15/08/2022 | 20.15
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Eterno sottovalutato - by Ombra

Una costante sensazione di amaro in bocca. Come quella che ti pervade la gola dopo aver ingerito lo sciroppo per la tosse. Se non bevi subito un bicchiere d’acqua non avrà modo di andare via. Ma anche qualora la buttassi giù in un sorso solo, rimarrebbe sempre quel retrogusto, nei punti meno raggiungibili della lingua. Provi a scacciarlo, deglutendo ripetutamente, producendo molta più saliva del normale. Eppure lui rimane. Un promemoria fastidioso, che non ti fa apprezzare a dovere il beneficio che porterà il farmaco.

Remo Freuler al Nottingham Forest. Come iniziare al meglio la prima di campionato, insomma. Non tanto per le gerarchie e il ruolo dello svizzero per l’Atalanta: il rendimento era in calo già dallo scorso campionato e, complice anche la squalifica per la partita di Genova, nel precampionato si sono viste soluzioni alternative al trentunenne di Lucerna. Ma vederlo andar via così, nell’anno del Mondiale, fa male. Fa male perché c’è il rimpianto di non averlo gratificato abbastanza. Altrimenti per quale motivo preferire un triennale in una squadra di medio-bassa Premier League? Sarà una questione meramente economica? Speriamo proprio di no. Azzarderei a dire che non sarebbe neanche una scelta da Remo, per come lo abbiamo conosciuto sinora.

Anche nei picchi di rendimento, Remo è passato colpevolmente sottotraccia. Il classico giocatore che performa al meglio quando non ci si rende conto che stia giocando. Una regolarità e una costanza di rendimento altissima, per uno dei centrocampisti meno chiacchierati e celebrati del’ultimo decennio di Serie A. Remo sapeva fare di tutto. O meglio, lo sa ancora fare, ma a qualche giro di motore in meno. Le annate usuranti alla corte del Gasp, gli stimoli e le motivazioni che vengono lentamente meno, la ricerca di nuovi ambienti ed ecosistemi da esplorare per rilanciarsi mentalmente in vista di Qatar 2022. E allora è qui che siamo colpevoli. Nel non aver celebrato abbastanza la sua grandezza. Noi tifosi, allo stadio, magari sì. Ma in interviste, dibattiti nei bar, discussioni online, quasi mai si è fatto il suo nome. Noi, incapaci di trasmettere all’esterno la fondamentale importanza di un perno centrale dell’Atalanta più bella e più forte di sempre.
Dinamismo incredibile, maratoneta instancabile. Paragonabile forse al solo Brozovic nel rapporto celebrazione mediatica/forza effettiva (tralasciando Milinkovic Savic, lì è tutta un’altra questione). E così rimane l’amaro in bocca, perché di Remo sentiremo tutti la mancanza. Nello spogliatoio, in campo, nelle passeggiate in centro col piccolo e sua moglie Kristina. Era uno di noi, il più simile a noi. Quello che ci sembrava più raggiungibile, tra tutti i nostri beniamini. Se n’è andato, ma qualcosa di lui rimarrà. Come quell’amaro sciroppo. Un retrogusto indigesto.

 

Ombra

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