Chicco, chel grop che 'l passa mai...
Riproponiamo oggi, nel giorno del suo compleanno, l' "Intervista impossibile" che Pier Carlo Capozzi pubblicò su "Nerazzurro Mese" e che rimane una delle più belle testimonianze dell'affetto della tifoseria atalantina per il suo sfortunato folletto col ciuffo.
UNA NOTTE CON CHICCO TRA I CASTAGNI DEL POGGIO
di Pier Carlo Capozzi
L’autostrada che attraversa la Lunigiana sembrava un presepe.
Le luci delle frazioni, incastonate nelle colline, brillavano vivissime nella notte tersa e rischiarata da una falce di luna, da Pontremoli giù fino ad Aulla: lì si esce e si prende per una strada con molti tornanti, parallela tra l’Appennino Tosco-emiliano e le Alpi Apuane.
Di lì a poco siamo in Garfagnana, terra di castagni e castagne, popolata da gente semplice e di cuore, divisa in mille paesini dove ci si conosce tutti e, all’occorrenza, dove tutti ti aiutano.
Curva dopo curva, tornante dopo tornante, si supera Camporgiano, il paese, e si arriva al Poggio, la frazione, quattrocentocinquanta metri sul livello del mare, che diventano più di mille in un battibaleno se vai verso le Alpi Apuane: ci sono le cime imbiancate per la neve dei primi giorni di marzo, ma se arrivi fin lassù, si può vedere, incredibilmente, il mare della Versilia.
Federico Pisani mi aspetta fuori dal piccolo camposanto sempre aperto, praticamente un giardino, seduto sull’erba e appoggiato ad una pianta di castagno. Il ciuffo è sempre quello, lo sguardo sbarazzino pure.
-“Ti sei deciso a venirmi a trovare, finalmente...”
Hai ragione, Chicco, mi prendo le mie colpe.
-“Non dire bischerate, non è una questione di colpe, è che sono venuti proprio tutti.”
Lo so, si sono fatti anche i pullman.
-“Lo vedi? E poi ci sono i fedelissimi.”
Cioè?
-“Prendi il Diego, quello del ristorante “Le Stagioni”: lui viene al cimitero ogni anno”.
Lo sai che nel suo ristorante si è tenuto a battesimo il club di tifosi che porta il tuo nome?
-“Certo che lo so. E’ una delle tante iniziative che mi ha fatto sentire importante.”
Ma tu sei importante.
-“Lo sono soprattutto per mamma Rosanna e papà Enrico, che il 6 marzo ha fatto 64 anni. Fossi stato ancora giù gli avrei regalato un bel maglione grigio. Grigio perchè sta bene con tutti i colori. A mamma invece l’avrei preso rosso, le dona un tocco di bellezza in più.”
Indovina chi ha fatto gli auguri a tuo padre?
-“La Carlina. Non ho capito come faccia, ma non si dimentica mai una data!”
Chi ti viene a trovare più spesso?
-“Dal nord sicuramente Dario e Marilena. Erano in macchina con me e Alessandra, quella maledetta sera, e per fortuna si sono salvati. Si sono sposati ed hanno avuto due figli, un maschio e una femminuccia. Li hanno chiamati Federico e Alessandra.”
Grandi! E ovviamente sai che ti hanno intitolato la mitica Curva Nord.
"Conosco bene quei ragazzi, il loro attaccamento e la loro passione. Ma anche qualche loro eccesso. E’ stato un altro gesto di sensibilità nei miei confronti, così come quello di ritirare la maglia numero 14. Così come l’idea del mio scopritore Antonio Bongiorni, che a Pasqua organizza un torneo internazionale a mio nome sul campo del Margine Coperta. Se quella curva porta il mio nome, chiedo solo loro di pensare a me prima di arrabbiarsi. E sappiano che non potrò dimenticare mai quello che hanno fatto per Atalanta-Vicenza, la prima partita senza di me.”
Lo striscione dei dribbling e delle stelle?
-“Quello mi ha fatto davvero commuovere, ma è stato tutto il contesto: i miei compagni, i loro segni di croce e le preghiere al minuto di silenzio, il dueaste dei tifosi vicentini, le dediche ai gol, l’abbraccio con i nostri genitori nel dopopartita. Ma la Curva, con i suoi cori e i suoi striscioni, è stata davvero meravigliosa”.
Torniamo ai tuoi genitori: lo sai che papà Enrico mette i tuoi vestiti e le tue scarpe, ma lo fa con parsimonia perchè ha paura che si consumino?
-“Il mi’ babbo e la mi’ mamma sono davvero due persone speciali. Lo so cosa ti hanno detto di me.
Ti hanno detto che sono contenti perchè ho vissuto comunque come piaceva a me e l’ho fatto intensamente. E che a loro ho dato tanta gioia...”
Non è così?
-“Ti rendi conto? Son andato via da casa ch’ero piccino, mi hanno visto sempre di meno, proprio io che ero figlio unico, me ne sono scappato via all’improvviso senza nemmeno salutare e loro parlano di gioia...”
E’ la generosità dei genitori.
-“No, è la fortuna di qualche figlio. Il guaio è che magari te ne accorgi troppo tardi”.
Non dire così, anche tu a generosità non scherzavi. Sennò mica ti avrebbero aspettato, i tuoi amici, fino a notte tarda, la domenica.
-“Dici tutta la mia banda, a partire dal Renzo, dal Roberto e dal Carlo?”
Esattamente.
-“Erano uno spettacolo. Tutte le domeniche sere mi aspettavano in piazza, al Poggio, e poi si andava in birreria giù a Castelnuovo. Quante risate e il più delle volte non si parlava di calcio, anche se giocavano pure loro”.
Toglimi una curiosità: come si sta dall’altra parte?
-“Per certi versi davvero bene. Mi vedo ogni giorno con Alessandra, cerchiamo di aiutare i nostri cari laggiù, facciamo attenzione che gli amici non si caccino nei guai e poi coltiviamo le conoscenze più recenti. Io gioco spesso a pallone con Niccolò Galli e Vittorio Mero.”
Ma dai, quello del Brescia!
“Ti assicuro che quassù le rivalità non esistono. E poi lui se n’è andato via in autostrada come me e il Brescia ha ritirato la sua maglia numero 13. Sai come ci chiamano gli avversari? Il 13 e il 14, un po’ come “il 7 e l’8” di Ficarra e Picone”.
Mi sembra di sentire un treno.
-“E’ un treno! Passa vicino alla strada e collega Aulla con Lucca. E ferma alla stazione del Poggio”.
Sai che si sta proprio bene da queste parti?
-“E’ sempre stato il mio mondo: da piccino venivo a star qui da mia nonna Iliana, tutte le estati. Si nuotava nel fiume Serchio, allora aveva le acque pulite. E in autunno si facevano scorpacciate di castagne arrosto, magari direttamente sul camino.”
A proposito di camino...
-“Ho già capito, te l’ha detto la mi’ mamma. E’ vero, ogni tanto, arrivato a sera, mi addormentavo davanti al camino. Sapessi che meraviglia!”
Hai bisogno di qualcosa?
-“Si, fammi un piacere: digli, a quelli che mi fanno nascere a Capannori, che in realtà è successo a Castelnuovo Garfagnana, dove c’è l’ospedale e dove mi sento di più a casa mia”.
Nient’altro?
-“Salutami tutti gli amici. E, tu che puoi, abbracciami forte la mamma e il babbo. E fagli sapere che anche loro, a me, hanno dato tanta gioia.”
Chicco attraversa il cancello con passo leggero.
La brezza della notte gli scompiglia un po’ il ciuffo mentre la falce di luna accarezza i castagni tutt’intorno.
Pier Carlo Capozzi
UNA NOTTE CON CHICCO TRA I CASTAGNI DEL POGGIO
di Pier Carlo Capozzi
L’autostrada che attraversa la Lunigiana sembrava un presepe.
Le luci delle frazioni, incastonate nelle colline, brillavano vivissime nella notte tersa e rischiarata da una falce di luna, da Pontremoli giù fino ad Aulla: lì si esce e si prende per una strada con molti tornanti, parallela tra l’Appennino Tosco-emiliano e le Alpi Apuane.
Di lì a poco siamo in Garfagnana, terra di castagni e castagne, popolata da gente semplice e di cuore, divisa in mille paesini dove ci si conosce tutti e, all’occorrenza, dove tutti ti aiutano.
Curva dopo curva, tornante dopo tornante, si supera Camporgiano, il paese, e si arriva al Poggio, la frazione, quattrocentocinquanta metri sul livello del mare, che diventano più di mille in un battibaleno se vai verso le Alpi Apuane: ci sono le cime imbiancate per la neve dei primi giorni di marzo, ma se arrivi fin lassù, si può vedere, incredibilmente, il mare della Versilia.
Federico Pisani mi aspetta fuori dal piccolo camposanto sempre aperto, praticamente un giardino, seduto sull’erba e appoggiato ad una pianta di castagno. Il ciuffo è sempre quello, lo sguardo sbarazzino pure.
-“Ti sei deciso a venirmi a trovare, finalmente...”
Hai ragione, Chicco, mi prendo le mie colpe.
-“Non dire bischerate, non è una questione di colpe, è che sono venuti proprio tutti.”
Lo so, si sono fatti anche i pullman.
-“Lo vedi? E poi ci sono i fedelissimi.”
Cioè?
-“Prendi il Diego, quello del ristorante “Le Stagioni”: lui viene al cimitero ogni anno”.
Lo sai che nel suo ristorante si è tenuto a battesimo il club di tifosi che porta il tuo nome?
-“Certo che lo so. E’ una delle tante iniziative che mi ha fatto sentire importante.”
Ma tu sei importante.
-“Lo sono soprattutto per mamma Rosanna e papà Enrico, che il 6 marzo ha fatto 64 anni. Fossi stato ancora giù gli avrei regalato un bel maglione grigio. Grigio perchè sta bene con tutti i colori. A mamma invece l’avrei preso rosso, le dona un tocco di bellezza in più.”
Indovina chi ha fatto gli auguri a tuo padre?
-“La Carlina. Non ho capito come faccia, ma non si dimentica mai una data!”
Chi ti viene a trovare più spesso?
-“Dal nord sicuramente Dario e Marilena. Erano in macchina con me e Alessandra, quella maledetta sera, e per fortuna si sono salvati. Si sono sposati ed hanno avuto due figli, un maschio e una femminuccia. Li hanno chiamati Federico e Alessandra.”
Grandi! E ovviamente sai che ti hanno intitolato la mitica Curva Nord.
"Conosco bene quei ragazzi, il loro attaccamento e la loro passione. Ma anche qualche loro eccesso. E’ stato un altro gesto di sensibilità nei miei confronti, così come quello di ritirare la maglia numero 14. Così come l’idea del mio scopritore Antonio Bongiorni, che a Pasqua organizza un torneo internazionale a mio nome sul campo del Margine Coperta. Se quella curva porta il mio nome, chiedo solo loro di pensare a me prima di arrabbiarsi. E sappiano che non potrò dimenticare mai quello che hanno fatto per Atalanta-Vicenza, la prima partita senza di me.”
Lo striscione dei dribbling e delle stelle?
-“Quello mi ha fatto davvero commuovere, ma è stato tutto il contesto: i miei compagni, i loro segni di croce e le preghiere al minuto di silenzio, il dueaste dei tifosi vicentini, le dediche ai gol, l’abbraccio con i nostri genitori nel dopopartita. Ma la Curva, con i suoi cori e i suoi striscioni, è stata davvero meravigliosa”.
Torniamo ai tuoi genitori: lo sai che papà Enrico mette i tuoi vestiti e le tue scarpe, ma lo fa con parsimonia perchè ha paura che si consumino?
-“Il mi’ babbo e la mi’ mamma sono davvero due persone speciali. Lo so cosa ti hanno detto di me.
Ti hanno detto che sono contenti perchè ho vissuto comunque come piaceva a me e l’ho fatto intensamente. E che a loro ho dato tanta gioia...”
Non è così?
-“Ti rendi conto? Son andato via da casa ch’ero piccino, mi hanno visto sempre di meno, proprio io che ero figlio unico, me ne sono scappato via all’improvviso senza nemmeno salutare e loro parlano di gioia...”
E’ la generosità dei genitori.
-“No, è la fortuna di qualche figlio. Il guaio è che magari te ne accorgi troppo tardi”.
Non dire così, anche tu a generosità non scherzavi. Sennò mica ti avrebbero aspettato, i tuoi amici, fino a notte tarda, la domenica.
-“Dici tutta la mia banda, a partire dal Renzo, dal Roberto e dal Carlo?”
Esattamente.
-“Erano uno spettacolo. Tutte le domeniche sere mi aspettavano in piazza, al Poggio, e poi si andava in birreria giù a Castelnuovo. Quante risate e il più delle volte non si parlava di calcio, anche se giocavano pure loro”.
Toglimi una curiosità: come si sta dall’altra parte?
-“Per certi versi davvero bene. Mi vedo ogni giorno con Alessandra, cerchiamo di aiutare i nostri cari laggiù, facciamo attenzione che gli amici non si caccino nei guai e poi coltiviamo le conoscenze più recenti. Io gioco spesso a pallone con Niccolò Galli e Vittorio Mero.”
Ma dai, quello del Brescia!
“Ti assicuro che quassù le rivalità non esistono. E poi lui se n’è andato via in autostrada come me e il Brescia ha ritirato la sua maglia numero 13. Sai come ci chiamano gli avversari? Il 13 e il 14, un po’ come “il 7 e l’8” di Ficarra e Picone”.
Mi sembra di sentire un treno.
-“E’ un treno! Passa vicino alla strada e collega Aulla con Lucca. E ferma alla stazione del Poggio”.
Sai che si sta proprio bene da queste parti?
-“E’ sempre stato il mio mondo: da piccino venivo a star qui da mia nonna Iliana, tutte le estati. Si nuotava nel fiume Serchio, allora aveva le acque pulite. E in autunno si facevano scorpacciate di castagne arrosto, magari direttamente sul camino.”
A proposito di camino...
-“Ho già capito, te l’ha detto la mi’ mamma. E’ vero, ogni tanto, arrivato a sera, mi addormentavo davanti al camino. Sapessi che meraviglia!”
Hai bisogno di qualcosa?
-“Si, fammi un piacere: digli, a quelli che mi fanno nascere a Capannori, che in realtà è successo a Castelnuovo Garfagnana, dove c’è l’ospedale e dove mi sento di più a casa mia”.
Nient’altro?
-“Salutami tutti gli amici. E, tu che puoi, abbracciami forte la mamma e il babbo. E fagli sapere che anche loro, a me, hanno dato tanta gioia.”
Chicco attraversa il cancello con passo leggero.
La brezza della notte gli scompiglia un po’ il ciuffo mentre la falce di luna accarezza i castagni tutt’intorno.
Pier Carlo Capozzi
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