02/09/2019 | 16.05
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Gaetano Scirea: 30 anni dalla morte

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30 anni fa moriva, Gaetano Scirea, probabilmente il miglior giocatore uscito dal vivaio dell'Atalanta. Modesto elegante e corretto per tutta la sua carriera trascosa per la maggior parte nella Juventus.

Chi come me ha i capelli bianchi lo ricorda sempre con affetto, oggi il corriere della sera online propone una toccante intervista alla moglie Marella che lo dipinge come se fosse ancora con lei.

La frase più bella gliela scrisse Marco Tardelli, amico inseparabile: «Noi potremmo vivere una vita con le nostre mogli ma il vostro amore era unico». A trent’anni dalla tragica scomparsa del marito in un incidente stradale, il 3 settembre del 1989, Mariella Cavanna Scirea ricorda la storia meravigliosa col suo Gaetano. Che ancora non è finita e si rinnova ogni giorno, magicamente. Racconta con felicità, come se il suo uomo le fosse accanto. Oggi ha 70 anni, il figlio Riccardo spiccicato al padre, immutata la verve giovanile. Domani viene lanciato in radio (piattaforma streaming e digital download) il brano «Mi chiamo Gaetano» del compositore Giuseppe Fulcheri. Metà dei proventi andranno alla Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro e devoluti all’istituto Candiolo.

Mariella, Come conobbe suo marito?
«Era il ‘74, Gaetano appena arrivato alla Juventus. Io lavoravo all’ex Inam, studiavo e vivevo in una pensione il cui proprietario era amico dell’allenatore delle giovanili bianconere. Una sera invitò a cena la squadra e con i ragazzi c’era anche lui. Fu un colpo di fulmine per entrambi. Provo ancora la sensazione di farfalle nello stomaco e il giramento di testa. Dopo un anno ci siamo sposati».

Che persona era?
«Mi colpì il suo sguardo colmo di semplicità e timidezza. Più che timido era riservato. Crescendo accanto a me che sono molto estroversa è migliorato, si è un po’ aperto. Aveva grande ironia e io gli facevo da spalla come fossimo una coppia di comici. Ci prendevamo in giro, sempre complici, unitissimi. Impazziva per le sorprese che gli facevo. Per lui erano linfa. Una volta, mentre era in trasferta a Verona, lo chiamai da Desenzano. Amore sono qui con Riccardo. Il bambino aveva tre anni e mezzo. Assistetti alla partita e tornai indietro».

E lei Mariella, come è riuscita a non soccombere al dolore?
«La Juventus ha fatto moltissimo per me. Non mi ha mai abbandonata. Dopo la disgrazia venne a trovarmi Cesare Romiti, allora presidente della Fiat, e mi raccontò dell’altruismo di Gaetano che quando andava da lui per rappresentare le richieste della squadra non chiedeva nulla per sé ma sosteneva gli interessi dei compagni. Una sola volta accettò un regalo. Tornò a casa a bordo di un’orribile 131 color rosa. Non gli interessavano le Ferrari. Era un uomo essenziale. Finsi di arrabbiarmi, ma come non potevi prenderla almeno di un colore diverso? Salire su quell’auto era altro spunto di allegria».

Quando morì lei aveva quarant’anni. Non ha mai pensato di rifarsi una vita?
«Mai. Gaetano è rimasto sempre con me e non ha lasciato vuoti. Non ho desiderato altri anche perché avrei fatto sempre paragoni e mi sarebbe mancato ancora di più. In trent’anni non c’è giorno in cui non gli abbia parlato. Lo vado a trovare nel piccolo cimitero di Morsasco nelle colline di Acqui, dove sono nata. Il rito allevia il distacco».

È rimasto nel cuore di tutti, perché?
«Univa la grandezza d’animo all’essere campione. Era un uomo speciale e allo stesso empo normalissimo. Uno di noi. No, non lo sto idealizzando, non è una favola. Oggi i calciatori fanno i divi, si atteggiano da grandi e gratta gratta sotto non c’è niente».

A Gaetano ed alla sua famiglia un ricordo con affetto da Atalantini.com

By brignuca
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