Sartori è il re Mida del calciomercato: come ha reso grande la Dea
Si vede così poco che il volto, ai più, potrebbe risultare nuovo. E parla così raramente che a molti il nome potrebbe dire poco o nulla. Di Giovanni Sartori suona strano anche il ruolo: cosa fa il responsabile dell'area tecnica in una società che sembra costruirsi da sé come l' Atalanta? Sartori non si vede, ma si vede ciò che fa: l'ascesa della Dea è cominciata infatti poco dopo il suo arrivo nell'estate 2014.
Sartori ha saputo tagliare il cordone ombelicale con il settore giovanile (solo 3 della rosa sono cresciuti nelle giovanili, e nessuno è protagonista: Sportiello, Rossi e Barrow, che va al Bologna) rintracciando giovani sconosciuti in Italia e campioni inespressi. Tutti a prezzi ridotti, tutti ideali per il gioco di Gasperini. Il segreto è la sua visione, allo stesso tempo tecnica e dirigenziale. La prima, Sartori l'ha sviluppata durante la carriera da calciatore (passata soprattutto al Chievo) e nel biennio come vice-mister, la seconda nei vent'anni di scrivania coi veronesi. Non si interessa dei migliori calciatori, ma di quelli giusti per la proprietà e per l'allenatore. Su queste basi nacque il Chievo "dei miracoli" che con Del Neri in panchina ammiccò alla Champions: giovani e esperti, tutti ideali per quel 4-4-2.
Molti infatti fallirono altrove, come accade ai recenti ceduti nerazzurri. E non è un caso che la società veronese sia lentamente peggiorata e retrocessa 5 anni dopo l'addio di Sartori, semmai è la dimostrazione della qualità e dell'incidenza del lavoro di quest'ultimo. A Bergamo ha trovato una struttura di scouting che valorizza il suo metodo. Il primo colpo è un testamento: Papu Gomez si era smarrito al Metalist, fu acquistato a prezzo di saldo (4,5 milioni) all'ultimo giorno di mercato e responsabilizzato. Oggi è capitano e fuoriclasse della squadra. Poi per ogni Hateboer, Castagne o Gosens (pagati complessivamente 8,5 milioni: ne valgono ora almeno il doppio ciascuno) è arrivato un calciatore maturo e abituato alla A, come Zapata o Ilicic: il livello si alza, ma l'equilibrio non si spezza. E i giovani che non rientrano nel progetto diventano plusvalenze: Kulusevski, pagato 100mila euro, ha fruttato 35 milioni.
Sartori è la dimostrazione vivente che l'Atalanta non è un miracolo, ma la naturale ascesa di una società gestita da persone competenti che lavorano in sincronia. Ci è voluto qualche mese, come accade per le cose belle: il direttore infatti aveva caldeggiato Maran prima dell'arrivo di Gasp, anche perché quest'ultimo desiderava un ruolo da manager per poter scegliere giocatori più pronti, in grado di velocizzare la crescita della squadra, piuttosto che i diamanti grezzi. Le frizioni, testimoniate da alcune frasi degli anni passati («Un mercato triste», disse Gasp, preoccupato per l'impegno in Europa), sono state saldate da Percassi. Il presidente aveva radunato due fuoriclasse, allora si è comportato anche lui come tale esercitando la diplomazia tipica di un grande imprenditore e impegnandosi in prima persona per l'ascesa del club. La società-Atalanta è come la squadra: la forza complessiva è superiore alla somma dei singoli perché questi ultimi valorizzano il lavoro altrui. Così lo scouting fa con Sartori, Sartori con Gasperini, Gasp con i giocatori, e questi ultimi fanno con i tifosi.
fonte:liberoquotidiano.it