Atalanta - City: la Savoldata
Mancavano pochi minuti (forse secondi) al fischio finale, ero con il telefono in mano per seguire anche il risultato di Dinamo - Shakthar. Dal 3-1 al 3-2 ho pregato in tutte le religioni che gli ucraini pareggiassero. Avevo tutto chiaro nella testa. Al gol del 3 a 3 ho esultato da solo come se avesse segnato l’Atalanta. Ho notato le persone vicine guardarmi come fossi matto, come se il pareggio dello Shakthar ci penalizzasse. Mi è toccato spiegare che, se fosse finita con la vittoria della Dinamo, avremmo dovuto vincere lo stesso le prossime due partite per sperare (Manchester permettendo) di arrivare al 3^ posto, quindi, tanto valeva giocare per passare il turno.
Con la differenza reti attuale infatti, l’unica possibilità di passare il turno in caso di pareggio con la Dinamo, sarebbe quella di vincere in Ucraina con due gol di scarto.
Dobbiamo scendere in campo per vincere le prossime due gare, in tutti i modi; la differenza è che ce la giocheremo con un’altra consapevolezza, e soprattutto con la possibilità di passare ancora il turno.
Con la vittoria della Dinamo ieri sera saremmo usciti di fatto dalla competizione.
La verità è che si erano creati maggiori aspettative dopo il sorteggio, complice soprattutto l’opinione pubblica, sottovalutando il valore di un girone più difficile di quello che poteva sembrare.
Questa mattina mi sono svegliato come se avessimo vinto la Champions, e non l’ho sognato stanotte.
Cosa ci ha dato la gara di ieri oltre ad un punticino in classifica?
L’Atalanta ha dimostrato a se stessa che questa mentalità, questo stile di gioco, è sostenibile anche con la più forte squadra del mondo. Questa è la grande vittoria di ieri sera., che vale molto di più di 3 punti.
L’ha dimostrato agli scettici sugli spalti che al primo pressing avversario urlavano “tirala su!”, oppure a quelli che gridavano “stai dietro!” al nostro laterale (braccetto) che usciva sul terzino avversario (keep calm, lo facciamo da sempre contro le squadre che giocano con 3 punte). L’ha dimostrato ai dogmatici discepoli di un calcio scientifico che non ci appartiene, fondato sul principio del sovrannumero, agli studiosi delle logiche di reparto. L’Atalanta ha dimostrato che forse non è un’eresia rompere la linea, accettare il duello in tutte le zone del campo. C’è chi sceglie di difendere occupando in modo equidistante tutti gli spazi del campo c’è chi preferisce difendere plasmandosi sull’avversario per sfruttarne le debolezze.
Tra il primo e secondo tempo al bar, mentre bevevo un caffè, una persona mi ha chiesto per quale motivo non ci fossero dei raddoppi sui giocatori del City. “In questa Atalanta non esistono i raddoppi”, ho risposto sorridendo. Poi ho proseguito dicendo che “il raddoppio costa molto caro, perchè per ogni giocatore che porto in aiuto al compagno c’è un avversario libero da qualche parte del campo.
L’Atalanta non deve cambiare modo di giocare, c’è solo da lavorare giorno dopo giorno per migliorare le letture, i dettagli.
Chiudo con una considerazione su Pasalic, sì Mario Pasalic, quel giocatore messo a fare tutti i ruoli possibili immaginabili (centravanti , ala, mezzapunta, mediano…) senza fare mai una piega. L’anti-divo per eccellenza , Mario Pasalic non piace perchè non fa scivolate, rovesciate stile Ametrano dei tempi d’oro, non piace perchè non fa sceneggiate, non si strappa i capelli… Elegante e pulito come pochi, nelle due partite in cui abbiamo visto il livello più grande del calcio e i nostri giocatori tutto d’un tratto non ci sembravano più così forti. lui è venuto fuori. Ed è lì che vedi il giocatore.
Ieri verso la fine ha sbagliato un paio di appoggi che forse erano semplici. Ma il punto è: QUANTI CAVOLO DI PALLONI TOCCA? Una marea! È sempre presente in ogni azione: lì nelle vicinanze o dove il pallone sta per cadere (capacità di anticipazione, vedi gol). Parlo di quella che una volta chiamavano “economia di corsa”: ovvero faticare meno rispetto agli altri nel farsi trovare al posto giusto al momento giusto.
Mario Pasalic segna anche gol pesantissimi. Vi ricordate quello in semifinale di Coppa Italia a Firenze? L’ azione era partita dal nostro vertice dell’area con suo lungo passaggio filtrante per Ilicic. Ci è arrivato ancora lui per primo a chiudere in rete il cross dello sloveno. Settanta metri di campo in una manciata di secondi, alla faccia dell’analista autodidatta secondo il quale Mario “non aveva cambio di passo” e alla faccia di chi non voleva riscattarlo. Il gol della Champions è stato il suo, simile a quello di ieri. Suo era stato anche il gol decisivo che portò il Milan in coppa. Mario Pasalic ha 24 anni, è cresciuto tanto e continuerà a crescere. Lasciamo che sia Mario Pasalic.