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Alla scoperta di Tresoldi, pericolo del Bruges figlio di un ex atalantino

Una lunga e bella intervista di Giorgio Dusi su bergamonews.com sul talentino dei belgi figlio di un nostro ex giocatore



Knokke-Heist è una delle principali località marittime della costa belga. Freddina, per gli italiani abituati al Mediterraneo, ma non per i locali, che la definiscono “la nostra costa azzurra”. Si trova ad una ventina di minuti di autostrada da Brugge e conta circa 35mila abitanti. Ci ha vissuto anche l'artista Keith Haring e lì Jean-Claude Van Damme ha una seconda casa. Una delle tante.

Da qualche mese, si sono aggiunti tre nuovi cittadini che hanno cognome italiano: si chiamano Barbara Caffi, Emanuele Tresoldi e Nicolò Tresoldi. Mamma, papà e figlio. La loro storia è iniziata da Bergamo: originaria della città lei, terzino dell’Atalanta negli anni ’90 lui. E poi c’è Nicolò, che da quest’estate gioca nel Club Brugge e martedì allo stadio di Bergamo sarà in campo, sfidando nella seconda giornata della League Phase della Champions League 2025/26 quei colori nerazzurri che suo padre ha vestito durante la sua carriera. Una serata di quelle che una famiglia non può certo dimenticare.

Nicolò è il figlio più piccolo della famiglia: la primogenita Sofia ha 24 anni, studia medicina a Perugia e vive a Gubbio — una delle città in cui la famiglia ha messo una ‘bandierina’. Le altre? Andiamo in ordine. A partire da Cagliari, ovviamente: la città in cui sono nati Sofia e Nicolò, dove vivevano i genitori di Barbara: “Mio papà lavorava come maestro di golf, io sono venuta qui a stare con loro per un periodo dopo la prima gravidanza”, racconta, “mi sono trovata così bene che ho deciso di tornarci anche per il secondo parto”.

La base della famiglia fino al 2017 è stata a Gubbio: “Ho chiuso lì la mia carriera da calciatore”, ricorda Emanuele, “poi sono rimasto in zona ad allenare nelle categorie inferiori”. Nativo della provincia di Ferrara, è arrivato a Bergamo nel 1991 a neanche diciott’anni. Terzino sinistro, ha giocato nell’Atalanta di Strömberg e Caniggia, di Ferron e Porrini, Ganz, Pinato, Montero, Tacchinardi. Erano gli anni della prima presidenza di Antonio Percassi: “Era già determinato, ambizioso, voleva rendere grande l’Atalanta. Al tempo era utopia, ma ha sempre sognato. E lo ha fatto”. Ha vinto un campionato Europeo Under 21 nel 1994. Ha smesso nel 2007, dopo tanta Serie B e C e un’esperienza in Cina, prima di passare in panchina.

“Quando allenavo, Nicolò era piccolo, ma veniva sempre alle partite. Una volta finite, si buttava in campo, prendeva un pallone. Calciava, calciava e calciava. Sempre così”. Ma il suo cuore era diviso a metà: insieme al calcio, c'era il tennis. Aveva visto la sorella con la racchetta in mano, “ha voluto provare a tutti i costi, lo hanno fatto entrare in campo per sfinimento e non è più uscito”, dice mamma Barbara.

“Era un bambino sportivo, a volte anche nella stessa giornata faceva allenamenti di calcio e di tennis. Fino ai 13 anni è stato così: la sua vita era in macchina, con il cibo sempre pronto e il cambio nel bagagliaio per muoversi da una parte all’altra”. E a casa? “Aveva stancato anche il cane, probabilmente se spostiamo i mobili troviamo ancora delle palline di spugna…”, sorridono.

In ambito tennistico, era arrivato fino al livello di disputare tornei di tennis di livello nazionale e allenarsi nella sede federale a Jesi. Il suo nome era sui taccuini degli scout della racchetta. Poi tutto è cambiato nel 2017, quando la famiglia si trasferisce ad Hannover, Bassa Sassonia, cuore della Germania. Barbara coglie un’opportunità lavorativa nell’aeroporto di Hannover-Langenhagen, la famiglia la segue.

Ed ecco un’altra di quelle ‘bandierine’. Nicolò va a scuola, continua a giocare a calcio. Lì lo vede l’Hannover 96, club che da anni si muove in maniera regolare tra la Bundesliga e la Zweite Liga. Lo porta nel settore giovanile. Fa gol a raffica, fino a esordire in prima squadra a diciott’anni. Nell’ottobre 2022 viene convocato dall’Under 19, poi il passaggio in Under 21. Gol a grappoli: 7 a stagione con i Roten, 12 con le nazionali.

È stato medaglia d’argento all’ultimo Europeo, quasi come il papà. La differenza? Lui gioca con la Germania, non con l’Italia: se mai vestirà l’azzurro lo potrà fare solo con i grandi. Ci sarà tempo, intanto lui mantiene la concentrazione sul suo percorso, con un maestro che ha una storia simile alla sua: l’italo-tedesco Antonio Di Salvo, ct dell’Under 21, 100 presenze e 17 gol in Bundesliga da giocatore.

A gennaio poteva trasferirsi all’Eintracht Francoforte, poi in primavera si è manifestato il Brugge e ha subito convinto: “Era il passaggio più proporzionato da fare in questo momento”, spiega Emanuele. “Abbiamo visto il modo in cui lavorano coi giovani, hanno esperienza in questo. E lo vediamo anche ora: sono eccezionali, sempre pronti ad aiutare. Prendono giovani da tutto il mondo".

Lasciare Hannover dopo 8 anni non è stato facile: “Qualche lacrimuccia è scesa, ma era il momento di lanciarsi”. Risultati finora soddisfacenti, non solo in termini di prestazioni: già 5 gol, minutaggio costante. “Ha finito l’Europeo Under 21 a inizio luglio e subito si è buttato nel Brugge, dopo giusto una settimana di vacanza”. Pronti-via e vittoria in Supercoppa.

“La cosa importante è che si sia inerito nel gruppo: con i compagni, con l’allenatore”. Per la prima volta in carriera, ha anche un compagno con cui può parlare italiano: Aleksandar Stankovic, figlio di Dejan, altro acquisto estivo del Brugge. “Certo, uno è dell’Inter e l’altro del Milan…” scherzano i genitori. Sì, il rossonero è il suo più grande sogno, sin da piccolo. Roba di dna: il nonno materno aveva insegnato a giocare a golf a Van Basten e Gullit. Il suo idolo però è sempre stato Filippo Inzaghi. Ex atalantino, tra l’altro.

“Il nostro obiettivo è quello di permettergli di concentrarsi solo sul campo. Noi pensiamo a tutto il resto che succede e si muove attorno”, spiegano. “Knokke però è la città ideale: il centro d’allenamento è qui, si parla un perfetto inglese e la comunità è unita, le persone si aiutano molto tra loro”.

La famiglia è certamente abituata ai cambiamenti: Barbara è nata e cresciuta in Argentina, ma le sue origini sono al 100% orobiche. Papà Arturo è il cugino dell’avvocato Mario Caffi, fondatore di Bergamonews e discende dai fondatori del Museo Civico di Scienze Naturali di Città Alta. “Sono tornata nel 1990, un amico in comune mi ha presentato Emanuele”. Hanno viaggiato tanto per i rispettivi lavori, fino a stabilirsi in Umbria dopo aver vissuto a Bergamo negli anni ’90.

“Nicolò a Bergamo ci è passato solo marginalmente, sempre da piccolo, ma sente il legame con la città, come lo sente con Cagliari, dove è nato, anche se non ci ha mai vissuto a lungo”. Una cosa è certa: “Il carattere è quello bergamasco, è una cosa di famiglia”. E a proposito di famiglia, per la prima partita che Nicolò giocherà in Italia, allo stadio ci saranno tantissimi parenti, oltre alla sorella e ai genitori: la nonna materna e le sue due sorelle, tifosissime dell’Atalanta. “Per la prima volta portiamo tutte e tre le sorelle Vavassori allo stadio”, dice Barbara.

Vedranno anche il nipote per la prima volta. Brividi, come sarà anche per papà Emanuele. “Era impensabile vederlo giocare contro l’Atalanta a Bergamo, tutto si è incastrato alla perfezione. Due anni fa giocava in seconda serie in Germania, oggi in Champions League”. Se ci credi, i sogni a volte si avverano: la famiglia Tresoldi non ha mai smesso.

By staff
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