L'unicita' dell'Atalanta
Un bell'articolo di Maurizio Crosetti, giornalista juventino dichiarato di punta de La Repubblica
La squadra di Gasperini arriva alla sosta da prima in classifica, a punteggio pieno dopo tre giornate e con già 13 gol segnati. La parola scudetto non è eccessiva ma logica per una meraviglia estetica, tecnica, tattica e atletica
BERGAMO - Nell'Atalanta prima in classifica, segnano e sognano tutti. Tre partite, tre vittorie, tredici gol fatti. Stavolta si punta a quota cento (reti) per mandare in pensione il vecchio calcio. Nessuno in Italia gioca così: ecco perché la parola scudetto non è eccessiva ma logica per una macchina perfetta, una meraviglia estetica, tecnica, tattica e atletica.
Da tre anni Gian Piero Gasperini lavora minuto dopo minuto per l'intensità, che nel calcio di oggi è una specie di eternità. Gli allenamenti dell'Atalanta sono un concentrato di fatica e schemi che in pochi superano, ma chi ci riesce diventa quasi un eletto. La giovinezza atletica di Alejandro Gomez si spiega anche così, oltre qualunque soglia anagrafica.
L'Atalanta ha quasi soltanto stranieri, e quasi tutti li ha scoperti in angoli di mondo dove gli altri club non mettono neppure il naso. L'ultimo si chiama Sam Lammers, è uno sbarbatello olandese di 23 anni che si muove in area come un danzatore classico, la sua eleganza ha già rubato gli occhi. L'unico italiano nella formazione che ha sfarinato il Cagliari era il portiere, ma nessuno può definire l'Atalanta una squadra di apolidi: anzi, Bergamo ferita dal Covid più di ogni altra città d'Italia è la una patria del cuore. Durante i terribili cento giorni del lockdown, nessun calciatore dell'Atalanta ha lasciato l'Italia per mettersi al riparo in qualche legittima località natìa. Sono rimasti tutti, perché era meglio ed era giusto così. Quando poi vanno in campo, quest'appartenenza si vede, balza agli occhi. Così come diventa quasi automatico inserirsi subito negli schemi: i nuovi acquisti dopo pochi giorni sembrano indossare la maglia nerazzurra da sempre.
Da società satellite della Juventus, ma con il miglior vivaio d'Italia, l'Atalanta nel tempo ha affermato la sua unicità. Se non fosse un club italiano, diremmo che questa è la strada più virtuosa: cercare il talento, allevarlo in casa, venderlo a piccole dosi per autoalimentare il meccanismo. Perché a volte siamo esterofili e provinciali nel senso peggiore, e invece la vera provincia è il centro del mondo, è quanto di più fieramente globale esista.
L'Atalanta ha segnato quattro gol al Torino (in trasferta), quattro gol alla Lazio (all'Olimpico) e cinque gol al Cagliari in casa, nello stadio antico che porta il nome di un interruttore ma questo è il calcio di oggi, gli sponsor pagano e nominano le cose. Non per questo l'Atalanta è meno ricca di senso. Ora aspetta la Champions League che nella scorsa stagione l'ha vista, debuttante, quasi eliminare il Psg poi finalista. Il sorteggio ha accostato ai bergamaschi il Liverpool e l'Ajax, cioè quanto di meglio e più moderno ci sia: gli inglesi, anche se appena caduti in Premier con una sconfitta rovinosa (2-7 contro l'Aston Villa), cioè una macchina mirabile; e gli olandesi che negli anni Settanta cambiarono per sempre l'idea e l'espressione del calcio e che non hanno mai smesso di creare, anzi di inventare calciatori: proprio l'Atalanta è il modello a loro più simile e vicino, e in questo momento appare addirittura più forte in campo, più in forma, mentre l'Ajax attraversa un momento di passaggio (ma a ben guardare, quasi tutta la sua storia lo è).
Nel calcio delle beghe di quartiere e dei troppi dirigenti inadeguati, l'Atalanta è un'altra cosa. La guida e amministra un personaggio di grande sostanza come Antonio Percassi, a suo tempo discreto calciatore, uno che non si mostra quasi mai in pubblico: non gli piacciono le parate, se non quelle dei suoi portieri, e non lo attirano le polemiche. Ma è il suo stato maggiore il vero esempio di come oggi si debba condurre una società di calcio, dunque una squadra, nel nome di antichi maestri come Mino Favini, il mago del settore giovanile, o Franco Previtali, e allenatori come Emiliano Mondonico. Tutti loro hanno fatto dell'Atalanta qualcosa di unico, e da tre anni grazie ai loro eredi naturali sono arrivati anche i risultati, e non finisce qui. Non solo in classifica, Bergamo è alta. Altissima.
QUI l'originale con una quarantina di commenti
L'unicità dell'Atalanta, macchina perfetta che vuole mandare in pensione il vecchio calcio
La squadra di Gasperini arriva alla sosta da prima in classifica, a punteggio pieno dopo tre giornate e con già 13 gol segnati. La parola scudetto non è eccessiva ma logica per una meraviglia estetica, tecnica, tattica e atletica
BERGAMO - Nell'Atalanta prima in classifica, segnano e sognano tutti. Tre partite, tre vittorie, tredici gol fatti. Stavolta si punta a quota cento (reti) per mandare in pensione il vecchio calcio. Nessuno in Italia gioca così: ecco perché la parola scudetto non è eccessiva ma logica per una macchina perfetta, una meraviglia estetica, tecnica, tattica e atletica.
Da tre anni Gian Piero Gasperini lavora minuto dopo minuto per l'intensità, che nel calcio di oggi è una specie di eternità. Gli allenamenti dell'Atalanta sono un concentrato di fatica e schemi che in pochi superano, ma chi ci riesce diventa quasi un eletto. La giovinezza atletica di Alejandro Gomez si spiega anche così, oltre qualunque soglia anagrafica.
L'Atalanta ha quasi soltanto stranieri, e quasi tutti li ha scoperti in angoli di mondo dove gli altri club non mettono neppure il naso. L'ultimo si chiama Sam Lammers, è uno sbarbatello olandese di 23 anni che si muove in area come un danzatore classico, la sua eleganza ha già rubato gli occhi. L'unico italiano nella formazione che ha sfarinato il Cagliari era il portiere, ma nessuno può definire l'Atalanta una squadra di apolidi: anzi, Bergamo ferita dal Covid più di ogni altra città d'Italia è la una patria del cuore. Durante i terribili cento giorni del lockdown, nessun calciatore dell'Atalanta ha lasciato l'Italia per mettersi al riparo in qualche legittima località natìa. Sono rimasti tutti, perché era meglio ed era giusto così. Quando poi vanno in campo, quest'appartenenza si vede, balza agli occhi. Così come diventa quasi automatico inserirsi subito negli schemi: i nuovi acquisti dopo pochi giorni sembrano indossare la maglia nerazzurra da sempre.
Da società satellite della Juventus, ma con il miglior vivaio d'Italia, l'Atalanta nel tempo ha affermato la sua unicità. Se non fosse un club italiano, diremmo che questa è la strada più virtuosa: cercare il talento, allevarlo in casa, venderlo a piccole dosi per autoalimentare il meccanismo. Perché a volte siamo esterofili e provinciali nel senso peggiore, e invece la vera provincia è il centro del mondo, è quanto di più fieramente globale esista.
L'Atalanta ha segnato quattro gol al Torino (in trasferta), quattro gol alla Lazio (all'Olimpico) e cinque gol al Cagliari in casa, nello stadio antico che porta il nome di un interruttore ma questo è il calcio di oggi, gli sponsor pagano e nominano le cose. Non per questo l'Atalanta è meno ricca di senso. Ora aspetta la Champions League che nella scorsa stagione l'ha vista, debuttante, quasi eliminare il Psg poi finalista. Il sorteggio ha accostato ai bergamaschi il Liverpool e l'Ajax, cioè quanto di meglio e più moderno ci sia: gli inglesi, anche se appena caduti in Premier con una sconfitta rovinosa (2-7 contro l'Aston Villa), cioè una macchina mirabile; e gli olandesi che negli anni Settanta cambiarono per sempre l'idea e l'espressione del calcio e che non hanno mai smesso di creare, anzi di inventare calciatori: proprio l'Atalanta è il modello a loro più simile e vicino, e in questo momento appare addirittura più forte in campo, più in forma, mentre l'Ajax attraversa un momento di passaggio (ma a ben guardare, quasi tutta la sua storia lo è).
Nel calcio delle beghe di quartiere e dei troppi dirigenti inadeguati, l'Atalanta è un'altra cosa. La guida e amministra un personaggio di grande sostanza come Antonio Percassi, a suo tempo discreto calciatore, uno che non si mostra quasi mai in pubblico: non gli piacciono le parate, se non quelle dei suoi portieri, e non lo attirano le polemiche. Ma è il suo stato maggiore il vero esempio di come oggi si debba condurre una società di calcio, dunque una squadra, nel nome di antichi maestri come Mino Favini, il mago del settore giovanile, o Franco Previtali, e allenatori come Emiliano Mondonico. Tutti loro hanno fatto dell'Atalanta qualcosa di unico, e da tre anni grazie ai loro eredi naturali sono arrivati anche i risultati, e non finisce qui. Non solo in classifica, Bergamo è alta. Altissima.
QUI l'originale con una quarantina di commenti
By staff