02/07/2018 | 10.30
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Enrico Delprato, 19 anni bergamasco, dalla primavera alla Nazionale

Intervista a 360° al talento nerazzurro: gli inizi, il calcio, la scuola, i mondiali, il futuro…

Quando termineranno i Mondiali che in questi giorni stanno monopolizzando le televisioni di tutti gli appassionati di calcio, prenderà il via un’altra manifestazione altrettanto importante: si tratta della fase finale degli Europei under 19 in Finlandia a cui l’Italia prenderà parte, inserita nel girone A assieme a Norvegia, Portogallo e ai padroni di casa della Finlandia (l’altro girone è composto da Inghilterra, Turchia, Francia e Ucraina). In vista di quest’importante appuntamento, il commissario tecnico Nicolato ha diramato la lista dei 27 under-19 pre-convocati. Tra questi c’è il giovane talento dell’Atalanta Enrico Delprato, che abbiamo intervistato dopo aver appena concluso gli esami di maturità al Vittorio Emanuele di Bergamo.

Parlaci un po’ dell’evolversi della tua carriera calcistica, iniziata in quel di Grassobbio e poi continuata con sulle spalle la maglia dell’Atalanta

«Ho iniziato a giocare a calcio al secondo anno di asilo alla scuola-calcio di Seriate, e poi ho fatto due anni a Grassobbio con i miei amici. A partire dalla terza elementare ho iniziato a giocare all’Atalanta e sono ormai 12 anni che gioco a livello professionistico con la Dea».

Se non erro sei quindi all’Atalanta da quando avevi 9 anni. A novembre di anni ne farai 19, quindi più della metà della tua vita l’hai passata con la maglia nerazzurra sulle spalle. Ti piacerebbe diventare una bandiera di questa società?

«Sicuramente sì: per un ragazzo cresciuto a Bergamo sarebbe il sogno continuare con l’Atalanta fino in prima squadra».

Il tuo ruolo è quello di difensore centrale e all’occorrenza rivesti anche il ruolo di terzino. Quali sono i tuoi idoli, quei giocatori a cui guardi e da cui cerchi di rubare i segreti?

«Quest’anno verso la fine del campionato ho fatto parte della prima squadra e ho cercato di rubare i “trucchi del mestiere” a Masiello e a Caldara, due giocatori fortissimi. A livello internazionale, invece, il mio giocatore preferito è Otamendi, calciatore argentino del City: è aggressivo, mi piace molto».

Riguardo a Caldara: ci sono delle voci di mercato che parlano addirittura di te come suo possibile sostituto (Caldara è passato alla Juventus). Ti sentiresti pronto per questo salto?

«Non lo so, è sicuramente un salto molto importante ed è difficile per un ragazzo che esce dalla Primavera arrivare subito a giocare titolare come ha fatto Caldara quest’anno. Anche lui, infatti, prima di essere titolare in Serie A ha fatto un percorso di due anni in Serie B. In ogni caso sarebbe una cosa bellissima, sia riuscire a esordire in Serie A sia giocare per tutto il campionato come ha fatto Caldara quest’anno. È una cosa difficile, però non si sa mai».

Preferiresti fare un percorso simile a quello di Caldara con due anni in prestito a qualche società di Serie B, oppure vorresti provare direttamente l’esperienza in prima squadra con l’Atalanta?

«Secondo me la cosa più giusta è quella di fare prima un paio di anni in Serie B, perché è proprio lì che il calciatore cresce. L’esperienza che ti da la Primavera è sì importante ma non è mai come quella che ti da il campionato di Serie B, quindi secondo me la cosa ottima sarebbe quella di fare due/tre anni in Serie B e poi tornare all’Atalanta».

Saresti quindi favorevole all’ingresso delle cosiddette “seconde squadre” nelle serie minori?

«Sarebbe una cosa ottima e molto importante, poiché permetterebbe ai giovani di crescere nella società a cui appartengono. In altri Stati come in Inghilterra e in Spagna questa è una cosa che ha già preso piede nei vari campionati».

Riguardo a te, invece, forse non tutti sanno che sei un “figlio d’arte” poiché tuo papà, Ivan Delprato, aveva vestito le maglie di Pisa, Mantova e soprattutto quella dell’Albinoleffe. Quanto è stato importante e quanto lo è anche adesso tuo papà nelle tue scelte? Quanto invece ti sei sentito sulle spalle la pressione della sua figura?

«Sicuramente è per me una persona importantissima perché, oltre ad essere mio papà, mi aiuta molto quando ci confrontiamo per delle partite che ho giocato. Non ho mai sentito però la responsabilità di fare quello che ha fatto lui: mi ha sempre lasciato libero di scegliere quale sport fare anche quando da piccolo dovevo scegliere. Mi ha sempre lasciato libero ed è una cosa che mi ha aiutato moltissimo».

Se ti chiedessi qual è stata la partita più importante?

«Anche se dal punto di vista del risultato non è andata bene, ti direi la partita di ritorno di Coppa Italia di quest’anno contro il Milan: è vero che abbiamo perso 3-2, ma l’abbiamo giocata allo Stadio Atleti Azzurri e vedere la tribuna Giulio Cesare quasi piena è stata un’emozione bellissima. I nostri tifosi ci hanno supportato durante tutta la partita nonostante la sconfitta, e per un giovane che non ha mai giocato davanti ad un pubblico così numeroso è stata sicuramente un’esperienza indimenticabile al di là del risultato finale».

Il tuo esordio in Nazionale under-18 è avvenuto l’11 novembre 2016, esattamente un giorno dopo il tuo compleanno. Direi che è stato un bel regalo…

«Senza dubbio è stato un bel regalo, anche perché non me lo aspettavo: avevo fatto solo qualche partita in Primavera ma non avevo giocato tantissimo. La chiamata in Nazionale è stata certamente una chiamata bellissima ed è stato un grandissimo regalo di compleanno».

Nazionale di cui probabilmente farai parte anche prossimamente poiché sei nell’elenco dei 27 preconvocati per la fase finale degli Europei 2018 in Finlandia, e assieme a te ci sono alcuni tuoi compagni dell’Atalanta. Credo che questo sia un punto di forza per voi

«È una cosa molto bella avere i propri compagni di squadra in Nazionale con cui puoi condividere dei momenti anche in azzurro».

Stiamo parlando di calcio, in questi giorni ci sono i mondiali in corso, ed è quindi doverosa la domanda: qual è secondo te la favorita e qual è invece la squadra rivelazione?

«A nomi la squadra più forte è il Brasile, anche se personalmente tengo all’Argentina perché spero che Leo Messi riesca a vincere il Mondiale. Secondo me le favorite sono Brasile e Argentina, ma c’è anche la Spagna, che ha sì faticato all’inizio ma come del resto tutte le Nazionali importanti. La squadra-rivelazione potrebbe invece essere la Croazia, che non ha mai vinto tantissimo a livello Internazionale ma che rimane comunque una squadra forte con dei giocatori fortissimi».

In tutto ciò, oltre alla tua carriera sui campi da calcio, hai portato avanti anche un’altra carriera, quella scolastica presso l’Istituto Tecnico Commerciale e Turistico Statale Vittorio Emanuele II. Essendo tu un ’99, quest’anno hai dovuto affrontare i fatidici esami di Stato, e proprio mercoledì scorso hai sostenuto l’esame orale chiudendo, di fatto, questo tuo percorso. Come sono andati questi esami?

«Nelle prove scritte ho totalizzato un punteggio di 31, quindi un buon punteggio, e mi sono presentato prima degli esami orali con 51 punti in totali. L’orale credo sia andato bene; sono soddisfatto di quello che ho fatto».

Calcio a 360° nella tua vita poiché è stato proprio il calcio ad essere l’argomento della tua tesina.

«Sapendo i sacrifici che ho fatto per conciliare sia il calcio che la scuola, ho deciso di concludere questi 5 anni parlando di me stesso e del calcio all’interno della mia tesina».

Tutti considerano i calciatori dei fortunati in quanto “prendono soldi tirando calci ad un pallone”. Ci sono però effettivamente dei sacrifici che questa scelta di vita comporta. Da giovane a giovane, non ti pesa un po’ rinunciare a buona parte di quello che potrebbe essere il tuo tempo libero per dedicarti quasi completamente al calcio? Non ti è mai passato per la testa un “Ma chi me lo fa fare”?

«Sicuramente gli impegni che bisogna affrontare nel calcio sono numerosi avendo cinque allenamenti la settimana più la partita, ma quando faccio questi sacrifici non sono veramente definibili in tal modo, perché facendo una cosa che mi piace essa non rappresenta un peso per me. Devo fare questi sacrifici ma mentre li faccio non sento pressione, sono cose che faccio piacevolmente».

Progetti per il futuro? Hai intenzione di iscriverti a qualche università? Non hai minimamente idea?

«Quest’anno non ho nessun progetto: mi prendo un anno di pausa per pensare al calcio. Poi mi piacerebbe iscrivermi all’Università di Scienze Motorie. In base al calcio, a dove sarò e a cosa farò, valuterò cosa fare con la scuola».

fonte bergamonews.it 

By marcodalmen
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