23/06/2021 | 21.15
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(Visto dalle Highlands) il diritto alla libertà di espressione (e non) - by Scozia

Scotland Flag ~ Flag of Scotland, also known as the Saint Andrew's Cross or The Saltire | England and scotland, Scottish, Flag of scotland

E’ da un po’ di tempo che manco di ispirazione, di questioni strettamente legate alla realtà atalantina hanno modo di parlare ed argomentare in maniera esauriente e più competente di quanto possa fare io le splendide firme di questo sito, dai fondatori storici ai “newcomers” ricchi di idee e talento. C’è tuttavia una questione, che sta emergendo in maniera prorompente nell’ambito dei principali sport professionistici, che pervade i miei pensieri: un’istanza enorme, che mette in contrasto i valori etici e le inalienabili libertà personali con le logiche del business. Il diritto di ogni individuo, e quindi anche di ogni sportivo, di potersi esprimere in maniera libera da qualsiasi vincolo morale, politico, ideologico o economico che sia. Ed anche quello di poter decidere di restare in silenzio. Il caso più eclatante è certamente stato quello di Cristiano Ronaldo, non fosse altro per la risonanza mediatica che un personaggio come lui porta con sé.

Devo essere sincero, pur essendomi fortemente inviso, ho apprezzato il suo gesto; si può dire di tutto tranne che non sia una persona salutista, estremamente attenta all’alimentazione ed alla cura del proprio corpo. Persino troppo potreste farmi notare, ed a ragione. Ma qui non voglio disquisire sulla cifra narcisistica della star di Madeira, né sugli aspetti in qualche modo inquietanti della “socialcrazia” (da intendersi come democrazia dei social) nella quale ormai viviamo, bensì sul diritto di ogni donna ed ogni uomo, qualunque sia la sua posizione professionale, economica ed anche contrattuale, di non prestare la propria immagine ad una campagna mediatica o un prodotto che siano in contrasto con le proprie idee e la propria sensibilità. Quel gesto di spostare la bottiglietta di “Coke” dicendo di bere acqua, pare aver avuto “conseguenze borsistiche” enormi (sia chiaro, nel brevissimo termine) per la multinazionale di Atlanta, ma al contempo può avere indotto milioni di ragazzini a riflettere sulle loro abitudini alimentari, e spingerli ad emulare il loro “idolo”.

Se pensiamo ai problemi di obesità che colpiscono una larga fetta degli adolescenti in molti paesi, quel piccolo gesto può rappresentare un messaggio molto forte. Già prefiguro le osservazioni che arriveranno a questo proposito: Ronaldo guadagna ciò che guadagna anche (o soprattutto) grazie ai diritti tv ed alle risorse che le società e le varie leghe (nazionali, europee, internazionali) introitano delle sponsorizzazioni, quindi si deve adeguare e se la Juve fosse sponsorizzata da un marchio di vodka o la Uefa avesse come main sponsor un produttore di salumi lui dovrebbe fare buon viso a cattivo gioco anche se fosse vegano e contrario all’assunzione di qualunque bevanda alcolica … Eh no signori miei, il diritto alla libertà di espressione (come di quello di non espressione) è sacrosanto, e sono convinto che eventuali clausole contrattuali che obbligassero un atleta in tal senso sarebbero riconosciute come illegittime in sede di cassazione (in Italia) piuttosto che da un tribunale internazionale. Un altro evento che ha avuto un eco importante, sia pur minore rispetto a quello di Ronaldo, è stato il rifiuto della campionessa di tennis Naomi Osaka ad intervenire nelle conferenze stampa organizzate dalla WTA. E’ stata multata e sarebbe addirittura incorsa in una squalifica se avesse perseverato nel suo comportamento; per questo, si è addirittura ritirata dopo aver passato il primo turno al recente Roland Garros.

La WTA infatti, così come la corrispettiva maschile ATP, per contratto obbliga i giocatori a rispondere alle domande dei giornalisti in conferenza stampa dopo i match. Anche in questo caso qualcuno dirà: “l’atleta prende i premi dal circuito, i cui bilanci dipendono da sponsors e broadcasting medias, quindi deve allinearsi alle regole imposte dal circuito stesso”. Anche in questo caso dico NO, non è accettabile. Se non ho niente da dire ho il sacrosanto diritto di starmene zitto, se considero una domanda banale o provocatoria ho il diritto di dire che ad una domanda di quel tipo non mi va di rispondere. Il caso di Naomi Osaka è umanamente più complesso, perché la ragazza pare soffra di ansia e depressone, ma resta il fatto che dovrebbe essere un diritto insindacabile quello di poter esprimere liberamente e senza alcun vincolo le proprie idee, così come quello di rifiutare un’intervista.

Personalmente farei volentieri a meno di conferenze stampa noiose, con domande spesso banali, così come dei discorsi post-match “prefabbricati” nei quali la tennista o il tennista di turno ringrazia “gli organizzatori, gli sponsor, il proprio team e … il meraviglioso pubblico … per terminare con l’immancabile “I hope to see you next year”. Penso sia giunta l’ora che il mondo dello sport si ribelli alle imposizioni delle federazioni e degli sponsor, e sono convinto che se un gruppo di sportivi di fama internazionale (che so, Federer, Djokovic, Osaka, Williams, Messi, Ronaldo, Hamilton …) si unisse in una protesta congiunta, anche solo grazie al numero dei loro followers ed al conseguente potere mediatico farebbe capitolare la controparte in men che non si dica, e le clausole vessatorie inserite nei contratti avrebbero la stessa aspettativa di vita della Super League di Agnelli e Perez. Spero che il tema susciti interesse negli amici del sito ed attendo con curiosità di leggere le vostre considerazioni.

 

Scozia
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