23/03/2020 | 18.20
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Da Cava dei Tirreni: "Quella volta che io e il Bocia..."

da cavese1919.it, suggerito da Veradea che ringraziamo

 

#restiamovicini – Racconti dal Nord: BERGAMO NEL CUORE

Verso le due di notte, sul finire del mese di marzo del 1996, il treno denominato CONCA D’ORO, da una stazione di un paese di cui non ricordo il nome, ma vicino alla mia amata Cava mi riportava al Nord per fare rientro nella caserma di Bergamo. Era il periodo della corrispondenza ultras ed i miei amici Franchino “u nir” (noto a tutti come lo Sciamano) e Enzo “il presidente” mi avevano affidato un incarico importante: portare uno specchio con i colori degli NDC ai tifosi dell’Atalanta con i quali era nato un sano rispetto. Quella lunga notte quello specchio fu il mio amico più caro ed all’indomani mi recai nella sede degli ultras dell’Atalanta. Mi accolsero un po’ con diffidenza, classico atteggiamento dei Bergamaschi, salutai ed a piedi ripresi la lunga strada per arrivare in Caserma. Feci poche centinaia di metri ed un ragazzotto ricciolo come me e con una grossa moto mi raggiunse e mi disse: cavese non puoi andare via così, io mi chiamo Claudio (era il BOCIA, uno dei capi per antonomasia della tifoseria nerazzurra) e stasera tu resti con me, così mi racconti di Cava.

Trascorremmo una serata stupenda, tra risate e calici di lanterna; gli argomenti spaziarono da Onofrio Scannapieco, la Pergamena Bianca a Peppe Pavone; da Bartalomeo Colleoni, da Bobo Vieri a Vittorio Torino, la Badia, Bergamo Alta, e tanto altro ancora. La voglia di rappresentare Cava nella sua bellezza era notevole. A tal punto da dimenticare che dovevo rientrare in caserma. Solo con l’aiuto di Claudio e del mio fratello cavaiuolo Antonio Vigilante, che mi attendeva all’interno, riuscii ad evitare problemi gravi.

Dopo quella serata passata con Claudio ed i suoi amici, feci tante conoscenze all’interno di quel mondo fatto di visi ruvidi e cuore tenero. Tra tutti i ricordi che ho di quel periodo ce n’è uno in particolare che mi emoziona ancora adesso.

Il Bar Stadio a Bergamo, dove spesso ci si riuniva, era deserto. Era il 20 Aprile 1996 e la Cavese si apprestava ad affrontare al Simonetta Lamberti l’Altamura in un match valido per la penultima giornata del Campionato Nazionale Dilettanti. Non era una domenica come tutte le altre. La Cavese di Franco Liguori era ormai salva (anche se mancava un punto alla matematica salvezza), mentre alla capolista Altamura, allenata da un giovanissimo Ezio Capuano, il pareggio avrebbe significato la quasi certezza della promozione in serie C ai danni del Toma Maglie. La gara, anche se l’esito sembrava scontato, era importantissima e io non potevo seguirla dal vivo. Malinconico e pensieroso mi sedetti ad un tavolino vicino alla cabina telefonica e con i pochi gettoni, ogni 15 minuti, chiamavo casa per conoscere le novità. 

Ero solo. Ma a un certo punto, con mio grande stupore, un gruppo di ultras dell’Atalanta entrò nel bar e si mise a seguire la partita con me. Io telefonavo a casa per avere notizie e per ascoltare la cronaca in diretta dallo stadio di Pippo Tarallo, ma purtroppo i gettoni non bastavano mai e si esaurirono ben presto. Cominciò allora una “caccia al gettone” da parte di tutti i presenti per continuare ad ascoltare quella voce amica in collegamento dal Simonetta Lamberti. Grazie ai gettoni che i tifosi bergamaschi riuscirono a recuperare, fummo in grado di ascoltare quasi tutta la partita in tempo reale.

Il match non fu particolarmente spettacolare. Le due compagini sembravano non volersi fare del male e il gioco ristagnava più che altro a centrocampo. Pareva un incontro di pugilato tra due atleti che si rispettano e che non vogliono infierire. Ma a dieci minuti dal termine, con il punteggio saldamente sullo 0-0, ecco a sorpresa il vantaggio dei pugliesi: azione fulminea di Sardone, assist perfetto per De Giosa, conclusione dal limite, nulla da fare per il pur bravo De Min, palla in rete. Altamura inaspettatamente in vantaggio!

Un grido di dolore squarciò il silenzio del bar. Mi misi le mani tra i capelli, in preda allo sconforto. I tifosi dell’Atalanta cercarono di consolarmi, ma invano. Per fortuna ci pensò l’uomo migliore di quella Cavese, il bomber Vittorio Torino, a trovare il pareggio sei minuti dopo, sfruttando una pregevole azione personale di Farolfi. GOL, GOL della CAVESE!!! L’1-1 di Torino fece esplodere il bar. Non appena la voce di Pippo Tarallo annunciò la rete aquilotta, ci stringemmo tutti in un abbraccio liberatorio. Mani al cielo, urla, canti di gioia. All’esterno del bar nessuno riusciva a capire cosa stesse accadendo, anche perché era un sabato pomeriggio qualunque e l’Atalanta avrebbe giocato solo l’indomani contro la Fiorentina. All’improvviso i tifosi atalantini fecero partire un coro fortissimo che inneggiava alla mia Cavese. Mi vennero i brividi. E da quel momento mi sono entrati definitivamente nel cuore.

Oggi vedendo le immagini tristi che arrivano da Bergamo non posso che pensare a loro, a quei momenti vissuti insieme e a quegli anni spensierati che non ritorneranno più. E proprio per questo stavolta sono io a gridare ancora più forte “Forza Bergamo, non mollare!”. Ci rialzeremo come sempre, insieme!

Damiano Di Marino, 44 anni, Luino (Varese)

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