Ambizioni e pretese. By ReMo
Un tifoso , anno di nascita millenovecentoquaranta, ha ben chiari i concetti delle due parole che ci si appresta ad esaminare, pur dovendo ammettere che, anche il linguaggio, come ogni cosa viva, nel tempo modifica il concetto inteso primariamente.
Partiamo col dire che, nei primissimi anni di militanza atalantina, quando la tifoseria era raccolta in un minimo, quasi parentale, di tifosi, il concetto di ambizione poteva essere attribuito alla volontà di vincere una partita, senza allargarne i confini a maggiori distanze, se non a quella già fantomatica di poter restare nella propria serie, evitando il ridimensionamento coatto.
Più che di ambizioni, termine allora eccessivo e sconosciuto, si poteva parlare di timori e speranze, ridotte al minimo, che oltre non era consentito di poter arrivare, manco col pensiero.
In effetti correvano tempi di magra ed era già buona cosa il poter sopravvivere, in senso concreto e, figuriamoci sportivo, a livelli che circoscrivevano l’essenziale.
Col passare degli anni, lo sguardo cominciò a traguardare oltre, specie nell’ambito delle grandi squadre, salvo mantenere, per le compagini provinciali, di cui avevamo già l’egida, una portata ridotta dalla consapevolezza del minimo compasso, indicativo delle nostre massimali potenzialità. Eppure ci stava bene così e bastavano i pochi sgambetti che, sportivamente, venivano assestati a compagini più grandi e potenti di noi, legati a restare i capisaldi delle imprese atalantine ed, in seguito, quali riferimenti di recupero e di rivincita, quando si incappava in una retrocessione.
In quelle sfortunate circostanze riprendeva corpo ed anima lo spirito di ribellione alla cattiva fortuna ridando vita all’ambizione del riscatto.
Abbandono tempi tanto lontani e mi riavvicino rapidamente alla contemporaneità. L’avvento dell’attuale presidenza impostò più marcatamente il senso dell’appartenenza e della non celata ambizione di prospettarsi traguardi, che non si concretizzavano in sostanziali varianti, visto che la conservazione della categoria restava l’obiettivo costante della società.
Nella realtà cominciavano a profilarsi progetti, ancora nebulosi per noi, circa l’intraprendimento di una reale crescita delle ambizioni e ce ne rendemmo conto quanto si arrivò alla contrattualizzazione di quello che sarebbe diventato il maggior artefice delle nostre fortune sportive.
Con mister Gasperini cominciammo davvero a comprendere il vero significato del termine in esame, l’ ambizione, cioè la determinazione di superare retaggi antichi e preclusivi della volontà di crescita.
Da allora i livelli collettivi ed individuali dell’essere ambiziosi invase la nostra piazza e le nostre aspettative. Risultati sportivi mai prima ipotizzabili, divennero normali eventi alla nostra portata e l’acquisire giocatori di grande capacità ed appeal, entrò nella nostra evoluta, ma ancora incredula mentalità.
Sogni proibiti, come l’accesso ai tornei europei si allinearono alla nostra realtà e l’Atalanta entrò, a pieno diritto tra le grandi formazioni continentali.
L’appetito, si dice, vien mangiando e la nostra tifoseria sta sperimentando la fondatezza di questo asserto, dilatato, peraltro, da una volontà di riscatto che le recenti probematiche sanitarie, hanno inconsapevolmente alimentato.
Anche le parole hanno preso il sopravvento ed alle ‘ambizioni’ sino a qui consapevolmente vissute, si è sostituito il termine ‘pretese’, che azzera la pazienza, per conseguire, sic et sempliciter, il tutto e subito, che, malignamente alberga nel subconscio degli irrazionalmente esposti.
Questa specie di malvagio supporto, si è impadronito della nostra mentalità, un poco a tutti i livelli, non escluso il pensiero del nostro, peraltro validissimo Gasp, spinto dai grandi risultati sino a qui conseguiti e smanioso di raggiungerne di superiori.
Concorrere alle tre competizioni cui siamo iscritti, ha comportato la necessità di acquisire nuove, importanti pedine, che potranno consentire la più oculata gestione delle rotazioni, atte ad assicurare le ottimali prestazioni della squadra. Ora serve scoprire e migliorare le prestazioni dei nuovi arrivati, al fine di rapidamente allestire le possibili e migliori varianti da schierare. Bisogna che, mettendoci calmi, ci si impegni a tali scopi, senza lasciarsi prendere da smanie che ci possano condurre a commettere passi falsi, non rimediabili.
Al tutto subito, bisogna sostituire il ‘Festina lente’, che spinga ad affrettarsi lentamente, senza scossoni che giungano a compromettere quanto di positivo si è via, via raggranellato.
E’ solo una questione di comportamento, che una mentalità disciplinata e meticolosa come quella del nostro Gian Piero, è certamente in grado di gestire, magari col supporto di una tifoseria che sa apprezzare il suo lavoro, cominciando col rispettarlo, senza beceri interventi in caso di mancati successi, ma in prospettiva di una costruzione che chiede pazienza e giuste tempistiche.
L’accresciuta ambizione di oggi, certamente preferibile alle dimesse aspettative di ieri, non si può, ne deve disperdersi in pretese impazienti che possono solo distruggerne il presupposto.
Manteniamo entusiasmi e desideri nel contesto di impegni e di lavoro, della cui sobrietà dobbiamo essere garanti, per ottenere i risultati cui solidalmente aspiriamo.
Con la certezza, assistita dalla volontà, di essere, tutti insieme, la grande Atalanta.
ReMo
Partiamo col dire che, nei primissimi anni di militanza atalantina, quando la tifoseria era raccolta in un minimo, quasi parentale, di tifosi, il concetto di ambizione poteva essere attribuito alla volontà di vincere una partita, senza allargarne i confini a maggiori distanze, se non a quella già fantomatica di poter restare nella propria serie, evitando il ridimensionamento coatto.
Più che di ambizioni, termine allora eccessivo e sconosciuto, si poteva parlare di timori e speranze, ridotte al minimo, che oltre non era consentito di poter arrivare, manco col pensiero.
In effetti correvano tempi di magra ed era già buona cosa il poter sopravvivere, in senso concreto e, figuriamoci sportivo, a livelli che circoscrivevano l’essenziale.
Col passare degli anni, lo sguardo cominciò a traguardare oltre, specie nell’ambito delle grandi squadre, salvo mantenere, per le compagini provinciali, di cui avevamo già l’egida, una portata ridotta dalla consapevolezza del minimo compasso, indicativo delle nostre massimali potenzialità. Eppure ci stava bene così e bastavano i pochi sgambetti che, sportivamente, venivano assestati a compagini più grandi e potenti di noi, legati a restare i capisaldi delle imprese atalantine ed, in seguito, quali riferimenti di recupero e di rivincita, quando si incappava in una retrocessione.
In quelle sfortunate circostanze riprendeva corpo ed anima lo spirito di ribellione alla cattiva fortuna ridando vita all’ambizione del riscatto.
Abbandono tempi tanto lontani e mi riavvicino rapidamente alla contemporaneità. L’avvento dell’attuale presidenza impostò più marcatamente il senso dell’appartenenza e della non celata ambizione di prospettarsi traguardi, che non si concretizzavano in sostanziali varianti, visto che la conservazione della categoria restava l’obiettivo costante della società.
Nella realtà cominciavano a profilarsi progetti, ancora nebulosi per noi, circa l’intraprendimento di una reale crescita delle ambizioni e ce ne rendemmo conto quanto si arrivò alla contrattualizzazione di quello che sarebbe diventato il maggior artefice delle nostre fortune sportive.
Con mister Gasperini cominciammo davvero a comprendere il vero significato del termine in esame, l’ ambizione, cioè la determinazione di superare retaggi antichi e preclusivi della volontà di crescita.
Da allora i livelli collettivi ed individuali dell’essere ambiziosi invase la nostra piazza e le nostre aspettative. Risultati sportivi mai prima ipotizzabili, divennero normali eventi alla nostra portata e l’acquisire giocatori di grande capacità ed appeal, entrò nella nostra evoluta, ma ancora incredula mentalità.
Sogni proibiti, come l’accesso ai tornei europei si allinearono alla nostra realtà e l’Atalanta entrò, a pieno diritto tra le grandi formazioni continentali.
L’appetito, si dice, vien mangiando e la nostra tifoseria sta sperimentando la fondatezza di questo asserto, dilatato, peraltro, da una volontà di riscatto che le recenti probematiche sanitarie, hanno inconsapevolmente alimentato.
Anche le parole hanno preso il sopravvento ed alle ‘ambizioni’ sino a qui consapevolmente vissute, si è sostituito il termine ‘pretese’, che azzera la pazienza, per conseguire, sic et sempliciter, il tutto e subito, che, malignamente alberga nel subconscio degli irrazionalmente esposti.
Questa specie di malvagio supporto, si è impadronito della nostra mentalità, un poco a tutti i livelli, non escluso il pensiero del nostro, peraltro validissimo Gasp, spinto dai grandi risultati sino a qui conseguiti e smanioso di raggiungerne di superiori.
Concorrere alle tre competizioni cui siamo iscritti, ha comportato la necessità di acquisire nuove, importanti pedine, che potranno consentire la più oculata gestione delle rotazioni, atte ad assicurare le ottimali prestazioni della squadra. Ora serve scoprire e migliorare le prestazioni dei nuovi arrivati, al fine di rapidamente allestire le possibili e migliori varianti da schierare. Bisogna che, mettendoci calmi, ci si impegni a tali scopi, senza lasciarsi prendere da smanie che ci possano condurre a commettere passi falsi, non rimediabili.
Al tutto subito, bisogna sostituire il ‘Festina lente’, che spinga ad affrettarsi lentamente, senza scossoni che giungano a compromettere quanto di positivo si è via, via raggranellato.
E’ solo una questione di comportamento, che una mentalità disciplinata e meticolosa come quella del nostro Gian Piero, è certamente in grado di gestire, magari col supporto di una tifoseria che sa apprezzare il suo lavoro, cominciando col rispettarlo, senza beceri interventi in caso di mancati successi, ma in prospettiva di una costruzione che chiede pazienza e giuste tempistiche.
L’accresciuta ambizione di oggi, certamente preferibile alle dimesse aspettative di ieri, non si può, ne deve disperdersi in pretese impazienti che possono solo distruggerne il presupposto.
Manteniamo entusiasmi e desideri nel contesto di impegni e di lavoro, della cui sobrietà dobbiamo essere garanti, per ottenere i risultati cui solidalmente aspiriamo.
Con la certezza, assistita dalla volontà, di essere, tutti insieme, la grande Atalanta.
ReMo
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