05/03/2020 | 09.09
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Il centrale dell’Atalanta è un mestiere unico

Nessuno difende come loro.

Sotto la gestione di Gian Piero Gasperini la storia dell’Atalanta è cambiata da ogni punto di vista. Insieme ai successi sportivi che l’hanno portata ai vertici del calcio italiano, il club ha potuto anche migliorare i suoi bilanci grazie ai talenti valorizzati e ai ricavi generati dalle loro cessioni. E anche se la produzione offensiva atalantina, orientata da due giocatori eccezionali come il “Papu” Gómez e Josip Ilicic, è cresciuta fino a raggiungere le migliori squadre d’Europa – con 70 gol in 25 partite, la squadra di Gasperini ha il terzo miglior attacco nei principali campionati europei, dopo il Paris Saint-Germain e il Bayern Monaco – alcune delle cessioni più remunerative hanno riguardato i difensori centrali. Tre in particolare: Alessandro Bastoni, ceduto all’Inter nell’agosto del 2017 per 31 milioni di euro; Mattia Caldara, comprato dalla Juventus per 19 milioni di euro pochi mesi dopo aver rivelato le sue qualità nel campionato 2016/17, e Gianluca Mancini, venduto alla Roma l’estate scorsa per una cifra che, tra parte fissa e bonus, può arrivare fino a 23 milioni di euro.

I principi difensivi dell’Atalanta sono ormai noti a tutti quelli che seguono la Serie A assiduamente. Le marcature a uomo e l’aggressività estrema, in ogni zona e a qualsiasi altezza del campo, sono alla base di uno stile difensivo unico, che può mandare in crisi anche difensori molto esperti. In questo senso sono emblematici i casi di Martin Skrtel e Simon Kjaer. Il primo si è accorto subito di non potersi adattare al nuovo sistema e ha rescisso il contratto a inizio settembre, meno di un mese dopo averlo firmato. «Ha manifestato problemi nel giocare in una difesa a tre, è stato molto onesto. È arrivato dopo, ha avuto difficoltà. Per lui era difficile inserirsi in questo meccanismo di squadra ed è anche comprensibile», aveva spiegato Gasperini. Al posto di Skrtel è quindi arrivato Kjaer, ma anche lui, dopo aver messo insieme appena 6 presenze (solo 4 da titolare), ha preferito spostarsi al Milan a gennaio, in uno scambio che ha fatto tornare Caldara a Bergamo.

Proprio Caldara è un esempio di quanto può essere difficile, per un difensore, anche il percorso inverso rispetto a Skrtel e Kjaer, cioè lasciare l’Atalanta e mantenersi agli stessi livelli in un altro contesto. Certo, la sua esperienza al Milan è stata rovinata dagli infortuni ma Caldara ha anche fatto fatica a inserirsi in un sistema difensivo meno orientato all’uomo e con marcature meno aggressive, in cui avrebbe dovuto prestare più attenzione ai movimenti di reparto e alle distanze tra le linee. All’inizio della scorsa stagione, quando ancora non aveva subito gli infortuni che lo hanno tenuto lontano dal campo per oltre un anno, Gattuso motivava così la prudenza con cui stava gestendo il suo inserimento: «Viene da una cultura calcistica diversa e non è giusto buttarlo nel frullatore. (…) Io faccio delle scelte per giocare in un certo modo e i meccanismi devono essere perfetti».

In circostanze diverse, anche Mancini alla Roma sta trovando delle difficoltà ad adattarsi alle idee difensive di Paulo Fonseca. Nel suo ruolo naturale, al centro della difesa di fianco a Smalling, Mancini non è stato sempre convincente e, anzi, è sembrato più a suo agio nelle partite che ha giocato da centrocampista, una soluzione trovata da Fonseca in un momento di emergenza per gli infortuni.

Insomma, lo stile difensivo di Gasperini non è per tutti, ma per un difensore formato da quei concetti è anche difficile abituarsi a un altro sistema una volta lasciata Bergamo. Non sorprende, quindi, che per l’Atalanta il reparto difensivo sia forse il più delicato da cambiare. 

I tre difensori centrali più utilizzati in questa stagione (Tolói, Djimsiti e Palomino) sono all’Atalanta da diversi anni e hanno ormai una certa confidenza con i metodi di Gasperini. Tolói era già a Bergamo prima che si aprisse il ciclo di Gasperini. Palomino è arrivato nell’estate del 2017 e Djimsiti è al secondo anno in cui gioca con regolarità, dopo aver firmato per l’Atalanta nel 2016 e aver trascorso due stagioni in prestito all’Avellino e al Benevento. Nelle rotazioni poteva entrare anche Andrea Masiello, che però a gennaio ha scelto di lasciare Bergamo dopo otto anni e mezzo per tornare al Genoa.

 

Cosa deve fare un difensore dell’Atalanta

Le richieste del gioco di Gasperini sono uniche e anche per questo l’Atalanta tende a puntare su difensori che le conoscono bene. Non si tratta semplicemente delle marcature a uomo. Molti allenatori in Serie A le prevedono nei loro sistemi, nessuno però le utilizza in modo più ambizioso e spregiudicato di Gasperini. Nei suoi meccanismi difensivi ci sono pochi accorgimenti per la copertura degli spazi e il mantenimento di una struttura ordinata. Il riferimento principale è l’avversario e ai difensori centrali è chiesto di uscire con aggressività in avanti, senza preoccuparsi troppo di quello che succede alle loro spalle.

 

Qui sotto c’è una situazione tipica. Tolói e Caldara marcano gli appoggi vicini a Kondogbia, mentre Palomino, più distante dalla palla, è orientato su Maxi Gómez e non copre i compagni. Anche se in questo modo si apre uno spazio pericoloso dietro Tolói e Caldara, il Valencia non riesce a raggiungerlo perché Tolói segue Soler e lo anticipa, recuperando la palla.

 

 

In un sistema che non prevede di difendere la porta occupando gli spazi in cui potrebbe avanzare la manovra avversaria, la stabilità è data innanzitutto dall’abilità in marcatura dei difensori, dal loro tempismo negli anticipi. È ovviamente un modo di difendere rischioso. Ogni marcatura saltata, o un ritardo nella pressione su chi ha la palla, crea squilibri a cui è spesso difficile trovare un rimedio. 

Qui sotto c’è un esempio dalla partita di ritorno contro il Manchester City. L’Atalanta ha perso la palla mentre cercava di costruire dal basso e si trova quindi a organizzare una transizione difensiva in una zona pericolosa, vicino alla sua porta. Tolói è distante da Bernardo Silva e non può pressarlo, e alle sue spalle lascia uno spazio preso di mira sia da Gabriel Jesus che da Sterling. In coerenza con i princìpi alla base della fase difensiva atalantina, Palomino segue il movimento del suo avversario di riferimento (Jesus), mentre Djimsiti, invece di stringere per coprire il compagno e proteggere la porta, si orienta per controllare Mahrez. Gabriel Jesus, però, anticipa Palomino sul passaggio di Bernardo Silva e con un colpo di tacco spalanca la porta a Sterling. La rapidità dell’azione, e la tecnica in velocità dei giocatori coinvolti, probabilmente avrebbero comunque reso inutile il possibile intervento di Djimsiti. Però la sua scelta di non seguire lo sviluppo dell’azione per dedicarsi al controllo di Mahrez ha reso ancora più semplice la conclusione di Sterling, che ha potuto tirare da pochi metri senza opposizione.

 

 

Anche la superiorità numerica al centro della difesa, un concetto in teoria prudente, che permette di avere un difensore a protezione la porta, pronto a interviene in caso di errore dei compagni davanti a lui, è interpretato da Gasperini in modo spregiudicato. Per avere la superiorità numerica di solito Gasperini organizza le marcature in modo da lasciare senza avversario di riferimento un difensore centrale. Contro le squadre schierate col tridente in attacco, ad esempio, la marcatura delle ali spetta a un difensore centrale e a un esterno, in modo da liberare un difensore di fianco a quello che si occupa del centravanti. In alcune situazioni questo stratagemma serve in effetti ad avere un difensore più arretrato in copertura dei compagni, come nel caso qui sotto.

 

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Palomino e Hateboer marcano le ali del Lecce (Mancosu e Saponara), Caldara marca Lapadula, mentre de Roon, schierato in difesa come centrale destro, lo copre.

In genere, però, il difensore centrale che inizialmente non ha un avversario da marcare ha il compito di uscire sul giocatore rimasto libero nello schieramento avversario, anche alzandosi di parecchi metri rispetto alla sua posizione. È un compito fondamentale per la stabilità della fase difensiva. Un’uscita in ritardo, infatti, può consentire alla squadra avversaria di trasmettere lungo il campo, con una circolazione ordinata, il vantaggio creato dal giocatore libero, facendo saltare il particolare sistema di pressione dell’Atalanta.

La scelta del momento giusto in cui uscire, e la capacità di coprire la distanza che lo separa dall’avversario in poco tempo, sono ovviamente aspetti decisivi, anche perché il giocatore libero può essere molto distante dal difensore centrale. Contro il Manchester City, ad esempio, i giocatori lasciati inizialmente liberi dal sistema di marcature dell’Atalanta erano i terzini. All’andata Masiello, schierato sul centro-sinistra, si alzava sul terzino destro (Walker). Sulla fascia opposta, invece, era il centrocampista atalantino (de Roon) a uscire lateralmente su Mendy, mentre sulla mezzala rimasta libera (Foden) scalava in avanti Tolói. I meccanismi non sono stati molto efficaci – anche se la ripartenza su cui l’Atalanta ha costruito il gol del vantaggio, su rigore con Malinovskyi, ha avuto origine da un recupero di Tolói su Mendy – e alla lunga la circolazione del City ha trovato spazi enormi per attaccare la porta.

 

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Tolói esce su Mendy e recupera la palla, dando inizio a una ripartenza conclusa con un fallo in area su Ilicic.

Al ritorno Gasperini ha cambiato le marcature dal lato di Tolói, per evitare di portarlo troppo fuori posizione e invitare il City a giocare nei corridoi aperti alle sue spalle, come era capitato spesso all’andata. A sinistra comunque era sempre il difensore centrale (stavolta Djimsiti) ad alzarsi sul giocatore libero del City, o uscendo direttamente su Cancelo o scalando in avanti sulla mezzala del City se Freuler andava in pressione su Cancelo.

 

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Djimsiti deve fare parecchi metri per alzarsi a pressare Cancelo, alle sue spalle Freuler è costretto a inseguire De Bruyne, che si sta spostando nello spazio libero. È anche da dettagli come questo che si possono notare i rischi che accetta dall’Atalanta in fase difensiva.

In generale, che si tratti di non lasciare un buco nel sistema di pressione, uscendo quindi sul giocatore libero, oppure di seguire l’avversario di riferimento, i difensori centrali dell’Atalanta coprono grandi porzioni di campo, trovandosi spesso in zone distanti dalle loro posizioni. Molte volte la loro pressione non si esaurisce dopo che l’avversario ha scaricato la palla, ma continua seguendo lo sviluppo dell’azione, se la circolazione prosegue con passaggi all’indietro o in orizzontale.

Qui sotto ci sono due esempi dalla partita di ritorno contro il Manchester City. Nel primo Djimsiti arriva a essere il giocatore più avanzato dell’Atalanta dopo aver seguito la circolazione della palla fino a pressare Ederson. Nel secondo Palomino ha seguito Mahrez oltre la trequarti difensiva del City e continua pressando anche Mendy.

 

 

Le differenze tra i vari centrali (no, non sono tutti uguali)

Anche se i centrali a disposizione di Gasperini sono tutti grossi e lenti, nessuno di loro ha problemi difendere su porzioni di campo così ampie. Può sembrare un paradosso, in realtà questo stile difensivo così coraggioso tende a mettere in evidenza i loro pregi, l’aggressività e le eccellenti qualità in marcatura, e a nascondere le debolezze, riducendo al minimo le situazioni in cui devono guardarsi alle spalle e sono costretti a correre verso la porta.

Ovviamente ognuno poi interpreta il ruolo in accordo con le sue caratteristiche. Palomino è in assoluto il centrale più aggressivo, quello a cui piace di più ingaggiare duelli con gli avversari. Nell’Atalanta è il migliore per contrasti (2,9 per 90 minuti) e intercetti (2,3) e tra i centrali è anche il più falloso (1,7 falli fatti per 90 minuti). Djimsiti e Tolói difendono in modo più razionale. Djimsiti è più bravo negli intercetti (1,7 per 90 minuti, Tolói ne fa 1,3), tenta meno contrasti e si fa saltare meno, Tolói è invece il centrale più sollecitato nella costruzione della manovra. Dal suo lato i movimenti per far uscire la palla da dietro sono più originali e spesso sono studiati per farlo ricevere al centro del campo, allargando o abbassando de Roon al suo posto, e lasciare che siano le sue iniziative a far avanzare l’azione. Tolói è abile in conduzione ma sa anche trovare passaggi complessi e non si limita a contribuire al primo possesso. Sullo sviluppo dell’azione tende ad avanzare fino a inserirsi in area e quando riceve sulla trequarti avversaria ha visione di gioco e un piede abbastanza delicato da realizzare filtranti precisi.

 

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L’assist dato a Ilicic contro il Napoli.

Anche se il dato dei gol subiti (34 in 25 partite, settima difesa meno battuta del campionato) può far pensare il contrario, l’Atalanta ha trovato un buon equilibrio tra i rischi che accetta in fase difensiva e le occasioni lasciate agli avversari. In Serie A è, con la Roma, la squadra che subisce meno tiri (11,2 a partita) e negli xG concessi è seconda solo alla Juventus. A compensare i gol subiti di troppo ci pensa l’eccezionale produzione offensiva ma, anche se è facile lasciarsi sedurre dalle giocate di Gómez e di Ilicic, per far funzionare il sistema di Gasperini continua a essere fondamentale il contributo dei difensori centrali, in ogni fase di gioco.

fonte ultimouomo.com

By marcodalmen
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