27/01/2017 | 16.00
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Atalanta farcita di giovani del vivaio: un modello da seguire per il Toro

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Qual è l’obiettivo di un buon settore giovanile? Vincere subito, o costruire per vincere in futuro? La risposta giusta è chiaramente la seconda: un vivaio al top, è un vivaio che dona alla prima squadra elementi utili con continuità, sfornando giovani capaci di destreggiarsi non solo nei campionati giovanili, ma anche e soprattutto in quelli professionistici, dei grandi. L’Atalanta di Giampiero Gasperini è forse l’esempio più fulgido di un modello societario che mira a valorizzare i giovani “fatti in casa”: da Caldara, Grassi e Conti, sino a Gagliardini, per arrivare ai giovanissimi e Latte Lath (in gol in Coppa Italia contro la Juventus), Bastoni e Meligoni, questi ultimi (classe ’99) “debuttanti” nell’ultima – vincente giornata di campionato, entrambi dal 1′.

l’Atalanta è uno dei vivai più fulgidi in Italia per giocatori lanciati in prima squadra (vedesi anche i granata Baselli e Zappacosta, fra gli altri), il Torino può vantare un successo che però si ferma “alla base”: ovvero, alla vittoria dei campionati giovanili. La Primavera di Moreno Longo è esempio perfetto: il tecnico ha saputo tirare fuori il massimo da una squadra sì valida, ma probabilmente non eccezionale, riuscendo a conquistare una finale persa ai rigori, uno scudetto e una Supercoppa. Tuttavia, questi giovani non hanno praticamente mai trovato continuità nel loro peregrinare in prestito, nemmeno nelle serie inferiori e nonostante si dicesse di loro un gran bene.

Ad ogni modo, occorre fare delle precisazioni: in questa mancata valorizzazione ha influito – oltre, evidentemente, la qualità degli stessi – anche una certa gestione tecnica e societaria. Non è un mistero, che ne nei 5 anni di guida Ventura il vivaio abbia sì compiuto enormi successi “sul campo”, ma che sia stato completamente abbandonato dall’occhio della prima squadra. Il tecnico sosteneva la “divisione” netta del mondo dei “grandi” da quello dei “giovani”, non è mai andato ad osservare da vicino la squadra di Longo, neanche durante le finali scudetto.

Posto questo fatto, è da sottolineare – comunque – come il Torino abbia sfornato, negli ultimi anni, giocatori fortissimi “per la categoria”, ma che poi hanno sistematicamente fatto fatica ad inserirsi in contesti di prima squadra (come documentato, ogni settimana, dalla nostra rubrica “Italia Granata”): praticamente assenti, infatti, i titolari in Serie B, mentre maggiore fortuna si ha in Lega Pro, dove però il livello è quello che è. Ora, con Mihajlovic, le cose sembrano svoltate: il tecnico ha dimostrato di aver un occhio di riguardo importante per il vivaio, aggregando spesso e volentieri qualche ragazzo, e non solo “per esigenze numeriche”. In più, qualche suo collaboratore (dal tattico Raimondi, al vice Lombardo) è sempre presente al Don Mosso per la Primavera, e  per il match contro il Pescara c’era anche lo stesso tecnico, in compagnia di Cairo.

Il modello Atalanta, tuttavia, è ancora molto lontano: i bergamaschi riescono ad essere competitivi nei campionati giovanili, e poi a regalare alla prima squadra giocatori già pronti, o comunque già in grado di sostenere la categoria (magari dopo una breve esperienza in prestito, vedi Gagliardini). Il Toro può e deve ambire al livello orobico: ne ha le capacità gestionali e possiede un bacino adatto. Per arrivare, alla fine, ad una valorizzazione del proprio vivaio che non sia fine a se stessa: perché qualche trofeo in più in bacheca fa piacere, ma è il futuro la vera ricchezza da coltivare.

fonte toronews.net

By marcodalmen
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