A Bologna si fanno paragoni...
Pezzo dal sito zerocinquantuno.it di tifosi del Bologna
Oggi dici ‘Atalanta’ e chiunque, giustamente, si toglie il cappello. I bergamaschi si sono conquistati una credibilità indiscussa grazie a organizzazione, proposta calcistica, risultati prestigiosi e ripetuti piazzamenti europei, ma forse ci si dimentica che nel 2016-2017 ricevettero da gran parte dei media lo stesso trattamento che oggi tocca al Bologna. Ottenuta una storica qualificazione in Champions dopo anni passati a stazionare nella parte medio-bassa della classifica, a dar retta ai ben informati pareva che la Dea sarebbe stata sventrata dal mercato, incapace e forse nemmeno intenzionata a trattenere i suoi pezzi migliori. Non andò proprio così.
L’allora d.s. orobico Giovanni Sartori vendette alcuni pezzi pregiati (Gagliardini e Kessie su tutti) per reinvestire i guadagni, ma riuscì anche a confermare per un altro campionato Caldara e a non privarsi di calciatori come Petagna e Gomez, che a quel tempo avevano più di un’estimatrice. E in difesa di un altro talentino, Andrea Conti, si espose in prima persona Antonio Percassi: rifiutando un’importante offerta dell’Atletico Madrid, il presidente dichiarò che la sua Atalanta era ambiziosa, solida e senza alcun bisogno di vendere.
Tali parole non possono che suonare familiari alle orecchie dei tifosi rossoblù, che le hanno recentemente sentite pronunciare con identica convinzione all’a.d. Claudio Fenucci. Non è un caso, d’altronde: l’attuale Bologna ha più di una similitudine con l’Atalanta allora in rampa di lancio. La società è forte, l’impalcatura della squadra è a dir poco valida e c’è tutto l’interesse a confermarla per quanto possibile anche nella prossima stagione. Inoltre, a gestire il mercato c’è quello stesso fuoriclasse, Sartori.
La piazza felsinea può scegliere se rovinarsi le giornate ascoltando notizie sui propri giocatori migliori destinati ad altri lidi, o vivere questo anno zero col fatalismo di chi sa che i media ci mettono un po’ a ricalibrare la loro narrazione quando un protagonista imprevisto si conquista la ribalta. L’exploit dei ragazzi di Thiago Motta è stato accolto con sorpresa, simpatia e persino ammirazione, ma il quinto posto appena ottenuto ha riportato il BFC tra le grandi dopo vent’anni dall’ultima volta, e ci vorranno tempo e risultati perché il club si affermi come una realtà stabile e indiscutibile del calcio italiano.
I presupposti perché ciò avvenga ci sono tutti e non vanno rintracciati solo nei tratti che accomunano Bologna e Atalanta. Una sostanziale differenza tra i due percorsi si è già verificata, perché se a Bergamo possono contare su Gian Piero Gasperini fin dal 2016, il primo capitolo del Bologna europeo sarà affidato a un condottiero diverso da quello che l’Europa l’ha conquistata. Motta ha infatti scelto di non proseguire la sua avventura sotto le Due Torri, una mancata continuità che ha creato più di un malumore a Casteldebole ma davanti alla quale il patron Joey Saputo (che, non ce ne voglia Percassi, ha una potenza di fuoco diversa) e la dirigenza non si sono fatti trovare impreparati.
Per guidare una squadra già competitiva che il tandem Sartori-Di Vaio intende ulteriormente rafforzare, è stato scelto un profilo giovane ma già esperto a livello internazionale come Vincenzo Italiano. Il Bologna può e soprattutto vuole affermarsi continuativamente tra le sette-otto sempre in lotta per un posto in Europa, giocandosi concretamente pure la Coppa Italia. E poco importa se al momento qualcuno continua a considerarlo un porto dal quale gli elementi più talentuosi salperanno a vele spiegate. L’Atalanta ci è già passata, non ne è stata scalfita e quest’anno è persino riuscita a vincere il primo trofeo internazionale della sua storia. I titoli di giornale passano, quelli vinti vanno a ingrossare la bacheca. E sono gli unici che contano davvero.
Oggi dici ‘Atalanta’ e chiunque, giustamente, si toglie il cappello. I bergamaschi si sono conquistati una credibilità indiscussa grazie a organizzazione, proposta calcistica, risultati prestigiosi e ripetuti piazzamenti europei, ma forse ci si dimentica che nel 2016-2017 ricevettero da gran parte dei media lo stesso trattamento che oggi tocca al Bologna. Ottenuta una storica qualificazione in Champions dopo anni passati a stazionare nella parte medio-bassa della classifica, a dar retta ai ben informati pareva che la Dea sarebbe stata sventrata dal mercato, incapace e forse nemmeno intenzionata a trattenere i suoi pezzi migliori. Non andò proprio così.
L’allora d.s. orobico Giovanni Sartori vendette alcuni pezzi pregiati (Gagliardini e Kessie su tutti) per reinvestire i guadagni, ma riuscì anche a confermare per un altro campionato Caldara e a non privarsi di calciatori come Petagna e Gomez, che a quel tempo avevano più di un’estimatrice. E in difesa di un altro talentino, Andrea Conti, si espose in prima persona Antonio Percassi: rifiutando un’importante offerta dell’Atletico Madrid, il presidente dichiarò che la sua Atalanta era ambiziosa, solida e senza alcun bisogno di vendere.
Tali parole non possono che suonare familiari alle orecchie dei tifosi rossoblù, che le hanno recentemente sentite pronunciare con identica convinzione all’a.d. Claudio Fenucci. Non è un caso, d’altronde: l’attuale Bologna ha più di una similitudine con l’Atalanta allora in rampa di lancio. La società è forte, l’impalcatura della squadra è a dir poco valida e c’è tutto l’interesse a confermarla per quanto possibile anche nella prossima stagione. Inoltre, a gestire il mercato c’è quello stesso fuoriclasse, Sartori.
La piazza felsinea può scegliere se rovinarsi le giornate ascoltando notizie sui propri giocatori migliori destinati ad altri lidi, o vivere questo anno zero col fatalismo di chi sa che i media ci mettono un po’ a ricalibrare la loro narrazione quando un protagonista imprevisto si conquista la ribalta. L’exploit dei ragazzi di Thiago Motta è stato accolto con sorpresa, simpatia e persino ammirazione, ma il quinto posto appena ottenuto ha riportato il BFC tra le grandi dopo vent’anni dall’ultima volta, e ci vorranno tempo e risultati perché il club si affermi come una realtà stabile e indiscutibile del calcio italiano.
I presupposti perché ciò avvenga ci sono tutti e non vanno rintracciati solo nei tratti che accomunano Bologna e Atalanta. Una sostanziale differenza tra i due percorsi si è già verificata, perché se a Bergamo possono contare su Gian Piero Gasperini fin dal 2016, il primo capitolo del Bologna europeo sarà affidato a un condottiero diverso da quello che l’Europa l’ha conquistata. Motta ha infatti scelto di non proseguire la sua avventura sotto le Due Torri, una mancata continuità che ha creato più di un malumore a Casteldebole ma davanti alla quale il patron Joey Saputo (che, non ce ne voglia Percassi, ha una potenza di fuoco diversa) e la dirigenza non si sono fatti trovare impreparati.
Per guidare una squadra già competitiva che il tandem Sartori-Di Vaio intende ulteriormente rafforzare, è stato scelto un profilo giovane ma già esperto a livello internazionale come Vincenzo Italiano. Il Bologna può e soprattutto vuole affermarsi continuativamente tra le sette-otto sempre in lotta per un posto in Europa, giocandosi concretamente pure la Coppa Italia. E poco importa se al momento qualcuno continua a considerarlo un porto dal quale gli elementi più talentuosi salperanno a vele spiegate. L’Atalanta ci è già passata, non ne è stata scalfita e quest’anno è persino riuscita a vincere il primo trofeo internazionale della sua storia. I titoli di giornale passano, quelli vinti vanno a ingrossare la bacheca. E sono gli unici che contano davvero.
By staff