Dea - Real, nel cuore della favola
Un bel pezzo, forse un po' retorico, dal sito calcioweb.eu
Per comodità, per pigrizia, per iperbole giornalistica la si chiama ‘favola’. E va bene, stiamo al gioco, al gioco della favola.
…e venne il 14 agosto dell’anno del Signore duemilaventiquattro, quando una città, una tifoseria, si spostò, da Bergamo per andare a celebrare il sogno, il sogno della finale dalla Supercoppa Europea contro nientemeno che il Real Madrid.
Eh sì, che il sogno sta nell’idea, nello stare allo stesso tavolo del re, mica nel risultato che se viene è meraviglioso, ma se non viene cambia poco nella favola. Perché la cosa figa della favola è starci dentro, è scambiare due chiacchiere con Bianconiglio di Alice nel Paese delle meraviglie o ubriacarsi e ragionare tutta la notte col Cappellaio Matto.
E i tifosi dell’Atalanta in questa notte magica, sognata da decenni, rappresentano lo stupore, l’essenza del football, quello che ti porta dall’altra parte della paura, dove c’è un campo, il campo dell’irraggiungibile, il campo dei sorrisi, il campo di chi non c’è più ma c’è ancora in quelle maglie.
Eh si, questa favola non ha colori – se non per i tifosi più beceri, più stupidi, meno adusi alla bellezza dello sport. Oggi l’Atalanta fa un dono di proporzioni immense, incalcolabili a tutti coloro che hanno trovato nel football e nello sport in genere l’ultima Thule di porzioni di esistenza complicate. Tutto questo e molto di più è Real Madrid-Atalanta.
E il tifo non c’entra più e chi vince e chi perde non c’entra più, qua siamo dalle parti di chi – come Robert De Niro in “Taxi driver” – vuole disperatamente provare a se stesso di essere vivo, esercizio che la provincia pone in essere ogni santo giorno.
E il 14 agosto del 2024 l’Atalanta ci fa sentire vivi tutti quanti e si fottano le rivalità si fottano i cori da stadio. Essere Atalanta oggi è essere dalla parte del football, dalla parte del sogno, dalla parte di chi non ci sta a un destino segnato.
Ecco, questa è la favola dell’Atalanta, questa è la favola del football, come lo furono quella del Derby County e del Nottingham Forest di mister Brian Clough e come si fa a non trovare un respiro di infinito in queste storie?
Ma, dicevamo all’inizio, è solo un cedere al romanticismo, alla poesia chiamarla favola, perché se ci guardi bene dentro ai sogni ci trovi perseveranza, ci trovi sacrificio, un pizzico di follia, molta competenza e spesso tanto, tantissimo tempo.
Ecco perché, fuori dall’iperbole poetica – che piace a tutti quanti – in questa storia tutta bergamasca c’è poco di “miracolo”, di “favola”.
La storia dell’Atalanta Bergamasca Calcio parla chiaro, chiarissimo: in 117 anni di vita solo una stagione (81/82 e con immediato successo) l’ha vista ai nastri di partenza della serie C, tutto il resto del curriculum della “Dea” racconta di serie A (66 presenze) e serie B (34 partecipazioni e quasi tutte da protagonista).
A questo aggiungiamoci un successo in Coppa Italia già negli anni sessanta (62/63 per l’esattezza), la recentissima vittoria dell’Europa League (23/24) e ben 13 partecipazioni alle competizioni europee delle quali 4 in Champions League (nelle ultime sei edizioni). Il tutto al netto delle imprese singole (Everton-Atalanta 1-5, Valencia-Atalanta 3-4, Liverpool-Atalanta 0-2, Ajax-Atalanta 0-1, Liverpool-Atalanta 0-3, Atalanta-Olimpique Marsiglia 3-0 solo per citarne alcune).
O, se più vi piace, al netto di talenti prodotti dal settore giovanile o scovati giovanissimi negli angoli più sperduti del mondo o al netto dello stadio di proprietà rifatto per intero, al netto di una via segnata per chiunque volesse perseguirla, una via che ti lascia in bocca il sapore dell’impegno, a volte di intere generazioni. Una storia molto bergamasca, appunto.
Potremmo continuare all’infinito, potremmo mettere in fila decenni di duro lavoro e di programmazione scientifica, di proprietà sane e investimenti mirati, ma se vi piace chiamarla favola, non saremo noi a rompere l’incantesimo.
E che favola sia, allora… che Alice scenda in campo nel Paese delle meraviglie, ma che si sappia che stiamo facendo gli zingari ubriachi… tutti quanti…
Nella foto Stefania che si ringrazia per la disponibilità.