04/08/2020 | 11.40
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È questo il miglior Muriel?




Stavolta il colombiano non ha deluso le aspettative.





Luis Muriel gioca in Serie A dal 2011 e da quel momento, ogni anno, deve essere il suo: l’anno di Muriel. Segna i primi gol ad agosto e almeno uno, di solito, è meraviglioso; un gol che sembra poter fare solo lui, l’espressione di un talento unico. Ve lo ricordate il gol alla Roma nel 2016? Corricchiando dietro la linea difensiva ha ricevuto un lancio strano di Regini e, da una posizione in cui è difficile persino stoppare la palla, Muriel ha segnato con un tiro al volo incrociato di piatto. La maglia celestina – una delle più brutte della storia della Samp – mette in evidenza quel paio di chili di troppo che sembrano separarlo sempre dalla sua forma ottimale. Muriel con un mezzo doppio mento, i denti sporgenti, la pancetta e l’aria sempre sorridente: sembra un monumento al disimpegno, alla pigrizia, a chi non ha intenzione di sacrificare troppe cose sull’altare dell’eccellenza e della competizione.









 

Poi via via si spegne, come se qualche gol a inizio anno gli bastasse per dimostrare al mondo il suo talento e finalmente potesse sedersi in disparte e far perdere tracce di sé. L’anno scorso il suo agosto è arrivato a gennaio, quando si è trasferito alla Fiorentina e all’esordio, proprio contro la Samp, ha messo in scena uno dei migliori cosplaying mai visti di Luis Nazario da Lima Ronaldo: tunnel di tacco col primo controllo, drible de vaca, scatto bruciante di 50 metri e tiro incrociato. Dopo quel gol Pioli, il suo allenatore all’epoca, lo ha definito “un fenomeno”: «L’unico che mi ricorda le sue movenze è Ronaldo». La settimana dopo segna all’Inter un gol su punizione da 30 metri, di piatto sul palo del portiere (pochi giocatori riescono a imprimere quella forza alla palla calciando di piatto). Poi è svanito e da quella quindicina di partite con la Fiorentina – e da quei 6 gol – non sembrano passati pochi mesi, ma anni, sembrano far parte di un’altra epoca calcistica.

 



 

Parliamo di questi gol perché a volte rischiamo di dimenticarci che cosa sa fare Muriel su un campo da calcio. Cioè praticamente tutto.

 

Muriel è uno dei più grandi esempi dell’universale conflitto letterario che va in scena nello sport, quello fra gli atleti di talento e sé stessi: ogni anno le aspettative deluse, la sensazione di sperpero. Al punto che abbiamo pensato che questo, in realtà, fosse Luis Muriel: un giocatore capace di vivere solo momenti estemporanei, che gioca per creare grandi capolavori astratti dal senso delle partite e delle stagioni, disinteressato a una carriera ad altissimi livelli. Due anni fa era vicino al Liverpool di Klopp, nella sua seconda stagione in doppia cifra, poi è finito al Siviglia ed è tornato a fallire. Poi, ancora, è arrivata questa stagione e nel momento in cui avevamo perso le speranza, alla soglia dei trent’anni, la nostra percezione di Muriel è cambiata di nuovo.

 

In fondo è sempre lo stesso Muriel, un attaccante che gioca poco, mai davvero al picco della forma, poco più di mille minuti ma con appena 10 partite iniziate da titolari; che però, dall’altra parte, è arrivato quinto nella classifica marcatori più pompata della storia della Serie A. In questo momento ha segnato le stesse reti di Joao Pedro e del compagno di squadra Duvan Zapata, giocando molto meno di loro: 1.3 gol ogni 90 minuti, è il giocatore del campionato con la media più alta tra quelli che hanno giocato almeno 300 minuti.

 

È chiaro che i suoi numeri sono esaltati da quelli della squadra in cui gioca, l’Atalanta da 98 gol complessivi, ma Muriel è stato un fattore determinante in questa anomalia statistica. Il suo acquisto da parte dell’Atalanta un anno fa aveva sollevato lecite perplessità. Come Ilicic prima di lui, Muriel sembrava il classico giocatore fragile e incostante che non consideriamo adatto a un sistema intenso e disciplinato come quello di Gasperini. È stato pagato 15 milioni e secondo Forbes – che per qualche ragione si occupa di Atalanta – era un rischio eccessivo per un calciatore di 29 anni piuttosto fragile fisicamente. In quel momento la “Dea” doveva affrontare la complicata sfida di rendere la rosa adeguata alle partite ogni tre giorni e alla Champions League. Muriel, insieme a Malinovskyi, è stato di fatto l’unico acquisto a titolo definitivo. Avrebbe dovuto essere un’alternativa a Zapata più credibile di Musa Barrow, autore di un solo gol lo scorso anno, ma è stato molto di più.

 

Non solo i presupposti, ma anche l’esito, il tipo di riuscita, è stato simile a quello di Josip Ilicic. Anche lui arrivato come un giocatore consumato, il cui meglio sembrava alle spalle. Fragili, incostanti, disfunzionali: né Ilicic né Muriel sembravano potersi esprimere più ad alti livelli, figuriamoci nel sistema ultra-dispendioso di Gasperini. La loro riuscita, quindi, ci dice per riflesso qualcosa sull’Atalanta. Una squadra che spesso viene equivocata, da chi sostiene che neutralizzi le sue individualità all’interno di un sistema tatticamente ingombrante. L’Atalanta, in realtà, con la sua enfasi sui duelli individuali, con e senza palla, tende a esaltare i talenti più istintivi e solitari. Il suo gioco costruisce attorno a certi giocatori l’abito tattico ideale: è molto esigente sul piano tecnico e fisico, ma lascia molta libertà sul piano delle letture e su quello cerebrale. In un terreno così ristretto, talenti come Ilicic e Muriel hanno potuto pensare poco e scatenare il proprio talento individuale.

 

Con Muriel, Gasperini ha fatto un lavoro più simile a quello già fatto con Zapata. Il problema del colombiano è stato sempre quello di avvicinarlo alla porta. Privarlo di quello strano misto tra pigrizia e mitomania che lo ha portato sempre a volere la palla sui piedi, a provare giocate difficili, a trasformare il calcio in uno sport individuale. Gasperini, come con Zapata, ne ha ristretto la zona di gioco, spingendolo più avanti, cercando di rendere il suo talento più decisivo negli ultimi metri.

 

Muriel quest’anno ha tirato da dentro l’area il doppio rispetto al passato, 3.6 ogni 90 minuti contro gli 1.8 dei suoi anni alla Samp. Naturalmente i suoi numeri sugli xG sono impennati: 0.81 per novanta minuti, quando il suo massimo era stato lo 0.30 della prima stagione a Siviglia. Il suo tasso di conversione, anche, è piuttosto alto. Il suo gioco è diventato più minimale, nei limiti di un calciatore estroso come Muriel: i 4.1 dribbling tentati per novanta minuti sono il suo minimo in carriera dopo i pochi mesi con la Fiorentina dello scorso anno. Certo, Muriel non ha perso l’istinto a essere decisivo anche lontano dalla porta: con 6 gol segnati è il capocannoniere della Serie A se prendiamo solo i gol da fuori area, insieme a Malinovskyi e a Nainggolan.

 

Anche se conosciamo Muriel come un giocatore di strappi, la sua tecnica si esprime più nel tiro che nel dribbling. Contro l’Udinese ha avuto lo spazio e il tempo per caricare il tiro da fuori, e l’ha colpito di mezzo esterno così forte che Musso è rimasto pietrificato. Poco prima aveva segnato un calcio di punizione con un giro irreale del pallone: non era prendibile neanche con un altro portiere fermo all’incrocio dei pali. Contro la Samp, la sua ex squadra, ha scelto una soluzione d’interno a incrociare quasi da calcio di rigore, che ha colto tutti alla sprovvista.

 



 

Quando gioca lui al posto di Zapata l’Atalanta perde molto nel gioco spalle alla porta e nella presenza fisica in area di rigore, ma diventa una squadra più imprevedibile, visto che i movimenti di Muriel rimangono sempre piuttosto istintivi. Per questo Gasperini lo usa soprattutto come supersub, e questo è il dato più anomalo che riguarda Muriel, cioè i suoi gol entrando dalla panchina: 11, più dei 7 segnati cominciando dal primo minuto. È il record di sempre per il nostro campionato. Un dato che non può essere casuale, ma per cui al contempo non è semplice trovare una spiegazione razionale. Se non che Muriel è un calciatore letale in spazi più aperti e contro difese più stanche, ed entrare a partita in corso lo può avvantaggiare: «Quando si gioca in una squadra che crea così tante occasioni, che gestisce la palla e fa stancare gli avversari, uno con le mie caratteristiche credo sia un’arma in più. Questo il mister lo ha capito e sta facendo delle scelte giuste perché poi in campo si vedono i risultati».

 

Gasperini quindi sembra aver trovato il modo per disciplinare e rendere efficace uno dei talenti più evidenti ma incontrollabili del calcio contemporaneo. Qualcosa forse ci siamo persi. Raramente vediamo Muriel correre libero negli spazi e provare cose impossibili – vedergli fallire 5 giocate per riuscire in una – ma per la prima volta il suo gioco sembra in linea con i parametri del calcio contemporaneo. Muriel sembra più calmo, meno esuberante, più saggio.

 

Il nostro rapporto con lui si basava su promesse impossibili: sull’idea di un calciatore fenomenale e al contempo fragilissimo, capace ogni anno di rinnovare l’illusione che lo avvolgeva. Quest’anno è diventato straordinariamente pragmatico ed efficace, mettendo a frutto ogni minuto che gli viene dato a disposizione, come le persone che dopo esperienze traumatiche vivono ogni momento della vita come fosse l’ultimo. Lui dice che è l’età: «L’età mi permette di pensare con tranquillità, maturità, in altre occasioni ho peccato a causa dell’ansia, che mi ha portato a sbagliare. Prendo questa sfida con pazienza per dimostrare il mio pieno potenziale».

fonte ultimouomo.com

By marcodalmen
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