25/10/2024 | 09.09
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Fino a dove può arrivare Mateo Retegui?


L’Intelligenza Artificiale si è spinta troppo avanti. Questi video di Mateo Retegui che controlla palloni impossibili con la suola, che apre il campo con il sinistro o addirittura quello in cui scavalca il portiere con un tocco sotto, dal limite dell’area, beh, che dire, davvero convincenti. Retegui non ha arti o dita in più, la sua faccia non si deforma demoniacamente, sembra proprio lui. Ma non può essere lui, figuriamoci.

Può essere Mateo Retegui ad aver segnato 8 gol in 8 partite, migliorando già rispetto alla passata stagione, la sua prima in Serie A? Può essere Mateo Retegui ad aver segnato 5 gol e ad aver realizzato 2 assist nelle ultime quattro partite tra Atalanta e Nazionale? Può essere Mateo Retegui a proteggere palla con Gabriel Magalhães sulla schiena mentre con la suola serve De Ketelaere in area di rigore, in Champions League? No dai, non può essere, non scherziamo.

Voglio dire, da quando Retegui fa cose del genere?

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C’è qualcosa nel successo recente di Mateo Retegui, in quello che sembra diventato Mateo Retegui, che non coincide con il nostro senso di realtà. C’è qualcosa di irreale, che i nostri occhi vedono ma il nostro cervello si rifiuta di accettare. Qualcosa che, in un certo senso, contraddice il nostro modo di raccontarci la realtà stessa, come una narrazione lineare di eventi. Con Retegui la realtà procede a salti, come una macchina lanciata a tutta velocità in una strada piena di dossi, eppure tiene la traiettoria, non sbanda, si adatta.

Serve ricordare che quando per la prima volta il suo nome è arrivato alle nostre orecchie Mateo Retegui era più che altro il simbolo della disperazione di un Paese, l’Italia, ridotto così male da dover andare a pescare il centravanti della propria Nazionale in un altro continente? Un attaccante con una sola stagione prolifica in Argentina, neanche così giovane (23, quasi 24 anni), che il Boca Juniors aveva dato in prestito e poi lasciato, non riscattato, abbandonato, a una squadra di mezza classifica come il Tigre?

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Anche quando l’Atalanta si è fiondata su di lui, pagandolo una cifra considerevole (25 milioni compresi i bonus), c’era sempre la spinta della disperazione, che in quel caso veniva dall’urgenza di sostituire Scamacca che, appena quattro giorni prima, si era rotto i legamenti. Sono andati a prendere Retegui in mezzo a un allenamento, lo hanno portato a Bergamo ed è diventato un giocatore dell’Atalanta prima ancora di poter cercare una casa. Ma anche lì c’era scetticismo: sarà all’altezza?

«È prontissimo», ha detto Gasperini poco dopo che è arrivato Retegui, e sembra una qualità banale, un pre-requisito, quello di essere pronto, ma in realtà non era scontato che lo fosse fino a questo punto. Per quanto fosse inimmaginabile per lui tanto quanto per noi, Retegui era pronto quando lo ha chiamato la Nazionale italiana. Poi si è dimostrato pronto per il salto in Serie A, o quanto meno ha dimostrato di non subire troppo le pressioni del campionato italiano. Adesso che lo ha chiamato la squadra che lo scorso anno ha vinto l’Europa League, Retegui si sta dimostrando più che pronto. Prontissimo.

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Che fosse uno sgobbone, uno bravo «a fare a sportellate» come ha detto Antonio Cassano, lo sapevamo. C’erano pochi dubbi che potesse contribuire agli sforzi difensivi collettivi dell’Atalanta. «È molto forte di testa», ha detto di lui Germán Denis, ex attaccante argentino della Dea, dopo la doppietta di Retegui all’esordio in campionato con il Lecce, dove il secondo gol è arrivato con uno stacco di testa da pallavolista. «E in fase di possesso aiuta molto, corre tantissimo». Queste sono cose che potevamo dare più o meno per scontate, anche se nel calcio ci sono dei livelli, come si dice, anche per questioni così piccole.

Su Retegui c’era questa idea preconcetta che fosse un giocatore “base”, il pupazzo che compri senza nessun gadget o accessorio, che muove gli arti, corre, ci puoi giocare certo, ma non ha niente di peculiare, niente che lo distingua dalle altre migliaia di pupazzi “base”. Retegui come idea astratta del centravanti. Non è un caso che tutte le dichiarazioni su di lui siano vaghe e potrebbero andar bene per qualsiasi centravanti. Non ne parlano proprio male, ma nessuno si sbilancia. Spalletti ha detto che, se gli capita un’occasione, «è difficile che la manchi».

Ma Retegui sta facendo qualcosa di più, sembra davvero salito a un livello tecnico superiore (forse aiutano i capelli da Super Saiyan). A un livello che, senza voler esagerare troppo, non coincide già più con la prudenza con cui si è parlato di lui finora. Dopo i primi due gol in campionato, Denis ha detto anche che, se avesse continuato così, Retegui sarebbe arrivato in doppia cifra a fine stagione. In doppia cifra ci arriverà, sempre se continua così, tra fine ottobre e inizio novembre.

E si può leggere una certa prudenza nelle parole dello stesso Retegui, quando parla di come si può adattare a giocare anche insieme a Scamacca, quando tornerà disponibile tra qualche mese. Se continua così (anche io mi sento costretto alla prudenza), però, sarà Scamacca a doversi preoccupare di come giocare con Retegui.


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È ragionevole pensare che, per quanto possa averci lavorato, difficilmente sia stato Gasperini a trasformarlo. Piuttosto, tutto questo era dentro Retegui anche prima, ma era più difficile per lui esprimerlo, e per noi vederlo. È una questione di contesto, cioè. L’Atalanta funziona meglio del Genoa e Retegui è meno lasciato a se stesso, è meno uno strumento per risalire il campo partendo da lontano.

I suoi compiti sono meno contraddittori: nel Genoa doveva spingere in alto le difese ma anche fermarsi e proteggere palla, e a volte sembrava semplicemente non capire se doveva andare avanti o indietro. L’Atalanta, per quanto verticale, risale il campo con una rete di passaggi più elaborata e per Retegui è più naturale leggere l’azione e capire cosa serve.

Sono più semplici, perché lavorati più specificamente, gli smarcamenti che deve compiere. Se con il Genoa sembrava talvolta poco reattivo e i suoi controlli erano sciatti, adesso anche quando ha l’uomo addosso, e magari è un uomo come Saliba, Retegui sa meglio quando e dove riceverà il pallone e, di conseguenza, usa anche meglio il proprio corpo. Al tempo stesso, intorno a lui, i compagni si muovono meglio per ricevere lo scarico. In questo modo è cresciuto anche il gioco di raccordo di Retegui, proprio il punto su cui si pensava fosse più grande la differenza con Scamacca (la cui protezione del pallone, a dire il vero, è un po’ sopravvalutata per via della stazza).

Poi, ovviamente, sono aumentate le occasioni a sua disposizione. Lo scorso anno dopo un’intera stagione aveva accumulato un totale di 5.24 xG, da cui aveva ricavato 6 gol su azione (più un rigore, non conteggiato negli xG). Quest’anno in otto partite è già a 3.62xG - più di tutti in Serie A - da cui poi ha ricavato quasi il doppio dei gol (6, più due rigori): solo Marcus Thuram ha una conversione migliore (7 gol senza rigori con 3.18 xG).

Se si esegue il calcolo sulla media di novanta minuti, gli xG di Retegui sono quasi triplicati, passando da 0.2xG a 0.57 - il terzo dopo Tammy Abraham e Mosquera. Ma è merito tanto del gioco offensivo dell’Atalanta - che Retegui giustamente ha lodato come un assetato nel deserto loderebbe una bottiglia d'acqua minerale appena uscita dal frigo - quanto di Retegui stesso.

Il centravanti dell’Atalanta lo scorso anno, Scamacca, in tutta la stagione ha accumulato 6.74xG - che poi, fenomeno, ha trasformato in 12 gol senza rigori. Forse il vero duello Retegui-Scamacca si giocherà proprio su questo: quale dei due è un finalizzatore di più alto livello? Fino a tre mesi fa, questa, sarebbe stata una domanda senza senso.

È cambiato il contesto, quindi, ma Retegui si è adattato come una mano che ha trovato il guanto perfettamente alla sua taglia. E così, oggi ci dobbiamo chiedere quale sia il livello massimo di Mateo Retegui: quanto in alto può ancora arrivare? Dov’è il suo ceiling, il tetto del suo talento? A 23 anni ci potevano essere dei dubbi sul passaggio dal campionato argentino alla Serie A, ma a 25 sembra così a suo agio che non è assurdo immaginare un’ulteriore crescita. Non sono molti i giocatori che continuano a migliorare indefinitamente, ma alcuni (mi viene in mente Jamie Vardy), sì.

Il gol con il Venezia è una porta che prima era chiusa e che adesso Retegui ha aperto. Che potesse segnare anche questo genere di gol, non potevamo saperlo. I limiti di Retegui sembravano strutturali: non è velocissimo (anche se non è lento), non è fortissimo fisicamente (anche se non si può definire leggero), non è molto tecnico. Ma se Retegui alza il proprio livello tecnico, l’importanza degli altri limiti si riduce. Se può scavalcare con un pallonetto il portiere in uscita, non importa se non ha l’esplosività per staccare il difensore che lo recupera.

Quella di Mateo Retegui è la parabola più sorprendente delle ultime stagioni di Serie A. Nel vuoto di attaccanti di alto livello, in campionato e in Nazionale, ha trovato spazio per giocare e per crescere, ha approfittato di ogni occasione che ha avuto forse meglio di quanto non faccia con le occasioni che ha in campo, sfruttandole non come dei gradini da salire uno alla volta ma come dei trampolini che potessero lanciarlo direttamente al piano superiore. Qualsiasi cosa succeda, da qui in avanti non ci stupiremo. Ormai, Mateo Retegui non ci deve stupire più.

fonte ultimouomo.com


By marcodalmen
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