20/05/2025 | 16.45
18

Cosa sei, Martino?

Un lungo e bel pezzo di bergamonews.it su Marten DeRoon con due video. Uno loro (intervista) e uno che riproponiamo, di un anno fa, di quella magica sera di Dublino della quale ricorrera' dopodomani il primo anniversario. Parole in piu'? non servono, solo leggere e vedere i video
da bergamonews.it:

È uno degli uomini simbolo dell’Atalanta dei miracoli, quella che sotto la guida di Gian Piero Gasperini ha raggiunto traguardi impensabili: le qualificazioni in Europa League prima e in Champions poi, le finali di Coppa Italia, il sogno scudetto, la storica vittoria di Dublino.
Da calciatore Marten De Roon ci ha messo pochissimo a farsi apprezzare, ma ben presto i tifosi nerazzurri si sono resi conto di quanto a livello umano quell’olandese arrivato dall’Heerenveen da semi-sconosciuto fosse simile a loro: lo hanno celebrato in campo e anche per le strade di città alta, nel giorno della consegna della benemerenza civica.
Tra nemmeno un mese riceverà anche un altro riconoscimento, quello dell’Accademia dello Sport per la Solidarietà di Bergamo: al termine del torneo solidale che organizza alla Cittadella dello Sport di via Gleno dal 21 maggio al 6 giugno, sarà “incoronato” Golden Vip, per il suo impegno e le sue conquiste in ambito sportivo.
All’Accademia dello Sport per la Solidarietà di Bergamo ha concesso la lunga intervista che pubblichiamo di seguito, contenuta nell’edizione 2025 del libro dell’associazione, in cui emerge il Marten uomo, prima del calciatore.

“Marten, ti piace la pasta?”

Quando de Roon risponde al telefono, dall’altra parte della cornetta c’è il suo procuratore. Gli sta proponendo di cambiare completamente vita, facendo la sua prima esperienza fuori dall’Olanda: lasciare l’Heerenveen, squadra con la quale aveva appena rinnovato il contratto, prendere sua moglie Ricarda, in dolce attesa della secondogenita Evie, la piccola Linn-Sophie e trasferirsi in Italia, a Bergamo, per giocare con l’Atalanta.

“Non l’avevo mai sentita nominare, l’ho cercata su Google”

scherza ora il capitano nerazzurro, col suo bagaglio di oltre 300 presenze con una maglia che oggi si è cucito più che mai addosso.
Cresciuto a Hendrik-Ido-Ambacht, cittadina dell’Olanda Meridionale a metà strada tra Rotterdam e Dordrecht, non ha mai dimenticato le sue radici. Calendari fitti di partite, tra impegni col club e con la nazionale, gli impediscono di farvi rientro spesso, ma appena possibile si imbarca sul primo aereo e torna a bussare alla porta di papà Wouter e mamma Marloes.
Lì conserva tantissimi ricordi, ovviamente, legati agli amici d’infanzia, ai luoghi che per primi hanno rappresentato per lui una parte del percorso verso il professionismo.

“È un paesino tranquillo, in cinquecento metri avevo tutto ciò che mi serviva – racconta oggi Marten de Roon – Da piccolo mi piaceva andare in bicicletta, ma il mio primo pensiero, già dai 2-3 anni, è sempre stato il pallone”

Come dei flashback rapidissimi, affiorano i racconti dei genitori:

“All’epoca andavamo in vacanza in Francia, in campeggio. Io prendevo la palla e iniziavo a fare il giro di tutte le tende per chiedere se qualcuno volesse giocare con me. È stata come una vocazione, volevo sempre giocare a calcio anche se dai 7 ai 12 anni ho praticato anche il tennis a buoni livelli. Poi ho dovuto fare una scelta tra i due: ero già nel settore giovanile del Feyenoord, non è stato difficile prendere questa strada”

Ma se lo sport rivestiva già una fetta importante della sua vita, il piccolo Marten non ha mai abbandonato la scuola:

“Ero bravo e mi piaceva anche andarci: c’erano tutti i miei amici, mi divertivo. Sono una persona molto competitiva e anche tra i banchi volevo essere il primo, il migliore, il più veloce a fare le cose. E questo a volte mi portava anche a fare degli sbagli. Sia i miei genitori che la società Feyenoord sono sempre stati molto chiari: se vuoi continuare a giocare a calcio devi avere successo anche a scuola. Pensate a quanti ragazzi sognano di diventare dei calciatori: in quanti alla fine riescono davvero ad arrivare? L’educazione è importante, in ogni caso”

In famiglia c’erano anche Elianne, la sorella più grande, e Marise, quella più piccola. Ed è soprattutto a lei che va il pensiero quando si parla dei suoi primi passi nel mondo del calcio:

“Mi seguiva sempre alle partite, con mamma e papà. Solo a distanza di anni ho realizzato quanti sacrifici hanno fatto per me, facendo un lavoro straordinario: per sostenere il mio sogno hanno acquistato una seconda auto, ci sono sempre stati. E se guardo indietro penso che l’avere avuto una famiglia stabile e presente, che non mi ha mai messo alcuna pressione affinché diventassi qualcuno, sia stata una delle mie più grandi fortune”

Il rammarico di non poterli vedere con maggiore frequenza è tanto:

“Mi dispiace non riuscirci, ma quando torno mi sento sempre a casa. Il paese è cambiato tanto, ma ci conosciamo tutti e ogni volta mi vengono in mente tanti aneddoti: giocavamo sempre e ovunque, per strada, nei parchi. Avevamo una piccola porticina, giocavamo a calcio anche in cucina: ora mi rendo conto che non deve essere stato facile per mia mamma tenere tutto in ordine. Per noi bambini era normale, ma crescendo ho capito che è stata una parte molto felice della mia vita”

Oggi de Roon ha tre figli: Linn-Sophie, Evie e Rein. A Bergamo hanno trovato la loro seconda casa, anche se pure per loro la famiglia resta sempre al primo posto:

“Abbiamo un buon equilibrio tra il tempo che dedico al calcio e quello alla famiglia. Mia moglie Ricarda è il mio punto fermo, ha un ruolo centrale nella mia carriera. È bello sapere che a casa c’è sempre qualcuno che mi sostiene. Anche nei momenti difficili mi ha sempre supportato. E questo per me è fondamentale”

Parla lentamente, ma con decisione. Gli piace raccontarsi, senza mai esagerare:

“Sono abbastanza calmo, non mi arrabbio mai troppo. Mi arrabbio con me stesso se sbaglio, quello sì. E ci metto sempre la faccia”

Come quella volta a Manchester, nella storica notte di Champions con lo United:

“Mi vergognavo. Avevo sbagliato e ci avevano segnato. Quando dopo il fischio finale mi sono presentato davanti ai microfoni, tutti mi hanno detto: bravo. Questo per me è importante: assumermi le responsabilità. La gente lo ha capito e mi ha dato ancora più forza”

Anche per questo ha deciso di imparare la lingua italiana:

“Perché quando sei in un altro Paese, devi sforzarti di capire. È una questione di rispetto”

Ecco, il rispetto. Quello per gli altri, per l’ambiente che lo ha accolto. De Roon si è immerso nella realtà bergamasca, ha lottato in campo con la maglia nerazzurra, ha difeso la Dea anche sui social, con ironia e intelligenza.
Ma ha anche sofferto, quando quella stessa Bergamo è stata travolta dalla pandemia.

“Non riuscivamo a capire cosa stesse succedendo. Ma c’era tristezza, c’erano dolore e silenzio. Poi, quando finalmente è finito tutto, siamo tornati a giocare. E anche se non potevamo ancora abbracciarci, siamo riusciti a restare uniti. Il popolo bergamasco è tosto, forte. Lo abbiamo capito in quei giorni, ma lo avevamo già imparato prima. Nessuno si lamenta mai, anche quando soffre. È un insegnamento”

Un insegnamento che de Roon ha portato anche nel suo ruolo di capitano:

“Sento il peso e l’onore della fascia. Non sono molto bravo a parlare negli spogliatoi, preferisco dare l’esempio sul campo. Ma se devo dire qualcosa, la dico. E tutti mi ascoltano. Perché sanno che lo faccio con il cuore”

E lo stesso cuore, Marten lo mette nel progetto benefico che porta avanti ogni anno con la sua famiglia:

“Organizziamo una partita di calcio e una cena, raccogliamo fondi e li devolviamo a chi ha bisogno. In passato abbiamo sostenuto l’ospedale oncologico pediatrico di Rotterdam, poi abbiamo aiutato alcune persone con disabilità. Quest’anno lo faremo ancora”

Un esempio dentro e fuori dal campo. Un uomo vero. Uno di noi.

-----------------------------------------
By staff
18 commenti
Fartur
20 Maggio 2025 | 22.35

I giocatori passano, gli “Uomini” restano per sempre.

Jason80
20 Maggio 2025 | 21.23

Bergamo ha amato Deroon dal primo giorno. É stata una infatuazione collettiva...il destino di Martin é sempre stato quello di essere il nostro Capitano. Spero anche allenatore.

EMANUELE-B
20 Maggio 2025 | 20.36

il mio capitano è biondo e svedese...ma la sua versione moderna ed attuale sei proprio tu.... grazie Martino

Gian71

In risposta a: EMANUELE-B

21 Maggio 2025 | 15.23

Mi hai tolto le parole di bocca

claudiocaniggia
20 Maggio 2025 | 19.50

La sua prima uscita, fu appena arrivato a Bg, fu salire sul palco della festa della Dea e parlare in bergamasco !! Capii subito che questo ragazzo era un fenomeno !! Poi lo conobbi di persona e lo vedevo spesso in un  bar alla mattina a Bg. Sempre disponibile e educato. Bergamasco vero.

Oscar1962
20 Maggio 2025 | 19.43

Adoro questo ragazzo. Mi ci sono proprio affezionato.

Sono stra-convinto che quest'anno Lui e altri della vecchia guardia ci hanno di nuovo trascinati in Champions.

Un manipolo di ottime persone e professionisti. Come vecchio tifoso gli sono grato.

madonna
20 Maggio 2025 | 18.47

Vi giuro che lo notai dalla prima partita in coppa Italia. Mi sembrò Glenn in carne e ossa. Stesso movimenti con le braccia. 

Vi confesso anche che quando vidi Bakker e Godfrey giocare la prima amichevole capii che da noi avrebbero fatto fatica. Forse il calcio è più semplice di ciò che sembra

PaciPaciana1907

In risposta a: madonna

20 Maggio 2025 | 18.58

Bakker a me non dispiaceva, è un giocatore che può fare bene giocando con continuità. Godfrey si è visto da subito che era un disastro

brignuca

In risposta a: madonna

20 Maggio 2025 | 19.39

Bakker è "anarchico" ha numeri da buon giocatore ma in un sistema come quello di Gasp non basta, devi giocare con gli altri (il top di questi tipo di giocatore fu Rigoni)

libero
20 Maggio 2025 | 18.45

10 100 1000 De Roon

CHARLES
20 Maggio 2025 | 18.29
Grande giocatore spesso sottovalutato ma la coda più importante persona veramente speciale a Zingonia si ferma sempre a chiacchierare con noi tifosi e lo vedi felice 
BOMBA
20 Maggio 2025 | 18.26

Ma chi è Ma chi è 🖤💙🕺


dolcissimo2
20 Maggio 2025 | 18.03

persona immagine credibile e sincera,spero e credo che restera nei quadri societari anche poi

moreto
20 Maggio 2025 | 17.29

forse qualcuno non si rende ancora conto che dietro i successi sportivi di tutti questi ultimi dieci anni ,ci sono queste "belle anime semplici "di gente straordinariamente normale ma vera, onesta, allegra, attenta,premurosa e piena di spontaneo amore per l'altro, come il MARTINO ( ma anche RAFA, bigDJIM,superMARIO e altri ). E' troppo semplice,banale , vile e disonorevole, vincere da più forti perchè ce lo si può permettere o perchè qualcuno lo vuole e dispone.Mentre ci vuole ardore,coraggio,sudore,sofferenza,determinazione e fede per vincere da umili eroi con l'onore che rimane per sempre ! MARTINO combatte, lotta vince e perde per NOI e con NOI ed è uno di NOI per sempre. MARTINO è UNICO e SPECIALE ma sa essere fratello e amico in ogni momento sul campo e nella vita !

Mapi-BA

In risposta a: moreto

20 Maggio 2025 | 17.47

 Moretto, hai  detto tutto!  👏

Mondo21

In risposta a: moreto

20 Maggio 2025 | 18.25

Belle parole Moreto che condivido pienamente sia con la mente che con il cuore

EMANUELE-B

In risposta a: moreto

20 Maggio 2025 | 20.38

Chapeau Moreto 

unodibergamo
20 Maggio 2025 | 17.19

Probabilmente per quello che ha rappresentato, che rappresenta e che (spero) rappresenterà, il miglior uomo/giocatore che abbia mai indossato la nostra maglia. A distanza di anni abbiamo trovato il nuovo Glenn e la sua scelta di vita di rimanere a Bergamo anche quando arriverà il momento nel quale si dovrà scrivere la parola fine alla sua avventura da calciatore lascia in me la speranza che possa ancora lavorare per l'Atalanta per tanti ma tanti anni.