si potrebbe pensare che questa squadra meriti un altro tipo di attenzione. Che il silenzio mediatico sia una mancanza di rispetto. Un’occasione persa.

Eppure, forse, va bene così.

Perché se c’è una cosa che l’Atalanta ha dimostrato negli anni è che non ha bisogno dei riflettori per funzionare. Lavora meglio senza. A fari spenti, lontano dalle urgenze artificiali dei salotti televisivi, da quella pressione che svuota i progetti in nome del presente.

Dietro il silenzio c’è una società che parla poco ma costruisce tanto. Che cerca di far mercato con criterio e intelligenza e tiene il bilancio più in ordine di chiunque altro. Che ha idee chiare sul futuro e non si fa dettare l’agenda da nessuno. E che, alla fine, e' ben lungi dall'essere perfetta perche' umana.

Essere sottovalutati, in fondo, può anche essere un vantaggio. Fa risparmiare parole, aspettative e distrazioni. E quando poi torni a colpire l’effetto è doppio. E' il giochino di tendere ogni anno ai 40 punti "e poi si vedra'" cosi' caro al Tone. Un concetto assolutamente furbo e per niente ipocrita come parrebbe a qualcuno.

Quindi sì, forse l’Atalanta sembra un po' tornata nell’ombra. Ma è un’ombra che copre un lavoro serio, solido, destinato a durare. E chi conosce questa squadra, questa città, questa gente, lo sa bene: è proprio quando cominciano a distogliere lo sguardo che la Dea rialza la testa.

Calep
By staff
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