01/10/2017 | 09.31
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Ancora da Lione

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Due cose che un mese fa non avrei saputo prevedere: l’Atalanta che siede da sola al comando del girone, e Gasperini che si è già guadagnato l’autorevolezza per imporre il suo contesto tattico in Europa, per di più in una trasferta delicata come quella di Lione. Come Koeman, Génésio ha schierato i suoi con un 4-2-3-1, che diventa 4-4-2 in fase di non possesso (il trequartista Fekir si affianca alla punta Mariano e le ali Traoré e Aouar accompagnano l’azione difensiva, anche fino alla linea di fondo se necessario, dato che l’Atalanta attacca con molti uomini sulle fasce).

A differenza di Koeman, però, ha dimostrato di conoscere perfettamente le trappole da evitare per non farsi risucchiare dalla pressione degli uomini di Gasperini: il pallone non circola mai in verticale, perché i trequartisti non possono ricevere di spalle, e soprattutto non circola mai dal centro, perché è sulle fasce che si può creare superiorità contro il 3-5-2 con cui si schiera inizialmente l’Atalanta. La posizione molto alta dei terzini Tete e Mendy, spesso ricercati in costruzione, crea continue apprensioni a Spinazzola e Hateboer, incerti nel decidere fin dove possono spingersi con la pressione.

Nel frattempo l’Atalanta segue i suoi principi: i centrali di centrocampo De Roon e Freuler non si guardano neanche per salutarsi, ciascuno supporta la formazione di triangoli sulla catena laterale di competenza. In particolare, la catena sinistra con Gómez, Freuler e Spinazzola ha funzionato molto meglio di quella destra, dove è stato impossibile far circolare il pallone, anche per merito della grande interpretazione delle due fasi da parte di Mendy e Aouar. Con questo approccio prudente ed estremamente polarizzato verso le fasce, nel giro di qualche minuto Atalanta e Lione hanno iniziato a giocare a un altro sport in cui entrambe le squadre sono schiacciate sulle linee laterali e vince il primo che riesce a creare una linea di passaggio verso il centro.

 

Con due schieramenti compatti verticalmente come gli allineamenti di rubabandiera, ogni cambio di gioco riuscito aveva l’effetto del fischio del portabandiera che spariglia gli equilibri. Proprio da un pallone portato avanti lateralmente, e improvvisamente rimesso al centro, è nata la migliore occasione della partita per l’Atalanta: al minuto 22, Spinazzola lascia Tete in ginocchio con una finta, sul cross si avventa Hateboer che ha il passo più rapido di Aouar ma non la sensibilità per metterla in porta di testa da due passi. Allo stesso modo, da un tre contro tre sulla fascia opposta gestito benissimo da Fekir, Mendy e Aouar, il Lione ha trovato il gol del vantaggio allo scadere del primo tempo.

 
 Molto bella l’azione che porta al gol del Lione: Fekir ha l’intelligenza di servire Mendy, usando Aouar come un bloccante della pallacanestro per crearsi spazio. Il suo movimento distrae De Roon, che lascia libero Mendy e gli permette di girarsi in un fazzoletto. Aouar, che nel frattempo ha fatto il taglio opposto, chiude la triangolazione e lancia Fekir verso il fondo. Nello spazio sul primo palo liberato da Masiello, Traoré brucia Spinazzola e Palomino.

A fine primo tempo, Gasperini intuisce che il Lione non ha nessuna intenzione di passare dal centro del campo e si adegua allo spartito, sostituendo un centrocampista, Cristante, con un terzino, Castagne. Il belga va a sistemarsi in linea con la difesa, mentre Hateboer agisce qualche metro più avanti. In teoria è un 3-4-3, di fatto l’Atalanta copre il campo in base ai riferimenti che le lasciano gli avversari, e con l’aggiunta di un altro esterno puro di grande corsa sulla destra diventa più facile coprire le combinazioni di Mendy e Aouar. Ritrovati i riferimenti, diventa più semplice guadagnare metri sul campo: nell’azione che porta alla punizione di Gómez, tutti e tre difensori centrali dell’Atalanta si portano con grande coraggio nella metà campo del Lione, costretto a schiacciarsi molto.

Con lo stesso cinismo, che riflette un’apprezzabile flessibilità tattica, Gasperini si rende conto che Petagna non è mai stato in grado di ricevere il pallone e lo sostituisce subito dopo il gol del pareggio. Al suo posto entra Ilicic, che può eseguire gli stessi compiti – stazionare sulla destra alle spalle di Mendy, difendere qualche pallone e far risalire la squadra – ma con molta più qualità. Purtroppo l’Atalanta non riesce mai ad alzare il baricentro e ad avvicinare qualche uomo in più allo sloveno, che si danna in pressing ma così isolato non ha possibilità di rendersi pericoloso.

Il Lione conferma il trend stagionale: 11 gol subiti prima di questa partita, di cui 9 nei secondi tempi, che diventano 10 con la punizione del Papu. Con l’inizio del secondo tempo il Lione non perde tanto in intensità, quanto in lucidità e sicurezza, necessarie per tentare quelle giocate nello stretto che avevano fatto saltare il banco delle marcature a uomo di Gasperini: un difetto radicato in una squadra molto giovane, che ieri ha schierato un 18enne, un 19enne, due 20enni, due 21enni, due 22enni (oltre a due 24enni, Fekir e Mariano, che a confronto parevano ormai veterani di vecchia data). Anche quella barriera che si apre all’improvviso, senza motivazioni comprensibili, scoprendo il secondo palo, si può catalogare alla voce “errori di gioventù”.

L’Atalanta torna dal Groupama Stadium con la certezza di avere difensori, e in generale una fase difensiva, assolutamente all’altezza di un contesto di questo livello. L’area di rigore atalantina è stata inaccessibile: dei 7 tiri in porta del Lione, tre sono conclusioni dai 25/30 metri, due sono colpi di testa di Tousart da palla inattiva, e due sono i tentativi che servono a Traoré per bucare la porta di Berisha, che prima para il colpo di tacco volante e poi nulla può sulla respinta. L’Atalanta invece è riuscita a centrare la porta di Lopes in una sola occasione, la punizione di Gómez. Un po’ poco, ma quanto basta per acchiappare il primo posto nel girone, e tenerselo stretto.

Focus: il dominio di Caldara, in 5 atti

Per descrivere la partita di Caldara, bisognerebbe acquistare tante lettere luminose al neon quante ne servono per comporre la parola “consacrazione”: 6 intercetti (più di chiunque altro), unico giocatore dell’Atalanta a vincere tutti i contrasti tentati (3 su 3), 5 tiri respinti (quasi meglio di Berisha), 86% di passaggi riusciti (18/21), nessun fallo commesso, nessuna palla persa, un gol propiziato.

 

  1. Anticipo pulitissimo per far sentire inadeguato Mariano Díaz

 

  1. Contrasto rapace che fa perdere a Fekir ogni velleità di contesa

 

  1. Si infila tra Mariano e Traoré come tra le porte di un vagone in partenza (e si procura la punizione del pareggio)

 

  1. Spintona Castagne per ritrovare l’equilibrio, ma soprattutto perché deve lasciar fare a lui

 

  1. Minuti finali: il Lione intravede uno spiraglio per raggiungere la porta, arriva in corsa a tirare giù le serrande

fonte ultimouomo.com

By marcodalmen
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