19/08/2016 | 09.48
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A tu per tu con Gasperini

Nella giornata di ieri la Gazzetta dello sport edizione cartacea ha riportato a pagina 17 una lunga intervista al nuovo allenatore della Dea che vi riportiamo di seguito:

Gasperini, Zingonia da anni è sta-ta «ostaggio» del 4-4-2 e nell’ulti-ma stagione del 4-3-3 di Reja: qual è il primo mattone che ha utilizzato per il suo 3-4-3?

«Sono partito da concetti globali, ma soprattutto da quello di attacco perché noi dobbiamo giocare bene e con coraggio. Di difesa a tre se n’è parlato solo quando ho avviato un lavoro più analitico, basato sui dettagli. Qualcuno dice che in difesa si rischia troppo ma l’Atalanta di recente non mi sembra sia stata così ermetica. Qui è in corso un processo di crescita tattica e sarà lungo...».

Dal mercato le arriverà l’esterno Konko ma per le prime due sfide il gruppo è questo.

«Sì, partiamo dalla base dello scorso anno. E la gara con la Lazio va giocata come fosse la 38^ e non la prima. A Genova ero riuscito a cambiare prospettiva: pure con le grandi si partiva sempre per vincere. Con la Lazio capirò a che punto siamo col progetto, con le mie idee di gioco. Per assimilare certi concetti serve molto tempo e solo il portiere, inteso come ruolo, potrebbe adattarsi più in fretta».

Un progetto che all’Inter non fu recepito.

«All’Inter fu bocciata l’idea di Gasperini, la squadra era nella fase discendente però essendo stato mandato via dopo sole tre partite credo di aver inciso poco in negativo: lì non fu accettata né la proposta di gioco né un metodo di allenamento che comportava un lavoro intenso e nuovo».

Percassi si è innamorato di lei vedendo il Genoa fare a pezzetti l’Atalanta per due anni di fila al Comunale. Poi ha confessato che non immaginava di riuscire a convincerla.

«Pensavo di stare fermo un anno. Tra Europei e Coppa America avevo previsto un’abbuffata di partite in tv e invece... Con il Genoa era giusto salutarsi: il percorso assieme a Preziosi si era concluso. Ci siamo lasciati bene ma non aver potuto giocare l’Europa League dopo averla conquistata sul campo (il Genoa nel 2015 non ottenne la licenza Uefa, ndr) è una ferita aperta: 59 punti, in Europa davanti all’Inter, non potevo pretendere di più... Fu un peccato mortale. Ora però sono concentrato su un nuovo progetto: Percassi mi ha conquistato con l’entusiasmo e la volontà di fare qualcosa di importante».

L’Atalanta è sinonimo di giovani di talento.

«Il centro di Zingonia è bellissimo ma pochi lo conoscono davvero e andrebbe visitato. A Ventura ho detto di portare la Nazionale ad allenarsi qui. La proprietà ha investito molto sulle strutture e il settore giovanile dà risultati (due scudetti nell’ultima stagione: Allievi e Giovanissimi, ndr). L’approdo dei giovani in prima squadra va anticipato».

Con lei a Genova il 2001 Pellegri ha sfiorato il debutto in A. In Coppa Italia ha lanciato il ‘99 Latte Lath. E in prima squadra Kessie è già un punto fermo.

Sorride «Aspettatevi sorprese dai ‘99... Kessie fisicamente è già giocatore da fascia alta ma ne riparliamo tra due settimane. Latte Lath è l’esempio di come l’Atalanta costruisca il futuro in casa».

Dove posiziona l’Atalanta nel prossimo torneo?

«Per il tipo di mercato fatto finora puntiamo a consolidarci, a una salvezza che va ottenuta giocando bene e divertendo, poi pensare al salto di qualità sarà inevitabile: qui c’è tutto per crescere e puntare ad altri traguardi».

Intende il ritorno in Europa?

«Credo sia giusto regalare sogni: realisticamente oggi il traguardo non è alla nostra portata ma come non bisogna mirare troppo in là nemmeno vanno respinti certi discorsi. Tifosi, squadra e società qui sono un blocco unico: regalare un body nerazzurro a ogni bimbo che nasce a Bergamo e in Provincia è un’idea fantastica, la fidelizzazione parte dal basso. Ma avendo già strutture da top club per creare più entusiasmo bisogna dare alla gente un paio di campioni cui affezionarsi, con cui identificarsi».

Le crea problemi il campionato al via col mercato aperto? Gomez, Sportiello e Pinilla rimarranno?

«Sono punti fermi. Le trattative condizionano ma per me un giocatore deve lasciare l’Atalanta solo per un grandissimo club e se avrà un ruolo primario. Altrimenti è giusto restare qui perché l’Atalanta non è un trampolino di lancio ma una prestigiosa piattaforma, è già qualcosa di consolidato. Comunque con Pinilla io non ho problemi».

Cosa c’è nel suo futuro?

«Con l’Atalanta mi gioco molto, ho una grande chance. Quanto accaduto all’Inter mi ha impedito di avere altre possibilità ad altissimi livelli. Voglio posizionare il club in alto: provare a centrare l’Europa in due anni divertendo e offrendo un bello spettacolo».

Che campionato sarà?

«La Juve vincente: ha indebolito Napoli e Roma prendendo Higuain e Pjanic. All’estero invece c’è più qualità di gioco. Nella fascia media sarà una battaglia durissima: il Torino ha fatto qualcosa in più ma tutte si sono rinforzate, poi delle neo promosse almeno una si salva e ci sarà da sudare».

Cosa le ha detto l’Europeo?

«Che l’Italia era una squadra, le altre delle selezioni. Eravamo i più organizzati. Ma la formula allargata ha portato a troppe gare inutili e di basso livello». L’intervista è finita ma il bel gioco per Gasperini è una felice «dannazione». «Bisogna migliorare lo spettacolo: anche giocare in 10 può essere un’idea. Negli allenamenti ho introdotto esercizi che si rifanno al rugby a 7 ma con 30” per il punto, altrimenti è solo un noioso possesso palla». Il solito Gasp.

Fonte: gazzetta dello sport - ed. cartacea del 19/08/2016
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