15/10/2019 | 14.45
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Il basco del tio

A volte, la vita si riassume in immagini.

La mattina dopo la partita mi sono svegliato con lo stomaco imbronciato e la testa pesante. Non tanto per il basco nero che mi sono trovato quasi sugli occhi, più che altro per la quantità di Ramòn Bilbao e di orujo de hierbas che avevo bevuto davanti alla tele e dopo la partita. Soprattutto dopo.

Avevo la schiena a pezzi. Non è molto salutare condividere, per una notte intera, un divano vecchio come il mondo con il cane Ernesto.

A volte, la vita si riassume in immagini.

Ed era ciò che mi stava succedendo durante quel risveglio dopo la serata infausta.

Il bruciore della sconfitta immeritata con lo Shaktar era ancora forte. Per questo cercavo di tenere strette le briglie della mente, affinché non scappasse via. Affinché non scivolasse lungo il dirupo di un’arrabbiatura eterna e s’infilasse nel labirinto dei pensieri di quello che era successo la sera precedente. Di quello che sarebbe potuto essere ed invece non era stato.

Le rilasciavo lentamente, a tratti, le briglie della mente. E ne uscivano solo immagini alla rinfusa. A loro piacimento. Senza una sequenza logica.

El Tio era uscito nell’orto, dopo avermi preparato la colazione. Avvolto nella bruma della mattina navarra. Gli avevo rimesso in testa il basco nero che lui, per scherzo, aveva messo a me, mentre dormivo sul divano.

A volte, la vita si riassume in immagini.

Così, mi rivedevo davanti la figura del Tio con i pantaloncini corti, nonostante la stagione, ed il grembiule, mentre cucinava la fideuà e si esibiva in un passo da Can Can al gol di Zapata. E me lo rivedevo ingobbito in sé stesso, con il bicchiere traballante vicino alle labbra che quasi lo rifiutavano, al gol sul filo di lana degli ucraini.

Mi ritornava in mente il viso, il collo e i seni generosi di Ainoha, la bella moglie di Augusto il pescivendolo, mentre mi impacchettava il trancio di bonito del norte che avrei portato al Tio per condire la fideuà che ci avrebbe accompagnato durante la partita.

Allora la sconfitta assume un altro colore. E, lentamente, da figura diventa cornice. Da centro diventa periferia. Da risultato diventa contingenza.

A volte, la vita si riassume in immagini.

Allora mi tornava in mente quando mio padre mi portava a vedere le partite sul campo sterrato fuori Villava. E il Tio, stopper ormai quasi quarantenne, con la testa arida di capelli, e una benda stretta al ginocchio, per contenerne gli eterni dolori.

Il cane Ernesto aveva seguito el Tio nell’orto.

Erano due sagome inombrate dalla nebbiolina dell’alba.

El Tio con la testa avara come Masiello, l’incedere sinuoso come Toloi e le gambe inarcuate come Palomino.

A volte, la vita si riassume in immagini.

E quel volto sotto il basco, dalla pelle scolpita dagli anni, con il perimetro che disegnava un sentimento strano, né di vittoria ma nemmeno di sconfitta, che non ha nome, che non si può definire con un aggettivo. Che solo il tifoso dell’Atalanta, dopo quella partita, può decifrare.

Mi ha accompagnato fino alla macchina, el Tio. Anche il cane Ernesto.

Mentre salivo, salutandomi, mi ha infilato in testa il suo basco. Lo stesso che mi aveva messo mentre dormivo sul divano. E che io gli avevo rimesso quand’era uscito nell’orto, per ripararlo dall’umido tenero della bruma.

A volte, la vita si riassume in immagini.

E, il giorno dopo quell’infausta partita, vedevo la mia immagine riflessa nello specchietto retrovisore.

Con lo stesso perimetro che avevo indovinato nel volto del tio.

Con la stessa declinazione dello sguardo.

Con lo stesso indecifrabile sentimento.

Con lo stesso basco nero in testa.

 

Rodrigo Dìaz

 

By staff
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