Lettera a mio Nonno
Caro Nonno,
te ne sei andato da poco, e io son qui tra le lacrime a ripercorrere ciascuno dei momenti più piacevoli che ho potuto vivere con te, cercando di scrivere questa lettera anche per far sfociare il mio dolore. Inevitabilmente, la nostra amata Atalanta è presente in tanti tra questi. Mi ricordo quando andavamo allo stadio insieme a papà, e tu ti mettevi nella zona laterale di quella Curva che è stata la tua casa domenicale per una vita intera, insieme ad altri tuoi cari di vecchia data. Appena finita la partita, il ritrovo a casa tua per ascoltare le interviste e rivedere i gol. La nostra Atalanta, ma questo lo sappiamo bene tutti, è più che una semplice squadra. Ci avevamo trovato quasi una fede da custodire, da tramandare di padre in figlio, un esempio da seguire per quei valori che ci trasmetteva. In quei momenti di ritrovo con famiglia e parenti, il nonno è per eccellenza quello che custodisce più storie del passato. Partite memorabili, eventi surreali, giocatori romantici di altri tempi.
Purtroppo ora te ne sei andato. Gli ultimi anni hanno rappresentato l’epoca più splendida della nostra squadra (di sicuro per me, poco più che ventenne, ma molto probabilmente anche per te), e un grande dispiacere è per me sapere che tu non potrai vedere come si evolverà e, perché capita per ogni cosa, come finirà, per poi passare a essere parte integrante di quelle narrazioni leggendarie da raccontare ai nostri figli e nipoti.
Ora, vorrei condividere un momento tanto triste quanto felice che abbiamo vissuto insieme.
Era il 1° marzo: l’ultima partita della nostra Dea. Ero venuto a casa tua a vederla, come spesso negli ultimi anni avevo cercato di fare, per tentare di vivere i momenti più belli della nostra squadra del cuore, insieme a te, una persona a cui volevo tanto bene.
Mi aveva colpito particolarmente un tuo commento durante quella partita, frutto purtroppo di una malattia che ti impediva di vivere il presente con lucidità: “Caspita, ma che squadra siamo diventati, già vincere a Lecce era bella tosta, in più addirittura facendo 7 gol”.
Quella frase mi aveva lasciato una tristezza incredibile, perché mi aveva fatto capire che quest’Atalanta quasi non ti apparteneva più, non la riconoscevi più. Come potevo spiegarti il cambiamento tanto repentino e forte della Dea gasperiniana? Impossibile, probabilmente. Allora mi limitavo a condividere con te la gioia di una partita stravinta, in quella che per te sarebbe stata l’ultima volta, l’ultima occasione di sostenere quella maglia, quella fede. Non me lo sarei mai immaginato, che le cose potessero cambiare così velocemente. Quasi come la Nostra Atalanta, caro Nonno. In un mese sei sprofondato, tra l’amore dei tuoi cari, non per colpa di questo virus che tanto ha piegato la nostra città, ma questo a me poco importa, perché d’ora in poi non potremo più gioire insieme.
È stato come se, una volta iniziata la sospensione delle partite, tu ti sia lasciato andare. Non lo so, Nonno, forse l’Atalanta scandiva il ritmo della tua vita, da quanto ci eri abituato e da quanto significava per te.
Mi mancherai tantissimo, ma puoi stare tranquillo, perché vivrai per sempre nel mio cuore, e farò in modo che quella passione che tu e papà mi avete trasmesso possa continuare a vivere, di generazione in generazione. Inevitabilmente, la prossima volta che vedrò quella maglia nerazzurra sul campo penserò a te, sperando che per qualsiasi motivo tu possa essere ancora lì, a vederla insieme a me. Un atto di fede che ti devo, perché ti vorrò sempre bene.
Arrivederci, Nonno
Il tuo Riccardo