07/10/2016 | 04.36
0

''Cuadernos'' - Napoli è un destino

Gli faceva male la testa.

Charo gli aveva gentilmente offerto il suo divano.

Xavi e Pablo erano alla scuola calcio di Villava. Pomeriggio tiepido ai piedi dei Pirenei.

Aveva pranzato da Charo dopo una vita. Ma solo un paio di forchettate di insalata con il tonno del Cantabrico e olive di Murcia.

Il mal di testa era dovuto, forse, alla poca voglia di vivere che gli era rimasta. La routine lo stava schiacciando. La pigrizia lo stava soffocando.

Poche visite a Charo, che non lo sopportava quasi più. Quasi più nessuna visita al Tio, che invece lo aspettava come una boccata d’ossigeno per buttare la sua vita un altro passo più in là. Senza però avere mai il coraggio di chiamarlo, per il pudore di disturbarlo.

Lui invece si divorava il tempo, che non impiegava nei viaggi di lavoro, sdraiato sul letto mai rifatto di casa sua, con la musica di Gato Barbieri e il buio di una stanza della quale, da mesi, non apriva più le imposte.

Aveva pranzato da Charo per pietà, più per sé stesso che per la donna che lo amava e lo aspettava da una vita. Ma aveva rifiutato il suo divano per addomesticare con un pisolino il suo mal di testa, perché sentiva di aver dentro di sé qualcos’altro da fare.

Scese dal Tio che erano quasi le tre.

Il cane Ernesto gli si fece incontro. Come se stesse ritornando un amico partito anni prima per la guerra. Come un fratello scomparso. Come un figlio redento.

Quando entrò in casa, el Tio stava già stappando una bottiglia di Cesilla bianco. Come lo avesse sentito arrivare da lontano.

Solo il tempo di collegare il computer al televisore del vecchio amico e la partita, trafugata in streaming, apparve sullo schermo.

La formazione dell’Atalanta era da brividi. Ragazzini buttati nella mischia dal primo minuto. Facce limpide di adolescenti a scontrarsi con quelle rigate di campioni navigati.

Gli sfuggì un leggero gesto di stizza.

El Tio è vecchio. Ma della vecchiaia ha saputo cogliere quanto c’è di buono. Occhio vigile, saggezza e capacità di digerire ancor prima di ingioiare.

“Napoli è un destino.”

“Cosa vuoi dire, Tio?”

“Né più, né meno di quello che ho detto.”

“Non capisco.”

“Non c’è nulla da capire. Ho detto solo tre parole. Prendile per quelle che sono. Non cercare di scavare dentro i significati, quando è tutto semplicemente in superficie.”

Un brindisi con il primo bicchiere al fischio di Rizzoli.

Meno di dieci minuti e gol di un giovane armadio. Un po’ grezzo, ma carico di quell’umiltà che impone la maglia che indossa.

Poi uno svizzerino dalla faccia da chierichetto che sale in cattedra senza esserne stato invitato. E quattro ventenni che in campo parevano essere in dodici.

El Tio non parlò per tutta la partita. Si limitò a bere.

Nemmeno nell’intervallo commentò. Preparò invece quattro uova e un po’ di pancetta. Così, per ingannare l’attesa.

Partita finita. L’Atalanta più criticata degli ultimi anni aveva avuto ragione del Napoli più organizzato egli ultimi anni.

“Napoli è un destino. Me lo spieghi?”

“La monetina di Alemao. L’errore di posizione di Jack Bonaventura sul pareggio di Cavani, dal quale Jack costruì il suo essere campione. Perché è dagli errori che si diventa campioni. La partita più maestosa del maestoso Carlos Carmona. E molto altro che scoprirai solo smuovendo i tuoi ricordi.”

Finirono la bottiglia parlando di lui. Di Charo. E della polmonite del Tio, che si sperava non ritornasse nell’inverno prossimo a venire.

Uscì dalla cascina del Tio che era ancora buio. Con il cane Ernesto che lo accompagnò fin sulla strada.

In macchina pensò e ripensò alla frase “il Napoli è un destino”, ma comprese che non erano quelle tre parole il vero insegnamento del Tio.

Ne realizzò veramente il senso soltanto arrivato a casa. Sdraiato sul letto, con lo stereo che diffondeva, leggera, la voce di Ella Fitzgerald.

“Non cercare di scavare dentro i significati, quando è tutto semplicemente in superficie.”

Ad occhi chiusi rivide le immagini della partita appena conclusa.

E ripensò alle parole di Gasperini. Di Sartori. Del presidente.

…E a quella frase del Tio…

 

 

Rodrigo Dìaz

By staff
0 commenti