21/10/2016 | 04.33
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FOZZA INDA !

Beh, ragazzi, io non mi sono ancora abituato alla proprieta' cinese dell'Inter. Neanche a quella del Milan, ma a quella dell'Inter ancora meno. Il coinvolgimento degli asiatici ha contribuito ancora di piu' ad elevare quel quid di pazzia e incostanza che e' un vero marchio di fabbrica dei nerazzurri milanesi.

Il video di Zhang Jidong presidente e fondatore del colosso Suning di elettrodomestici e costruzioni che fattura più di 15 miliardi di euro è diventato subito virale in rete e l'urlo di incitamento (lo stesso che dà il titolo a queste mie righe) immediatamente un marchio di fabbrica della proprieta' cinese dell'Iner.

A me sinceramente la situazione pare esilarante e non sto parlando del video ma penso alle difficoltà che i pragmatici orientali incontreranno nel calcio italiano dove conta il vil denaro, certamente, ma anche e soprattutto la corsa affannosa al risultato immediato che gli squadroni devono cavalcare indotti dall'opinione pubblica, dagli investimenti ma anche dallo sclero ingiustificato del modo tutto italiano di intendere il calcio.

E non parliamo dei miliardi che si troveranno a buttar via. Intanto per raddrizzare una societa' che era arrivata sull'orlo della bancarotta e poi per la corsa all'acquisto di giocatori e tecnici che dovranno acquistare praticamente a scatola chiusa. Perche' hanno i soldi (una montagna) ma non capiscono di calcio (anzi, diciamo che sono proprio zero).


Vista da Bergamo la novità dell'Inter in mano ai cinesi non fa che allungare a dismisura quella cinquantina di kilometri di distanza tra noi e il capoluogo lombardo. Con l'avvento dei cinesi il modus operandi tra le due squadre nerazzurre non potrebbe essere piu' diverso.

Noi, realta' locale, attenta al centesimo, che non vive mai di grandi picchi umorali e che lascia il tempo di crescere anche a chi sembra non promettere nulla di buono. A Milano, viceversa, si vuole tutto subito, si pagano decine di milioni di euro e, a volte, non si capisce dove stia un progetto e se esso esista, soprattutto dal punto di vista tecnico.

Certo, le ultime 'mattane' in casa della Bisciona (con la sostituzione di Mancini con De Boer appena prima del campionato e il freschissimo caso Icardi) e le altalenanti prestazioni sul campo confermano che nonostante il passaporto cinese l'Inter conserva ancora quella vena di sana follia da sempre nel suo DNA.

Spero solo che quel poco di familiare rimasto non sparisca nei prossimi anni travolto dal businness, come i loro calzini gialli o la maglia gialloverde di riserva, stile lattina di Seven Up.

Cosi' come spero che il grande giornalista Giorgio Bocca sia stato nel giusto quando scrisse che "se Milano non si abbandona del tutto a certe tendenze levantine (cioe' scaltra e spregiudicata nel mondo degli affari) è solo perche' alle sue spalle puo' vantare citta' severe e di profondo buon senso come Bergamo".

 

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