15/08/2020 | 07.37
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Cosa deve rimpiangere l'Atalanta




È mancato davvero poco per avere la meglio sul PSG.




Ridotto all’essenziale, al contrasto più evidente, il quarto di finale tra Atalanta e Paris Saint-Germain rappresentava il tipico scontro di identità tra una squadra con un gioco organizzato, capace di moltiplicare le qualità di chi lo interpreta, e una costruita accumulando talento senza una forte idea tattica di fondo. A vincere ancora una volta è stata la squadra con più talento, un finale prevedibile scritto però nel modo più imprevisto, in rimonta con due gol segnati al novantesimo e al terzo minuto di recupero.

L’Atalanta ha provato fino all’ultimo a difendere il vantaggio, ha accettato una partita fuori dalle sue corde nel secondo tempo, di difesa a oltranza senza uscire dalla metà campo, specie dopo che Tuchel, con i cambi, aveva alzato la qualità offensiva del PSG. Dall’ingresso di Mbappé al 60’ l’Atalanta non ha più tirato, mentre il PSG ha calciato nove volte, creato quattro grandi occasioni e segnato due gol.

Per 60’ si è giocato come voleva l’Atalanta

Lasciarsi sfuggire una storica qualificazione in semifinale in vantaggio per 1-0 fino al novantesimo è di certo una beffa, forse il modo più crudele per uscire di scena, ma il rammarico più grande per l’Atalanta è di non aver mostrato la miglior versione di sé, di non essere riuscita a mascherare la differenza di valori nell’unico modo in cui avrebbe potuto farlo, spingendo al massimo il suo gioco.

È vero che l’assenza di Ilicic, e della sua qualità che sarebbe stata utile anche solo per conservare la palla e ridurre il possesso del PSG, rendeva le cose più difficili. A fine partita se ne è lamentato anche Gasperini: «Ultimamente siamo stati meno brillanti in attacco anche perché abbiamo dovuto sostituire Ilicic con dei centrocampisti, non avevamo uno con le sue caratteristiche. C’era Muriel ma me lo tenevo stretto per dare una svolta alla partita». La punta che chiudeva la catena laterale a destra era quindi Pasalic, che di solito invece viene schierato da trequartista. In quel ruolo Gasperini ha preferito non rinunciare a Gómez, alla sua capacità unica di intervenire sulla manovra a ogni altezza del campo, di collegare le catene laterali e far avanzare la palla muovendosi liberamente per sovraccaricare le fasce, soprattutto a sinistra.

 



















Un caso esemplare di circolazione della palla da una fascia all’altra, in cui addirittura c’è solo Zapata all’interno del blocco del PSG. Gómez riceve di fianco a Herrera e cerca una rifinitura classica, il cross sul secondo palo per Hateboer.

 

Il senso della scelta di Gasperini è racchiuso nei secondi che hanno portato al gol del vantaggio. Gómez ha conquistato il fallo che ha permesso all’Atalanta di iniziare l’azione nella metà campo del PSG dopo che Caldara aveva intercettato un lancio di Navas, Pasalic l’ha conclusa facendosi trovare smarcato dietro Bernat e calciando a giro col sinistro sul palo più lontano. È stata un’azione confusa, rifinita con un rimpallo su Zapata che ha fatto arrivare la palla a Pasalic, ma comunque significativa nel sintetizzare i principi offensivi dell’Atalanta: la circolazione iniziale sulla fascia destra, l’occupazione degli half-spaces con le avanzate di un difensore, Tolói a destra, e di un centrocampista, Freuler a sinistra, la finalizzazione sul lato debole dietro l’ultimo difensore, dopo aver disordinato la linea difensiva attirandola verso la zona della palla.

 



















Nella prima immagine il triangolo formato a destra da Pasalic, de Roon e Hateboer, mentre Tolói sta correndo per inserirsi. Nella seconda il momento in cui Zapata allunga la gamba e fa arrivare la palla a Pasalic. Tolói si è spinto fino in area, liberando Pasalic dalla marcatura di Bernat.

 

Tornando indietro ancora di qualche secondo, è visibile in modo chiaro il tema che ha contraddistinto la partita per circa un’ora. L’Atalanta non è stata la solita nella fluidità della circolazione, nell’ambizione di sfidare le linee di pressing del PSG palla a terra, ma con altri tratti tipici del suo gioco, l’aggressività e le marcature a uomo, ha spinto il PSG a costruire l’azione in modo più diretto del solito, ad appoggiarsi ancora di più al talento di Neymar. In parte è stata una scelta precisa di Tuchel, come ha rivelato Marquinhos: «Non appena avevamo la palla, dovevamo subito trovare i nostri attaccanti. Sapevamo che i duelli individuali avrebbero fatto la differenza».

 

Forse Tuchel avrebbe preferito una costruzione più ragionata, verticale ma palla a terra, sta di fatto che per un’ora i temi che più degli altri hanno indirizzato la sfida sono stati i lanci di Navas e i duelli tra i difensori centrali dell’Atalanta e il tridente offensivo del PSG.

 

Se il duello veniva vinto da un attaccante del PSG, la metà campo dell’Atalanta si apriva e la squadra di Tuchel andava subito in porta, come ad esempio nell’occasione avuta da Neymar al terzo minuto, quando è arrivato da solo in area davanti a Sportiello ma ha calciato male con l’interno del piede destro mandando la palla fuori.

 

Se invece la palla veniva conquistata da un difensore, l’Atalanta poteva attaccare trovandosi già nella metà campo avversaria, iniziando la sua tipica circolazione laterale senza però risalire velocemente il campo. La costruzione del PSG, con i difensori e i centrocampisti bassi e vicini, non serviva solo ad attirare in avanti i marcatori atalantini e aprire linee di passaggio verso le punte, ma teneva anche protetta la metà campo sulla transizione difensiva dopo la perdita del possesso, togliendo all’Atalanta la possibilità di andare subito in verticale verso la porta.

 

Il PSG ruotava intorno a Neymar

Ovviamente il piano di Tuchel ruotava attorno a Neymar, il giocatore che più di tutti, con la sua genialità nell’uno contro uno, poteva mandare in crisi il sistema difensivo dell’Atalanta. Anche nella posizione in campo Neymar era il centro del sistema. Tuchel lo ha infatti messo al centro del campo tra Icardi (spostato a destra) e Sarabia (schierato a sinistra), per fare da riferimento sull’uscita della palla dalla difesa muovendosi in ogni direzione. Se non veniva cercato direttamente con un lancio o una verticalizzazione, Neymar poteva spostarsi a destra o a sinistra per ricevere la sponda di Sarabia o Icardi e puntare frontalmente i giocatori dell’Atalanta.

 

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Navas non ha opzioni sicure vicino a lui e allora cerca Neymar, che si abbassa a centrocampo e appoggia a Gueye.

 

La scelta di portare Neymar al centro aveva anche un senso dal punto di vista difensivo. Toglierlo dall’amata fascia sinistra significava infatti evitargli pressioni e corse all’indietro, compiti che non può sostenere, sulla circolazione dell’Atalanta che, come è noto, si concentra sulle fasce ed evita il centro. Al suo posto a sinistra ha giocato Sarabia, che rendeva asimmetrico lo schieramento abbassandosi a centrocampo, mentre invece Icardi e Neymar restavano più avanzati al centro del campo. Il PSG disegnava di fatto un 4-4-2 nelle fasi di possesso consolidato dell’Atalanta.

 

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Sarabia si abbassa a sinistra, Neymar e Icardi restano in avanti.

 

Nonostante i tentativi di creargli attorno un supporto adeguato, Neymar ha sovrastato il sistema. Senza i suoi dribbling, semplicemente il PSG non sapeva come portare la palla in area. Ovviamente Neymar non si è tirato indietro, esaltandosi nelle situazioni più complicate, lontano dalla porta e circondato da avversari. Per avere un’idea degli sforzi che gli venivano chieste e delle responsabilità che ha accentrato, basta dire che ha finito la partita eguagliando il record di dribbling riusciti in una partita di Champions League: 16 (su 20 tentati).

 

I cambi hanno modificato la partita

Anche se già nel primo tempo Neymar aveva avuto almeno un paio di grandi occasioni per segnare, la pericolosità del PSG si è impennata dopo l’ingresso in campo di Mbappé, recuperato all’ultimo dopo un infortunio alla caviglia che sembrava dovesse escluderlo dalla partita. Oltre, banalmente, a essere più forte, più pericoloso e intraprendente di Sarabia palla al piede, Mbappé ha alzato la qualità degli scambi e dei movimenti in un momento in cui l’Atalanta non riusciva più a essere intensa come nel primo tempo, a pressare con la stessa aggressività, e si era abbassata permettendo al PSG di restare stabilmente nella sua metà campo. Oltretutto senza Gómez, uscito acciaccato dal campo e sostituito da Malinovskyi, per la squadra di Gasperini era diventato più difficile conservare la palla e alzare il baricentro.

 

A dare un’ulteriore svolta alla partita è stato poi l’ingresso di Choupo-Moting al posto di Icardi, rimasto ai margini del gioco in una posizione larga a destra che di certo non ne esaltava le caratteristiche. Forse Tuchel si aspettava che Icardi riempisse l’area tagliando da destra sulle rifiniture provenienti dal lato opposto, ma all’argentino non è mai riuscito quel movimento. Oltre a essere una minaccia più credibile palla al piede, come quando al novantesimo ha ricevuto largo a destra, si è girato verso il centro e con il sinistro ha crossato propiziando il gol del pareggio di Marquinhos, Choupo-Moting ha segnato il gol decisivo proprio con il movimento che probabilmente Tuchel si aspettava da Icardi, tagliando cioè in area da destra sul cross di Mbappé.

 

È un’azione con cui il PSG ha segnato moltissimi gol in stagione e che contro l’Atalanta si è materializzata quando ogni tassello è tornato al posto giusto. Neymar che ha dato il passaggio in profondità dal mezzo spazio sulla sinistra, Mbappé che ha tagliato dietro la difesa e un attaccante finalmente puntuale nel movimento in area per girare in porta il cross basso.

 

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L’azione che ha portato il PSG in semifinale.

 

Quando il PSG ha alzato il potenziale offensivo la partita per l’Atalanta è diventata troppo difficile, una lunga resistenza che si è interrotta solo al novantesimo.

 

Se è vero che la capacità di adattarsi alle condizioni mutevoli di ogni partita, di saper soffrire nei momenti difficili, è un segno di maturità associato di solito alle grandi squadre, quando l’Atalanta non è più riuscita a giocare secondo le sue abitudini la differenza nel talento è apparsa troppo grande e alla fine è stata decisiva

fonte ultimoumo.com

By marcodalmen
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