23/02/2018 | 15.45
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Corriere.it: "Bella, coraggiosa e diversamente italiana: perché tutti abbiamo fatto il tifo per l'Atalanta contro il Borussia"

L’Atalanta eliminata ai sedicesimi di Europa League, esce a testa alta contro il Borussia Dortmund (Ansa)

Da corriere.it:

Non è solo perché la Dea è una "piccola": la squadra di Gasp rappresenta una piccola rivoluzione nel calcio di oggi. A partire da quello di casa nostra.


Quando si trova all'estero, il tifoso medio italiano prova a spiegarlo agli interlocutori allibiti (esclusi, per ragioni ormai chiare a tutti, i sostenitori di Real Madrid e Barcellona): è che noi viviamo nel Paese delle 100 città, in cui l'appartenenza al proprio borgo è più sentita di quella nazionale, e poi c'è Guicciardini, il particulare... Insomma, se proprio non ce la facciamo a tifare le altre squadre italiane quando giocano in Europa, le ragioni sono storiche e culturali, per non dire ataviche.
Eppure, tutto questo non è successo con l'Atalanta. Per la favolosa Dea che Gasperini ha guidato a un passo piccolissimo dagli ottavi di Europa League (negati dal Borussia Dortmund con un gol nel finale), ha invece tifato tutta Italia. E certo, la prima ragione per cui questo è successo è ovvia: l'Atalanta è una piccola. Ed è di Bergamo, città in cui non si giocano derby (a parte quello col Brescia, i cui tifosi sono forse l'unica eccezione a questo ragionamento).

Ma non è, non può essere solo questo. Se un intero Paese si è dispiaciuto quando Schmelzer ha segnato il gol-qualificazione per i tedeschi, è per il modo in cui l'Atalanta di Gasp da un anno e mezzo se ne va in giro a giocare a calcio. Un calcio spettacolare, coraggioso e offensivo: lontanissimo, cioè, da quello che all'estero sono soliti identificare con quello italiano.
E infatti, il risultato, per una volta, è passato in secondo piano. A giudicare dai complimenti e dall'omaggio unanime, a fine stagione, quando faremo il punto sulle cose belle da ricordare, esattamente come l'anno scorso l'Atalanta ci sarà. Eppure, questo lo sappiamo già oggi, i bergamaschi non avranno portato a casa nemmeno un trofeo (a meno che non eliminino la Juve in semifinale di Coppa Italia, ma pare dura dopo lo 0-1 dell'andata).
Ma non importa: la banda di vecchi bucanieri (in tutti i sensi, vero Masiello?), maturi giocolieri (Gomez), genialoidi imprevedibili (Ilicic) e soprattutto ragazzi italiani di splendide speranze (Caldara, Spinazzola, Cristante, Petagna) ha incantato tutti. Dimostrando che vincere, per carità, è importante. Però, no: non è l'unica cosa che conta. Conta provarci, fino all'ultimo, dando il massimo e soprattutto cercando di far divertire tutti, non solo i propri tifosi (perché per quello può bastare molto meno, anche vincere 1-0 su autogol al 93').
Nel calcio del terzo millennio, quella dell'Atalanta è stata una piccola grande rivoluzione: dimostrare che si può fare spettacolo senza spendere centinaia di milioni. E far vedere al mondo che anche il calcio italiano, ogni tanto prova non tanto a fregarsene del risultato, quanto ad arrivarci attraverso la bellezzza. Un po' come se Gasperini avesse cercato di opporsi a quella che sembra una condanna senza fine: quella per la quale l'Italia non possa essere che il Paese di pizza, mandolino, difesa e ripartenza. Mentre è tanto altro, a partire dalla creatività di molti ragazzi che, pur senza troppi soldi, tentano di andare alla conquista del mondo armati solo del proprio talento. Coraggio, quindi. Un altro calcio italiano è possibile.
(E se state pensando che il Napoli non è da meno in tutto questo, avete perfettamente ragione).

 

Tommaso Pellizzari
corriere.it

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