02/11/2019 | 11.45
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Bella e lunga intervista a Zampagna

Sollecitataci da molti riportiamo questa bella intervista di Riccardo Zampagna apparsa in Rete nelle ultime ore

 

atalanta

 

Un giocatore alla rovescia, uno di quelli che non seguono un percorso regolare e che proprio per questo provano ancora più gioia quando possono dire di avercela fatta. Riccardo Zampagna è stato tante cose: tappezziere e bomber di provincia, un tabaccaio, oggi un allenatore che non ha smesso di sognare. L’abito non fa il monaco è un proverbio che vale per l’ex giocatore classe ’74: la notorietà non ha cambiato di una virgola Riccardo rimasto una “persona normale” come lui stesso ama definirsi. Terni è l’ombelico del suo mondo, ma Bergamo e Messina gli sono rimaste nel cuore. La Nazionale di Lippi è il grande rimpianto dell’operaio del gol Zampagna che oggi però ha tanti motivi per guardarsi indietro e sorridere.

Riccardo, come è stato smettere col calcio giocato?
È stato brutto perché quando smetti la tua vita cambia e a livello fisico diventi vecchio da un momento all’altro. Oggi ho due ernie e faccio punture e fisioterapia. Ho smesso nel 2010, ma ogni tanto gioco lo stesso qualche partita. Ho aperto qui a Terni la Scuola Calcio Riccardo Zampagna San Giovanni Bosco: abbiamo già 130 bambini iscritti. Sono super impegnato tutti i pomeriggi. Sto sempre in mezzo al campo, però mi manca il professionismo, alcune partite, gli allenamenti di un certo ritmo. Però ho fatto una vita da fortunato e ringrazio Dio per avermela fatta fare.

La sua carriera ad altissimi livelli è iniziata tardi: che tipo di percorso è stato?
Sì, è andata così. A 23 anni ero in C2 e ho fatto tutta la scalata fino alla C1, alla B e alla Serie A. È stata una carriera un po’ atipica rispetto a tutte le altre, un po’ diversa però credo che sia ancora più bella per questo motivo.

Da ragazzo lei non giocava solo a calcio, ma faceva anche il tappezziere: che cosa le ha dato questa esperienza?
Montavo tende da sole: era un lavoro abbastanza faticoso. Lavoravo al mattino e quando finivo il mio turno andavo a fare gli allenamenti col Pontevecchio, la società di Ponte San Giovanni una frazione di Perugia. All’epoca ero in D e facevo quattro allenamenti a settimana, il campionato era abbastanza impegnativo ed era diverso da quello di oggi. Ho allenato in D un po’ di anni fa: ho fatto il girone sardo e posso dire con certezza che quella dei miei tempi era più difficile. Oggi il livello tecnico si è abbassato e c’è stato un calo anche dal punto di vista fisico.

Pensa che la qualità si sia abbassata anche nelle altre categorie?
Sì, assolutamente: il livello si è abbassato tantissimo dalla Serie A in giù. Speriamo di riuscire a migliorarlo un pochino con questa scuola calcio. Oggi alcune partite sono belle da vedere, altre sono meno interessanti.

Perché il livello si è abbassato secondo lei? Sono state prese scelte sbagliate?
Penso che sia un discorso generazionale. Credo che sia colpa della scomparsa del calcio di strada. Quando ero bambino, mi arrampicavo sugli alberi e andavo sotto le macchine per recuperare i palloni e penso che faccia la differenza a livello motorio e di tecnica di base. Ai miei tempi eravamo tutti autodidatti. Oggi nelle scuole calcio si fa fatica a ripetere gli stessi movimenti, gli stessi gesti. Noi dobbiamo proporli di nuovo, ma non è facile: oggi i bambini stanno sempre davanti al telefonino o al computer.

Che cosa pensa dei giovani di oggi? Zaniolo della Roma ed Esposito dell’Inter ad esempio stanno facendo grandi cose…
Secondo me Zaniolo è un ottimo giocatore. Se parliamo di percentuali però oggi i buoni giocatori sono il 20%, vent’anni fa magari i calciatori di alto livello erano l’80%. Oggi facciamo tanta fatica: la percentuale di quelli bravi è diminuita drasticamente.

Per questa ragione la Nazionale italiana ha avuto così tanti problemi dopo il 2006?
Penso di sì. Io ho avuto la fortuna di vedere i Mondiali del 1982. Il tasso tecnico di quell’Italia era elevato, in panchina c’era un certo Antognoni. Poi abbiamo vinto di nuovo, ma non lo abbiamo fatto allo stesso modo. Penso che il Mondiale 1982 abbia fatto conoscere a tutto il mondo chi erano veramente i calciatori italiani: quella è stata la nostra massima espressione e da lì ci tocca ripartire.

Lei è stato vicino alla Nazionale ai tempi di Lippi?
Mi ricordo che era stata organizzata un’amichevole a Messina: all’epoca io ero capocannoniere in A, ma non sono stato convocato. Quella è stata l’unica partita in cui avrei potuto fare anche 5 minuti: mi sarebbe piaciuto molto indossare quella maglia. In quel momento sono stato molto vicino alla Nazionale e non so perché non sono stato convocato. Me lo sarei meritato. Ho questo rammarico: in quel momento qualcosina di buono lo avevo fatto…

Si ricorda quale era l’amichevole?
No, l’ho rimossa dalla testa perché ci sono rimasto veramente male: a distanza di anni sto male quando me lo ricordo, anche se oggi ho 45 anni e ho una mentalità diversa. È una cosa che brucia ancora.

Lei ha realizzato reti spesso strepitose in Serie A: come nasceva un gol alla Zampagna?
Io facevo reti pazzesche anche in allenamento: è sempre stata una mia caratteristica cercare gol belli. Mi esercitavo a fare rovesciate e non nascondo che magari durante la partita mi veniva più facile provarle. Però per preparare le rovesciate devi allenarti da solo: bisogna avere tempo, istruttori e preparatori atletici a disposizione. La mia pazzia si intravede anche nel primo gol che ho realizzato in A: in Messina-Roma ho fatto il pallonetto a Pelizzoli, è servita un po’ di follia per fare un gesto tecnico del genere. Oggi come oggi non lo rifarei, se all’epoca avessi avuto la maturità di oggi avrei cercato di tirarla bassa. Però se non avessi fatto quel gesto non saremmo qui a raccontarlo.

Il pallonetto era un marchio di fabbrica di Totti: le ha mai detto qualcosa per i suoi gol?
Francesco mi ha premiato con l’Oscar del Calcio per il gol che ho segnato in Fiorentina-Atalanta nel 2007. Quella volta c’erano anche Kakà e Ronaldo. Mi avevano detto che erano così flessibili per fare un gesto tecnico come quello: io avevo segnato con una rovesciata a pallonetto. Quando ho fatto il mio primo gol in A alla Roma, Totti era in tribuna a Messina e l’ha visto molto bene…

Ternana, Messina e Atalanta: quale è stata l’esperienza più speciale per lei?
Penso alla Ternana perché ho giocato con la squadra della mia città natia, dove vivo oggi e dove ci sono tutti i miei amici e la mia famiglia. Però ho ricordi molto belli pure a Messina e a Bergamo. Sono stato fortunato perché sono stato bene in tutte le città in cui ho giocato: dalla Sicilia alla Lombardia ho conosciuto tanti modi di pensare e di mangiare, tutta quella cultura che non si legge sui libri.

Le piacerebbe tornare in una di queste città con un nuovo ruolo? Dopo il ritiro ha cominciato la carriera da allenatore…
Ci ho provato in tutti i modi, ma nessuno mi ha dato la fiducia. In questo momento ho fatto una scelta diversa restando a Terni e aprendo una scuola calcio per trasmettere la mia esperienza ai bambini cercando di migliorarli. Sarei disposto ad andare dappertutto perché il calcio è la mia vita. Quando ho smesso mi sono messo a studiare per il patentino da allenatore professionista. Ho fatto ottimi campionati nei dilettanti e una possibilità tra i professionisti me la sarei meritata anche per la gavetta che ho fatto, ma non è mai arrivata. Però la attendo e ci spero.

Nessun rammarico per non aver giocato con una big?
Ho rifiutato esperienze più grandi per restare a Bergamo perché ero molto legato alla città ed ero tifoso dell’Atalanta. La supporto ancora: mercoledì sarò a San Siro a vedere Atalanta-Manchester City. A Bergamo stavo bene con me stesso e davo il massimo. Ho rifiutato il Psg e il Fulham e se tornassi indietro rifarei la stessa scelta.

Secondo lei l’Atalanta può vincere lo Scudetto? Secondo lei è la squadra che gioca meglio in Italia?
Me lo auguro: sarebbe una cosa fantastica, ma non voglio dire né sì né no. Non voglio fare l’uccello del malaugurio, me lo auguro come tifoso. L’Atalanta è la squadra che gioca meglio in Italia, ma è così già dall’anno scorso: non ha paura di prendere gol, è una squadra molto offensiva ed è divertente da vedere. Questo modo di fare calcio è stato molto apprezzato. Gasperini ha avuto la fortuna di trovare giocatori disposti a seguire le sue idee. È davvero una bella storia.

C’è qualcosa che l’Atalanta ha e che invece manca a Juve, Inter e Napoli?
Il collettivo. Poi se passiamo ai giocatori penso che Zapata potrebbe giocare tranquillamente con la Juve o con l’Inter o col Napoli. La stessa cosa vale per Gomez. Ilicic è devastante col pallone tra i piedi, ha una tecnica pazzesca. Poi Malinovskyi ha una fisicità incredibile, ma allo stesso tempo anche un mancino fantastico. In difesa c’è Palomino. Stiamo parlando di una squadra creata per far divertire che è quello che vuole il pubblico di Bergamo: lì ci tengono particolarmente.

Il girone dell’Atalanta in Champions è compromesso?
Mai dire mai nel calcio: l’Atalanta se la gioca sempre con tutti, in casa del City vinceva dopo dieci minuti e ci abbiamo creduto un po’ tutti che potesse farcela. Se fai un paio di errori in Champions poi è difficile recuperare: in Serie A c’è un altro tasso tecnico, col City se sbagli è finita.

Come vede Juve, Inter e Napoli nella corsa allo Scudetto?
Secondo me possono vincere tutte e tre. Hanno tre grandissimi allenatori: forse Ancelotti ha un pizzico di esperienza in più perché ha vinto tanto e di più rispetto a Sarri e a Conte. Sono molto preparati e vogliono vincere e dal punto di vista tattico non spetta a me giudicarli perché sono dei fenomeni. Possono farcela tutte e tre poi peserà anche la fortuna che nel calcio serve sempre.

Dopo che ha smesso col calcio lei è tornato a Terni e ha aperto una tabaccheria: come ha fatto?
Mi sono calato nella mia nuova vita come una persona normale come dovrebbero fare tutti. Ho gestito una tabaccheria per cinque anni: quando ero esausto di stare dentro quelle quattro mura, andavo a fare gli allenamenti, seguivo alcune squadre in giro, ma era devastante. A un certo punto ho cercato di tirarmene fuori e quando ci sono riuscito mi sono buttato di nuovo a trecentosessanta gradi sul calcio.

Che rapporto hanno il fumo e il calcio?
Dovresti chiederlo ad Ancelotti o a Sarri. Gli sportivi non dovrebbero fumare, io ho smesso. In passato fumavo qualche sigaretta soprattutto per gestire il nervosismo e la tensione.

Nel gennaio 2005 ha fatto discutere il suo pugno chiuso rivolto alla curva del Livorno ed è stato multato: si è pentito di quel gesto?
La politica dovrebbe restare fuori dal sport e dal calcio. Non dovrebbero esistere episodi simili. Quello che ho fatto io è stato sbagliato, è stato un gesto derivato dall’ingenuità e dalla immaturità.

Lei è figlio di un operaio e si è spesso battuto per i diritti dei lavoratori: si sente operaio dentro?
Io sono nato in una famiglia di operai: i miei genitori mi hanno dato da mangiare e per tutta la vita ringrazierò mio padre che ha lavorato in un’acciaieria.

Lei ha fatto anche tanta beneficenza…
Due cose in particolare. Per il mio addio al calcio ho dato una mano per acquistare un mammografo digitale per l’ospedale di Terni e ho donato più di 20.000 euro. Poi la dottoressa in pediatra era preoccupata per la nascita di due bambini prematuri e mi ha chiesto un aiuto per un respiratore artificiale: ‘’L’ho acquistato in Svizzera e ho organizzato una partita per consegnarlo. Quando l’ho visto mi sono venuti i brividi. Nel 2011 ho scritto la mia biografia “Il calcio alla rovescia” e i soldi ricavati sono andati sempre per il mammografo digitale. Ho fatto tutto questo per la mia città e per dare qualcosa di importante a Terni che non vive in acque così limpide.

La sua biografia si chiama “Il calcio alla rovescia” perché è così che lo ha sempre interpretato?
Esattamente: ci ho messo 8 mesi per scrivere il libro insieme a Ivano Mari che fa il giornalista a Terni. Per trovare il titolo però sono bastati 3 giorni e lui si è complimentato con me dicendomi che ho un futuro da giornalista, gli ho detto di lasciare perdere. Quel titolo rispecchia tutta quanta la mia vita perché ho iniziato tardi, ho fatto sempre gol particolari e sembro un calciatore diverso dagli tutti gli altri.


Simone Lo Giudice
ilposticipo.it

By staff
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