07/09/2019 | 23.10
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I cent'anni di Brera e l'Atalanta del Gasp

Gianni Mura con la solita maestria ha scritto un pezzo su Gianni Brera in occasione del centenario della nascita. Da repubblica.it, su consiglio di "stevesteve" che ringraziamo. Qui lo riproduciamo parzialmente 

 

Le parole che il grande giornalista e scrittore non ha avuto il tempo di dirci per interpretare i nostri giorni

 

Dicono dalla redazione centrale: sai, qui a volte ci chiediamo cosa direbbe Brera di quello che è successo nel calcio e fuori dopo la sua morte. Dico che me lo chiedo anch’io, e non solo Brera. Cosa direbbe Arpino di questa poesia, Veronelli di questo vino, Scirea delle generazioni (o degenerazioni) successive. Cosa direbbe su tante cose e persone mio padre. E mi intrappolo da solo. Bene, dicono, serve proprio un pezzo così. A sus ordenes, con una premessa. Non voglio far ballare il tavolino a tre gambe e ho conosciuto da vicino Brera. Non sarò così scorretto da attribuirgli simpatie e antipatie mie di me (brerismo dichiarato). Se sbaglio, sbaglio di poco.

Gli sarebbe piaciuto il Mondiale di Germania, una vittoria basata sulla difesa. Avrebbe goduto per il triplete dell’Inter. Due i motivi: l’amicizia che lo legava alla famiglia Moratti e il fatto che sotto sotto (neanche tanto sotto) tenesse all’Inter. Si definiva tifoso genoano per evitare rotture di scatole (già gli bruciavano il Giorno sotto casa per via di Rivera). Non gli sarebbe piaciuto Mourinho, come mai gli piacque il Mago Herrera, pur abbondante di ego, “Yo” era il titolo della sua biografia, mai però quanto lo Specialone. Gli sarebbe piaciuto Belotti, perché guadagnerà bene ma ha la faccia da povero e si sbatte sempre e comunque. Non è Rombo di tuono né mai lo sarà, ma qualche rovesciata l’ha fatta e ci prova sempre e comunque. Gli sarebbe piaciuto il Sarri di Napoli per quella vena cinghialesca , l’avrebbe accusato di eretismo podistico (come fece con Sacchi), e gli piacerebbe meno quello di Torino. Dal conte di Cavour a Bettega, passando per l’Avvocato, mai ci fu grande feeling tra Gianni e la città sabauda. Ma per tutta la vita viaggiò su Fiat. Non l’ultima notte, ma l’auto non era sua. Gli sarebbe piaciuto Allegri per quel suo non prendere troppo sul serio nulla, nemmeno il calcio, e perché non ha schemi fissi. Ma più di ogni squadra gli sarebbe piaciuta l’Atalanta, da lui definita mirabellissima anche quando non andava in Champions. Avrebbe invitato al club del Giovedì Gasperini, sorvolando sulla sua torinesità e ignorando che mangia poco e beve poco. Gli avrebbe rimproverato, oggi, la scarsa presenza di italiani ma della squadra avrebbe esaltato, citando il suo tripallico Colleoni, quello spirto guerrier ch’entro le rugge, nonché l’accentuata tendenza alla marcatura a uomo.

Infine, Brera sarebbe andato al funerale di Gimondi, il suo Nuvola Rossa. Anche se non gli piaceva andare ai funerali e preferiva piantare un albero per ogni amico che moriva. Oggi sarebbe un bosco, e oggi come quel giorno di dicembre del ’92 gli sia lieve la terra.

 

 

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