29/07/2019 | 14.52
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Cosa può dare all'Atalanta Malinovskyi?

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Il centrocampista ucraino è il terzo acquisto più costoso della storia della Dea. Ecco perché Gasperini ha deciso di puntare sull’ex Genk

 

Negli ultimi anni, quando l’Atalanta ha pescato a nord, è riuscita a trasformare giocatori di valore medio in nazionali. Dell’acquisto di Marten de Roon i primi a stupirsi furono gli olandesi, visto che in Eredivisie sembrava uno dei tanti, un soldatino disciplinato ma privo del quid necessario per giocare in un top club del campionato (e infatti fu scartato dal Feyenoord). Stesso discorso nella Super League svizzera per Remo Freuler.

Di Hans Hateboer piaceva la corsa instancabile sulla fascia del Groningen, ma anche in questo caso non c’era paragone – quantomeno a livello potenziale – con quanto produceva un club come l’Ajax nel medesimo ruolo (Ricardo van Rhijn, Ruben Ligeon, Kenny Tete). Timothy Castagne, infine, a Genk aveva addirittura conosciuto la panchina nel suo ultimo anno, a causa di un rapporto non semplice con il tecnico Peter Maes. Talento si, ma in fase calante dopo appena poche stagioni.

L’evoluzione delle carriere di questi giocatori l’abbiamo vista tutti. Quest’anno però l’Atalanta ha cambiato parzialmente strategia con l’acquisto di Ruslan Malinovskyi, centrocampista ucraino che nel giro della nazionale gravita ormai da quattro anni, nonché reduce da un campionato vinto da protagonista con  il Genk. Un trasferimento che ha quindi alzato l’asticella, tanto dal punto di vista delle aspettative, quanto da quello economico, visto che i 13.5 milioni di euro spesi dall’Atalanta per Malinovskyi collocano il giocatore al terzo posto – dopo Luis Muriel e Duvan Zapata – tra i più costosi di sempre del club orobico.

Malinovskyi è un giocatore che offre a Gasperini tre opzioni tattiche, potendo fare – in un discorso puramente tattico – il De Roon, il Freuler (o il Pasalic) e il Gomez. Una varietà di collocazione ampliata e consolidata dal giocatore soprattutto nell’ultimo anno a Genk, sotto la guida di Philippe Clement. Il tecnico belga, che dopo aver vinto il campionato con il Genk ha firmato proprio con la squadra che aveva battuto, il Club Brugge (di cui già era stato vice ai tempi di Michel Preud’Homme), ha lavorato molto su due aspetti un po’ carenti nel bagaglio di Malinovsky: la fase difensiva e l’approccio all’errore nel corso della gara.

Prima di arrivare in Belgio, infatti, l’ucraino si era disimpegnato principalmente come numero 10 alle spalle della punta, ma anche quando giostrava centralmente in una mediana a quattro con difesa a tre, a lui toccava il compito di fare da elastico tra i reparti. Clement invece, spinto dalla necessità di regalare maggiore profondità offensiva al talento norvegese Sander Berge, ha chiesto a Malinovskyi uno sforzo maggiore sotto il profilo del contenimento, sempre comunque nell’ottica di una grande fluidità tattica che ha caratterizzato l’ultimo Genk.

In Limburgo l’ucraino si è rivelato uomo prezioso proprio grazie a questa sua malleabilità: nella prima parte della stagione ha agito da interno in un modulo che prevedeva già un numero 10 – lo spagnolo Alejandro Pozuelo – per poi tornare ad avanzare il suo raggio di azione una volta che Pozuelo è stato ceduto nella MLS. Da play puro ha disputato il play-off scudetto (girone all’italiana con partite di andata e ritorno tra le prime sei classificate della regular season), totalizzando 4 reti e 3 assiti in 9 partite. Nei precedenti 28 match di Pro League, invece, i gol realizzati sono stati 9 e gli assist altrettanti. Il piede di calcio preferito è il sinistro, fino a dodici mesi fa più potente che preciso, mentre oggi i miglioramenti sono stati evidenti anche in questo ambito.

Si accennava anche al lavoro di irrobustimento mentale e di gestione della pressione svolto da Clement su questo classe ’93, diventato più lucido e meno emotivo nella gestione delle situazioni di gioco. Malinovskyi è cresciuto nella scuola calcio dello Shakhtar Donetsk, dove è entrato all’età di 12 anni ritrovandosi, da un giorno all’altro, a 860 chilometri da casa sua, Zhytomyr, Ucraina del Nord. Il diretto interessato ha raccontato di come nell’Accademia dei Minatori una delle grandi priorità era sgonfiare gli ego troppo grandi, indipendentemente dal talento posseduto. Lui non apparteneva a tale categoria, ma certi approcci hanno comunque lasciato il segno e, nel suo caso, sono stati elaborati attraverso un criticismo eccessivo nei confronti delle propria capacità.

In poche parole: un errore in campo ne induceva subito un altro, con forti conseguenze sul rendimento complessivo. Malinovskyi fu infatti scartato dallo Shakhtar, che però rimase proprietario del cartellino rendendo di fatto impossibile il suo ingaggio in qualche società minore. Qualche tempo dopo però lo riprese, anche se fu solo per la conseguenza di un effetto a catena. L’allora allenatore dell’under-21 si era trasferito a Sebastopoli, portando con sé diversi giocatori e costringendo il club del Donbass ad attingere dallo Shakhtar-3 (l’under-19, all’epoca militante nella terza divisione ucraina, ma oggi defunto) per rimpolpare la rosa.

Malinovskyi faceva parte degli “scarti” richiamati per tappare i buchi creatisi nello Shakhtar-3. La sua carriera è quindi partita a rilento dalla terza divisione, per poi passare alla seconda con il FC Sevastopol e alla prima con lo Zorya Luhansk. Lì, con una doppietta realizzata nel preliminare di Europa League allo Charleroi, fece drizzare le antenne agli addetti ai lavori belgi.

Malinovskyi ha debuttato in nazionale il 31 marzo 2015, diventando però titolare solo due anni dopo. Oggi il ct Andriy Shevchenko lo schiera accanto a Zinchenko in un centrocampo a tre con Taras Stepanenko vertice basso e lui a dividersi in compiti di creazione del gioco con Oleksandr Zinchenko. Nelle ultime tre gare di qualificazione a Euro 2020 ha collezionato 4 assist, mentre delle finora 2 reti realizzate in nazionale, una l’ha segnata all’Italia lo scorso 10 ottobre.

Malinovskyi è l’ennesima perla di quella fabbrica di plusvalenze (+ 110 milioni di euro dal 2015 a oggi) che risponde al nome di Genk, club abile, anno dopo anno, a proporre giocatori – provenienti dal vivaio o frutto dello scouting – appetibili per i grandi mercati. Plusvalenze in senso positivo, non artifizi contabili per sistemare i bilanci come da tradizione italica. Costato 4.5 milioni in meno di Milinkovic-Savic ma più del doppio di Castagne, Malinovskyi appare l’ennesimo giocatore destinato a beneficiare del tocco magico della Dea.

 

Alec Cordolcini per quattrotretre.it

By sigo
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