"Visto dalle Highlands": la metamorfosi
Alla ricerca di uno spunto, di un’illuminazione, di un riferimento in campo letterario, musicale o artistico che possa al tempo stesso racchiudere e conferire maggior dignità ai miei pensieri, avevo in un primo momento pensato di scomodare nientemeno che i Beatles che, un paio d’anni dopo aver squarciato il ventre del panorama rock con il lisergico Revolver, in tempo di tumulti sessantottini rilasciarono il graffiante e nichilista singolo Revolution. Ma una rivoluzione lascia sul terreno cumuli di macerie nonché, purtroppo, morti e feriti. Non è il caso nostro.
Per rappresentare l’attuale situazione atalantina mi è parso invece perfetto il titolo del claustrofobico capolavoro kafkiano: la metamorfosi. Non certo quella grottesca ed angosciante evocata nel racconto, ma la repentina uscita di scena dell’ex virgulto dell’Arsenal de Sarandí (sul quale non spenderò più alcuna parola) ha innescato un’inevitabile metamorfosi che coinvolge non solo la sfera tecnico-tattica ma anche gli equilibri del gruppo, dal punto di vista emotivo e della personalità.
E’ chiaro che privarsi, per sempre e con effetto immediato, del giocatore simbolo dell’ultima gloriosa epoca, e che in campo era un punto di riferimento importante per lo sviluppo delle trame di gioco (penso, più che ai gol peraltro talvolta risolutivi, alla miriade di assist, a quei cross che tagliavano in due lo schieramento difensivo avversario come nell’assist per Iliçic a Liverpool), non sia cosa semplice e non possa essere assorbita senza alcuna conseguenza, ma questo tipo di eventi rappresentano anche un’opportunità di cambiamento, di rinnovamento, di evoluzione. E non è detto che il prodotto finale di questo processo non risulti ancora migliore della versione precedente.
Di certo, ci vogliono nervi saldi, pazienza ed una qual dose di benevolenza da parte di noi tifosi nei confronti della squadra e del mister nel caso in cui non tutto funzionasse immediatamente a meraviglia. La questione Gomez ha fornito una grossa opportunità a Matteo Pessina, fin qui ben sfruttata, anche se ritengo possa fare ancora di più, e lasciato più spazio ai mancini dell’est, probabilmente un poco frustrati dallo scarso utilizzo, in particolare a Ruslan Malinovskyi (anche in considerazione del lungo stop di Pasalic).
Ecco, mentre il fin qui non esaltante rendimento di Miranchuk può rientrare nelle normali dinamiche di ambientamento (è arrivato infortunato, ha avuto il covid, gli è morto il padre, e comunque non aveva calcisticamente mai varcato i confini di madre Russia), personalmente mi sta molto deludendo l’ucraino, ormai nutrito a casoncelli e Valcalepio da un anno e mezzo. Pare in atto una preoccupante involuzione: lento, pasticcione, reso inoffensivo nella sua migliore arma (il tiro da fuori) dall’atteggiamento accorto degli avversari, che lo chiudono sul lato sinistro ben sapendo che col destro fa fatica anche a camminare (cosa strana peraltro, ho ancora in mente la staffilata del momentaneo 1-2 l’anno scorso al gobbodromo).
La citata assenza prolungata di Marione Pasalic ci sta facendo invece capire ancor di più la sua importanza nello scacchiere tattico del Gasp: giocatore croce e delizia, frequente divoratore di gol già fatti ma anche uomo dei momenti importanti, dei gol decisivi. Ecco, questa qualità al Papu ha non di rado fatto difetto; mi vengono in mente le due partite col Dortmund, la finale di Coppa Italia, il quarto col PSG (nel quale proprio Mario confermò di essere giocatore di profilo internazionale).
Dicevo prima che dobbiamo avere equilibrio e pazienza, senza farci condizionare dai risultati delle singole partite; ritengo che il momento attuale di flessione sia dovuto principalmente a questioni fisiche ed a contingenti problematiche tattiche nell'affrontare avversari sporchi, cattivi, chiusi, densi e lasciati fare dal direttore di gara di turno. Anche con Gomez, ahimé, di partite così ne abbiamo viste più d'una, anche quest'anno: Gomez c'era nell'orrendo primo tempo col Mydtylland, non c'era nellla ripresa nella quale in qualche modo l'abbiamo ripresa. C'era con lo Spezia, con la Samp, col Verona, a Napoli … questo non per dire che fosse colpa di Gomez, ma che non dobbiamo ora ad ogni gara storta dire “ah, se ci fosse stato il Papu ...”. Semmai possiamo dire che anche il vate che siede sulla nostra panchina può alzare la propria asticella personale, provando in caso di necessità a sparigliare le carte, a giocare un altro calcio, provando qualcosa di non convenzionale. Cosa non sta me a dirlo, non sono un tecnico, ma ormai tanti indizi cominciano a fare una prova. Con squadre catenacciare soffriamo in eccesso e perdiamo troppi punti per poter ambire ai massimi livelli.
Tornando alle questioni tecniche, dal mercato che sta volgendo al termine cosa potrebbe servirci ? Beh, volendo giocare ad esprimere un desiderio direi che due tipologie di giocatore potrebbero dare qualcosa in più a questa rosa in questo momento: un mediano vero da alternare ai nostri due frangiflutti ed una mezzapunta/ala di piede destro che possa giocare alto a sinistra come faceva il Papu in origine. Nomi ? Li faccio. Io stravedo per Yari Verschaeren e mi piace molto anche Nikola Vlasic. Entrambi costano, soprattutto Vlasic, e probabilmente ci metterebbero un po' per integrarsi ed adattarsi ai dettami tattici del Gasp, quindi ammetto che potrebbe non avere grande senso fare un'operazione del genere a gennaio. Ma personalmente la farei, anche proponendo Ruslan come moneta di scambio per abbassare la quota cash.
Tornando al Mister, adoro il suo essere “bipolare”, le sue conferenze stampa sono uno spasso: una volta dice che si è in troppi e che vorrebbe lavorare con 15-16 giocatori, quella dopo che servono alternative in caso di infortuni e quindi stoppa possibili cessioni di giocatori che però non fa giocare mai. E poi quella sorta di dislessia sintattica che caratterizza le sue esternazioni … io a volte seguo i suoi discorsi parola per parola, verbo per verbo, sostantivo per sostantivo ed alla fine … gho capìt u càso … Una cosa però nell'ultima conferenza l'ho e l'abbiamo tutti ben compresa, condividendola appieno. Al netto della partita di Udine, nella quale, va sportivamente ammesso, c'era un rigore per i furlan, siamo una squadra che non gode mai non dico di favori, cosa che un atalantino non vuole, ma nemmeno della dovuta considerazione. Mentre, al contrario, ci sono squadre palesemente e sfacciatamente favorite.
L'utilizzo del VAR ormai è diventato una giungla senza chiare regole di ingaggio: a volte i direttori di gara vengono chiamati alla review [che già di per se psicologicamente è un invito all'arbitro a rivalutare la decisione che aveva preso o non preso sul campo] per episodi tutt'altro che clamorosi, altre sorvolano su falli o scorrettezze evidenti. I tempi della chiamata VAR per le squadre in stile challenge nel tennis sono ormai maturi. Il Gasp ha solo evidenziato il dato statistico dei rigori assegnati agli eredi di Mr. Li, io posso permettermi di andare oltre.
E per farlo mi rifugio ancora in quella che è una delle passioni forti che decorano la mia esistenza: la musica. Correva l'anno 1984 quando due squinternati e rissosi fratelli di Glasgow fondarono un gruppo che, per i personalissimi gusti di chi scrive, ha saputo fondere in qualcosa di al tempo stesso energico e letargico la tradizione della psichedelia, del punk, del dark e del pop: The Jesus and Mary Chain. Un loro pezzo datato 1992, tanto nichilista e sfrontato da essere bannato dai media statunitensi per blasfemia, si intitolava “Reverence”. Anche se il vocabolario dell'idioma britannico è ebbro di termini elusivi e polisemici, come è per il titolo del brano in questione [perché qui l'accezione è più quella di venerazione che di riverenza] la cito per rimarcare la riverenza che tanti, troppi arbitri hanno nei confronti del decaduto Diavolo proprietà [forse] di un fondo speculativo, e che si tramuta in una serie infinita di rigorini che incidono “in large amounts” sulla classifica.
Noi siamo bergamaschi atalantini, non ci aspettiamo né vogliamo favori, ma state certi che al nostro posto altre squadre partite come quella di pochi giorni fa col Genoa le avrebbero vinte 1-0 su rigore. E questo fa una grande, enorme differenza.
Scozia
Per rappresentare l’attuale situazione atalantina mi è parso invece perfetto il titolo del claustrofobico capolavoro kafkiano: la metamorfosi. Non certo quella grottesca ed angosciante evocata nel racconto, ma la repentina uscita di scena dell’ex virgulto dell’Arsenal de Sarandí (sul quale non spenderò più alcuna parola) ha innescato un’inevitabile metamorfosi che coinvolge non solo la sfera tecnico-tattica ma anche gli equilibri del gruppo, dal punto di vista emotivo e della personalità.
E’ chiaro che privarsi, per sempre e con effetto immediato, del giocatore simbolo dell’ultima gloriosa epoca, e che in campo era un punto di riferimento importante per lo sviluppo delle trame di gioco (penso, più che ai gol peraltro talvolta risolutivi, alla miriade di assist, a quei cross che tagliavano in due lo schieramento difensivo avversario come nell’assist per Iliçic a Liverpool), non sia cosa semplice e non possa essere assorbita senza alcuna conseguenza, ma questo tipo di eventi rappresentano anche un’opportunità di cambiamento, di rinnovamento, di evoluzione. E non è detto che il prodotto finale di questo processo non risulti ancora migliore della versione precedente.
Di certo, ci vogliono nervi saldi, pazienza ed una qual dose di benevolenza da parte di noi tifosi nei confronti della squadra e del mister nel caso in cui non tutto funzionasse immediatamente a meraviglia. La questione Gomez ha fornito una grossa opportunità a Matteo Pessina, fin qui ben sfruttata, anche se ritengo possa fare ancora di più, e lasciato più spazio ai mancini dell’est, probabilmente un poco frustrati dallo scarso utilizzo, in particolare a Ruslan Malinovskyi (anche in considerazione del lungo stop di Pasalic).
Ecco, mentre il fin qui non esaltante rendimento di Miranchuk può rientrare nelle normali dinamiche di ambientamento (è arrivato infortunato, ha avuto il covid, gli è morto il padre, e comunque non aveva calcisticamente mai varcato i confini di madre Russia), personalmente mi sta molto deludendo l’ucraino, ormai nutrito a casoncelli e Valcalepio da un anno e mezzo. Pare in atto una preoccupante involuzione: lento, pasticcione, reso inoffensivo nella sua migliore arma (il tiro da fuori) dall’atteggiamento accorto degli avversari, che lo chiudono sul lato sinistro ben sapendo che col destro fa fatica anche a camminare (cosa strana peraltro, ho ancora in mente la staffilata del momentaneo 1-2 l’anno scorso al gobbodromo).
La citata assenza prolungata di Marione Pasalic ci sta facendo invece capire ancor di più la sua importanza nello scacchiere tattico del Gasp: giocatore croce e delizia, frequente divoratore di gol già fatti ma anche uomo dei momenti importanti, dei gol decisivi. Ecco, questa qualità al Papu ha non di rado fatto difetto; mi vengono in mente le due partite col Dortmund, la finale di Coppa Italia, il quarto col PSG (nel quale proprio Mario confermò di essere giocatore di profilo internazionale).
Dicevo prima che dobbiamo avere equilibrio e pazienza, senza farci condizionare dai risultati delle singole partite; ritengo che il momento attuale di flessione sia dovuto principalmente a questioni fisiche ed a contingenti problematiche tattiche nell'affrontare avversari sporchi, cattivi, chiusi, densi e lasciati fare dal direttore di gara di turno. Anche con Gomez, ahimé, di partite così ne abbiamo viste più d'una, anche quest'anno: Gomez c'era nell'orrendo primo tempo col Mydtylland, non c'era nellla ripresa nella quale in qualche modo l'abbiamo ripresa. C'era con lo Spezia, con la Samp, col Verona, a Napoli … questo non per dire che fosse colpa di Gomez, ma che non dobbiamo ora ad ogni gara storta dire “ah, se ci fosse stato il Papu ...”. Semmai possiamo dire che anche il vate che siede sulla nostra panchina può alzare la propria asticella personale, provando in caso di necessità a sparigliare le carte, a giocare un altro calcio, provando qualcosa di non convenzionale. Cosa non sta me a dirlo, non sono un tecnico, ma ormai tanti indizi cominciano a fare una prova. Con squadre catenacciare soffriamo in eccesso e perdiamo troppi punti per poter ambire ai massimi livelli.
Tornando alle questioni tecniche, dal mercato che sta volgendo al termine cosa potrebbe servirci ? Beh, volendo giocare ad esprimere un desiderio direi che due tipologie di giocatore potrebbero dare qualcosa in più a questa rosa in questo momento: un mediano vero da alternare ai nostri due frangiflutti ed una mezzapunta/ala di piede destro che possa giocare alto a sinistra come faceva il Papu in origine. Nomi ? Li faccio. Io stravedo per Yari Verschaeren e mi piace molto anche Nikola Vlasic. Entrambi costano, soprattutto Vlasic, e probabilmente ci metterebbero un po' per integrarsi ed adattarsi ai dettami tattici del Gasp, quindi ammetto che potrebbe non avere grande senso fare un'operazione del genere a gennaio. Ma personalmente la farei, anche proponendo Ruslan come moneta di scambio per abbassare la quota cash.
Tornando al Mister, adoro il suo essere “bipolare”, le sue conferenze stampa sono uno spasso: una volta dice che si è in troppi e che vorrebbe lavorare con 15-16 giocatori, quella dopo che servono alternative in caso di infortuni e quindi stoppa possibili cessioni di giocatori che però non fa giocare mai. E poi quella sorta di dislessia sintattica che caratterizza le sue esternazioni … io a volte seguo i suoi discorsi parola per parola, verbo per verbo, sostantivo per sostantivo ed alla fine … gho capìt u càso … Una cosa però nell'ultima conferenza l'ho e l'abbiamo tutti ben compresa, condividendola appieno. Al netto della partita di Udine, nella quale, va sportivamente ammesso, c'era un rigore per i furlan, siamo una squadra che non gode mai non dico di favori, cosa che un atalantino non vuole, ma nemmeno della dovuta considerazione. Mentre, al contrario, ci sono squadre palesemente e sfacciatamente favorite.
L'utilizzo del VAR ormai è diventato una giungla senza chiare regole di ingaggio: a volte i direttori di gara vengono chiamati alla review [che già di per se psicologicamente è un invito all'arbitro a rivalutare la decisione che aveva preso o non preso sul campo] per episodi tutt'altro che clamorosi, altre sorvolano su falli o scorrettezze evidenti. I tempi della chiamata VAR per le squadre in stile challenge nel tennis sono ormai maturi. Il Gasp ha solo evidenziato il dato statistico dei rigori assegnati agli eredi di Mr. Li, io posso permettermi di andare oltre.
E per farlo mi rifugio ancora in quella che è una delle passioni forti che decorano la mia esistenza: la musica. Correva l'anno 1984 quando due squinternati e rissosi fratelli di Glasgow fondarono un gruppo che, per i personalissimi gusti di chi scrive, ha saputo fondere in qualcosa di al tempo stesso energico e letargico la tradizione della psichedelia, del punk, del dark e del pop: The Jesus and Mary Chain. Un loro pezzo datato 1992, tanto nichilista e sfrontato da essere bannato dai media statunitensi per blasfemia, si intitolava “Reverence”. Anche se il vocabolario dell'idioma britannico è ebbro di termini elusivi e polisemici, come è per il titolo del brano in questione [perché qui l'accezione è più quella di venerazione che di riverenza] la cito per rimarcare la riverenza che tanti, troppi arbitri hanno nei confronti del decaduto Diavolo proprietà [forse] di un fondo speculativo, e che si tramuta in una serie infinita di rigorini che incidono “in large amounts” sulla classifica.
Noi siamo bergamaschi atalantini, non ci aspettiamo né vogliamo favori, ma state certi che al nostro posto altre squadre partite come quella di pochi giorni fa col Genoa le avrebbero vinte 1-0 su rigore. E questo fa una grande, enorme differenza.
Scozia
By staff