05/11/2020 | 14.15
13

Atalanta-Inter: se Atene piange, Sparta non ride by Marco A.

Agrarian Sciences: SE ATENE PIANGE SPARTA NON RIDE!Peggio di così Atalanta e Inter non potevano arrivare al derby in tinta nerazzurra in programma domenica 8 novembre al Gewiss Stadium.

Un match da sempre affascinante, ricco di emozioni e di gol, come testimoniano le statistiche, ma giocate sul filo della condizione psicofisica.

Dall’ultimo incontro (2 agosto 2020) le cose sono un po’ cambiate sia per Gasperini che per Conte,  e per entrambi la parola d’ordine in questa settimana è stata “riflessione”, soprattutto alla luce delle sconfitte pesanti in Champions. Se Atene piange, Sparta (scegliete voi chi è incarna l’una chi incarna l’altra) di certo non ride. Vediamo perché.

INDIFESE-  Non è di certo un segreto di Pulcinella che la Dea da anni crei molto in fase offensiva, ma conceda altrettanto nella fase difensiva.

Aldilà della cinquina subita contro i fenomeno del Liverpool che contano fino ad un certo punto, preoccupano invece i dati in campionato: 20 gol subiti in 9 match stagionali (media di oltre 2,1 gol a partita), e una difesa che stenta ancora a ritrovare quei meccanismi solidi del passato.  Fragilità a livello individuali e tattiche che per molto tempo sono state coperte dalla straripanza offensiva di Zapata e compagni, ma che ora anche lo stesso Gasperini fatica non nascondere più.

Sull’altra sponda però i tifosi interisti sono ancor più giustificati a lamentarsi di Conte, passato in poco tempo da guru della tattica a uomo monotematico e senza idee.

Stessa difesa a 3, cambiano gli interpreti, ma non la sostanza: 15 gol subiti in 9 partite (media di quasi 1,7 gol a partita), forse meno grave della situazione atalantina, ma in questo caso a preoccupare l’allenatore salentino è la qualità e la facilità dei gol subiti, soprattutto contro squadre di media-bassa classifica come Benevento, Parma e Fiorentina.

Il passato non si dimentica, e allo stesso modo anche i tifosi meneghini ricordano come ai tempi della Juventus facesse proprio della difesa il suo punto di forza: al suo primo anni in bianconero, infatti, subì solo 20 gol in 38 giornate.

QUESTIONE DI RITMO- Lenta, imprecisa, e totalmente avulsa dal gioco. Così è apparsa la Dea nella  sfida contro i Reds , come ha dichiarato in seguito anche Gasperini, visibilmente preoccupato per un’intensità che stenta a crescere in questo inizio di stagione. L’assenza di De Roon certamente si fa sentire, così come quella delle ali, meno propositive ed intraprendenti del solito (titolari e non, sia chiaro), ed è inevitabile che meno spinta e pressione, portino la Dea a giocare le sue partite allo stesso livello delle avversarie. Come dichiarato anche in passato dal tecnico nerazzurro, l’Atalanta è straripante solo a certi livelli di intensità, altrimenti calando, perde di brillantezza, velocità di pensiero, esponendosi maggiormente ai rischi.

Non  sono un caso le sconfitte di Napoli e in casa contro la Samp, dove il ritmo è mancato, e la squadra stenta a ballare come il suo capitano.

Anche Conte in termini di intensità a qualcosa da recriminare, ma a se stesso e poi ai suoi giocatori. Nonostante disponga di un centrocampo molto fisico, tecnico e di esperienza, i problemi maggiori sembrano provenire proprio dal centro nevralgico: Brozovic non incide più nella manovra, Vidal ci mette la garra ma non è più  il guerriero dei tempi bianconeri.

Se poi ci aggiungiamo l’incompatibilità tecnico-caratteriale di Eriksen, gli unici a dare un po’ di verve ai meneghini sono le fasce e gli attaccanti, giustamente dettati all’attacco e mai più alla costruzione di gioco, e per questo spesso avulsi proprio dalla dinamiche tattiche delle singole partite.

 

INCOMPRENSIONI- Le incomprensioni sono strane, e sarebbe il caso di evitarle, soprattutto quando in paio ci sono obiettivi importanti.

In casa Atalanta i dubbi non riguardano gli obiettivi prefissati in camera caritatis, ma un mercato che al omento non pare aver fornito i giusti rinforzi a Gasperini.

Se per gli esterni abbiamo visto come Depaoli e Mojica facciano anocra fatica ad integrarsi e quanto meno avvicinarsi alla baldanza di Hateboer e Gosens, in attacco Gasp fatica a dare fiducia ai nuovi. Miranchuk non pare poter entrare neanche 5 minuti contro il Liverpool, quando i giochi sono già stati fatti da un’ora, preferendo il debutto ufficiale del Primavera Ruggeri.

Condizione ottimale o meno, a questo punto l’abbondanza in attacco sembra più un problema che una soluzione per Gasperini, da sempre propenso ad oliare i meccanismi molto gradualmente (vi ricordate quando Freuler e Hateboer dovettero far più di 6 mesi di rodaggio prima di convincerlo?). Un’incomprensione che di regola dovrebbe risolversi tra le mura di Zingonia, ma che forse al momento pare condizionare la lucidità del tecnico piemontese e della squadra.

Il clima che si respira in casa interista non è di certo all’acqua di rose, anzi, è una bomba pronta ad esplodere.  Il colloquio avvenuto a Villa Bellini nello scorso agosto ha influito sulle dinamiche societarie, oltre che sulla mentalità dell’allenatore Conte.

Da allora, l’ex juventino apre aver perso la sua verve, la sua forza, e il vulcano che siamo stati soliti vedere eruttare nei postpartita, è tornato nel suo stato di quiescenza, forse proprio per direttiva di Zhang in persona.

La squadra non incarna più l’animo e la grinta del suo condottiero, proprio perché lo stesso condottiero pare demotivato e costretto a rimanere nella sua prigione dorata solo per non far sborsare alle casse nerazzurre ulteriori milioni inutili per allenatori in vacanza.

Insomma, entrambe arrivano a questo match con molte criticità, insicurezza e dubbi, e mai come questa volta forse più che l’aspetto tecnico-tattico, saranno le motivazioni a fare la differenza.

 

Marco A.
By staff
13 commenti