06/09/2016 | 18.20
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A Bergamo il debutto del portiere della nazionale inglese?

Appena acquistato dal Torino potrebbe esordire domenica in A l'ex portiere del Manchester City e attuale della nazionale inglese John Hart


Lo spilungone di Shrewsbury, contea di Shropshire a due passi dal Galles, ha lo sport nel sangue, l'agonismo nel destino fin dalla più tenera infanzia. Il portiere del Toro, infatti, fino quasi al compimento del quindicesimo anno d'età, aveva una grandissima passione: così racconta Jack Shantry, un suo ex compagno di squadra nello Shrewsbury Under 13 e Under 15. Mica di football, però. Di cricket: dopo il calcio, l'altro grande amore d'Oltremanica, una disciplina che più inglese non si può.

«Non fosse stato un calciatore, se avesse preferito la palla piccola al pallone grosso del football, ne avremmo comunque sentito parlare, sarebbe diventato una star anche in questa disciplina tanto cara a noi britons. Joe avrebbe potuto essere uno dei migliori della contea, e non solo: ricordo bene la sua velocità e che mazzate dava alla palla! Sì, aveva tutte le caratteristiche per sfondare pure nel cricket».

E mentre Shantry scacciava ogni dubbio calcistico giurando amore eterno al cricket, Joe, di un anno più vecchio dell’amico, abbandonava le partite interminabili con caschetti, mazze e palle più piccole per mettere i guantoni giusti, quelli da portiere di football. Per sempre. E anche il senso del piazzamento e la destrezza che sono fondamentali nel cricket lo hanno aiutato a diventare un grande portiere. Parte del merito va a Dave Timmins: il suo primo allenatore allo Shewsbury Town. Di più, il suo mentore. Fu proprio Timmins, ora al Port Vale, club di League One, a insegnare a Joe alcune chiavi per avere successo e per riuscire a mantenerlo, perché questo è il difficile. «Innanzitutto gli spiegai che “il corpo è il tuo tempio”: lo trasformai in 3 anni da un gracilino e impacciato lungagnone in un atleta muscolare ed esplosivo molto simile all’Hart di adesso, insomma». Quindi Timmins passò allo step due: “Rifuggi la tua zona di comfort e sicurezza” mettendolo a giocare con ragazzi di due-tre anni più anziani. Una mossa fondamentale, che ha abituato Hart a gestire la pressione e a elevare le sue performance. Step 3 della cura Timmins fu “sii impegnato”.

«Ci stavamo allenando ed era inverno. Pioveva e faceva un freddo allucinante che ti entra nelle ossa e ti annebbia il cervello. Joe tremava come una foglia e piagnucolava. Ma mica ha mollato, eh. Il giorno dopo il clima era lo stesso e Joe era sempre lì, a respingere palloni. Ecco, il suo spirito è rimasto immutato: può prenderla con le mani, i piedi, la coscia, pure la faccia. Lui resta lì e non si arrende. Non c’è nulla che lo può fermare», continua Timmins. Ma la cura su Joe andò avanti, altri gradini dovevano essere saliti. “Sii concentrato e amplia il tuo range di abilità”. E poi: “Impara dai migliori. Guardali, studiali”. Aggiunge Timmins: «Fin da giovane coltiva un’etica del lavoro e una voglia di imparare pazzesche». I migliori per il giovane Hart erano due e soltanto due: un inglese e un danese, David Seaman dell’Arsenal e Peter Schmeichel dello United. L’ultima regola, step 6, di Timmins è forse quella a cui Joe ha pensato di più nell’ultima settimana, che lo ha portato a vestire il granata: “Abbi sempre una rete di sicurezza”. «Capita anche ad altri tipi di sportivi. Dopo un errore, quando le cose non vanno benissimo, ricominci a fare le cose semplici, quelle che ti riescono meglio. E riparti. E torni a essere forte». Il Toro, la rete di sicurezza di Joe Hart. Cosa può essere Hart per il Toro? Semplice, l’uomo che non molla mai, manco se deve pararla con la faccia a dieci gradi sotto zero, sotto la neve.

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