Ancora ricordando Bertuzzo
Dalla bacheca Facebook di Pier Carlo Capozzi, giornalista e grande amico di Ezio
🌹 (23 febbraio 2014 - 23 febbraio 2025)
“Penso che nessun’altra cosa ci conforti tanto,
quanto il ricordo di un amico,
la gioia della sua confidenza
o l’immenso sollievo di esserti
tu confidato a lui
con assoluta tranquillità:
appunto perché amico.
Conforta il desiderio di rivederlo se lontano,
di evocarlo per sentirlo vicino,
quasi per udire la sua voce
e continuare colloqui mai finiti”.
(David Maria Turoldo)
Già, caro Ezio, amico mio, è proprio quello che vorrei continuare a fare. Parlare con te del tuo stupore fanciullesco per quella enorme maglia col numero 11 che tu non ti saresti mai aspettato, della tua voglia di tornare presto in bici, di quella volta che il Titta, del tuo dispiacere per la feroce rivalità tra tifoserie cugine, del tuo orgoglio per Francesca e Filippo, figlioli carissimi.
Vedi Ezio, sono passati undici anni, ma il casino è sempre lo stesso. Pensa che, a volte, mi sorprendo a chiedermi come mai è un po’ che non ti sento. La vecchiaia avanza, ma qui c’è dell’altro. C’è l’impossibilità di accettare questa situazione, forse facilitata dal fatto che l’ultima volta che ci eravamo incontrati eri in ottima forma. A volte mi sento davvero un privilegiato, per averti conosciuto in tutte le declinazioni. Sono stato un tuo tifoso accanito, dalla gradinata, in quella storica cavalcata che ci ha portato a Genova. Ho iniziato a scrivere proprio in quel periodo, l’Atalanta di Titta Rota è stata la mia prima scuola. Ti ho intervistato al ritorno a Bergamo, nella tua casa in via Novelli mentre Francesca giocava col cavallo a dondolo. Finita la carriera di bomber, siamo diventati amici. Ma non di quelle amicizie un po’ ballerine con calciatori o novelli ex. Amici veri. Tanto che eri tu a chiamare più spesso, specialmente nell’ultimo periodo, per rassicurarmi. Il primo problema era praticamente risolto e mi dicevi di star tranquillo, che saresti tornato in mountan-bike a primavera, più tonico di prima. Ma il secondo problema ha spezzato i sogni e la tua vita.
Tu, per me, sei una montagna di ricordi e frammenti di immagini. Lo striscione “Achille, dopo la A regalaci Ezio” oppure il tuo stupore fanciullesco di fronte alla maglia gigante esposta allo stadio e sulle Mura (“Ne hanno scelti sette, in tutta la storia, e ci sono anch’io, incredibile”), la tua disponibilità per qualsiasi richiesta, la tua confessione, alla fine, a Filippo (“Gli ho chiesto: papà, se dovessi finire in cenere, un giorno lontano, non è che ti piacerebbe che venissero disseminate sul campo di Bergamo? E lui mi ha sorriso”).
Mi porto dentro i tuoi abbracci. E quelli di padre Aldo Rabino che da un po’ è su con te. Mi porto il privilegio, con Stefano e Bruno, di essere stato invitato come parte della famiglia, un anno dopo, a San Mauro Torinese, in riva al Po, al Tajut, che ha cambiato insegna e adesso si chiama "Casa Cantoniera". I tuoi figlioli, Francesca e Filippo, hanno ormai preso in mano la loro vita e sono deliziosi.
Ed è un batticuore tutte le volte che Facebook mi ricorda i tuoi messaggi pieni di affetto e di senso dell'amicizia.
Abbraccia per noi tua sorella Maria, che ti ha raggiunto lassù. E, soprattutto, vai in giro facendo le impennate con la bici tra una nuvola e l’altra. Comunque manchi. Alla tua famiglia, a me, a Stefano, a Bruno, a Flavio, a Cristina, a Gino, alla Carlina, ai tifosi che non ti dimenticano, a un sacco di altra gente. Un abbraccio, amico mio.
Grande come te. Ovunque tu sia...

