Gasp e Zizou
Luigi Garlando
dal supplemento speciale della Gazzetta dS di ieri
Dal 1996 al 2001, Gian Piero Gasperini e Zinedine Zidane hanno abitato la stessa Juve: allenatore delle giovanili il primo, fuoriclasse della prima squadra il secondo.
E, in fondo, l’Atalanta, questa Atalanta, ha cominciato a nascere lì. Perché Gasp, che proprio in quegli anni stava approfondendo la lezione tattica dell’Ajax, aveva sotto gli occhi tutti i giorni il giocatore tecnicamente più forte del mondo e la forza atletica che lo staff di Marcello Lippi stava infondendo a quella squadra. Mettete tutto in un frullatore e ottenete la Dea arrivata a giocarsi un ottavo di Champions League per la seconda stagione consecutiva: abilità tecnica per poter giocare in velocità, furore atletico per sostenere il pressing, sapienza tattica per occupare al meglio gli spazi.
Vent’anni dopo, Gasperini e Zidane tornano vicini, faccia a faccia. Rivali, questa volta. Prima del calcio d’inizio, Gasp un paio di miracoli li ha già messi a segno. Il primo: nessuno oggi può dire con convinzione che gli spagnoli siano nettamente favoriti. Secondo: il tecnico di Grugliasco ha trascinato il club ad altezze che non aveva mai osato e l’ha portato a contatto con la società più gloriosa del mondo, il Real Madrid delle 13 Coppe dei Campioni. Puskas e il Papa
Nella stagione 1955-56 il Real di Di Stefano festeggia il primo trofeo, battendo in finale lo Stade de Reims di Kopa, mentre l’Atalanta si salva in A grazie ai 18 gol di Adriano «Nane» Bassetto. E’ il campionato della prima diretta tv: Atalanta-Triestina. In diretta tv, a Capodanno, i tifosi assistono al terribile infortunio di Roma che stronca la carriera del bomber danese Rasmussen.
Nella stagione 195960 il Real festeggia la quinta con Puskas che ne fa 4 in finale all’Eintracht Francoforte. L’Atalanta finisce 11a, con l’emozione della visita a Papa Giovanni XXIII, bergamasco, e l’impresa della vittoria a Torino con la Juve, grazie a un gol di Giovanni Zavaglio, entrato in accanita competizione con Chicco Nova, tanto da spaccare in due la stampa bergamasca.
Nel maggio 1997, mentre Mijatovic regala la settima Coppa Campioni al Real contro la Juve, l’Atalanta di Mondonico, che in estate aveva perso Inzaghi, Lentini e Morfeo, scivola in B.
Nel 2014 Carletto Ancelotti porta a Madrid la Decima, dopo una combattutissima finale, decisa nei supplementari. Colantuono salva l’Atalanta con 7 giornate d’anticipo ed entra nella storia del club. Ma è una storia che sta per essere riscritta, a colpi di record, dall’uragano Gasp.
Ciò che ha fatto il nuovo tecnico, arrivato nell’estate del 2016, è semplice: ha riprogrammato le abitudini della Dea. Le ha sfilato il destino che aveva ricevuto in sorte, al momento della nascita, cioè quello di combattere sempre con il massimo dell’impegno e del furore, soprattutto in difesa, per sopportare l’impatto contro squadre dalle risorse e dalle ambizioni superiori. Ilicic y Caldara Gasperini ho sostituito questo destino con uno da Real Madrid, cioè con il dovere di provare a essere dominante ovunque e comunque. Non vuole dire pretendere di vincere tutto ciò che hanno vinto i Blancos, ma di provare a comandare ogni partita, in casa e in trasferta. Questa è stata la vera rivoluzione: gli atteggiamenti, non i risultati. O, meglio, l’atteggiamento diverso che ha portato risultati diversi.
Quando il Milan di Sacchi andò a giocare per la prima volta al Bernabeu, Butragueno sbalordì: «Sono entrato al Real a 13 anni, ma non ho mai visto nessuno venirci ad attaccare così in casa nostra». Il Buitre riconoscerà lo stesso spirito, anche se purtroppo, al ritorno si giocherà a Valdebebas. «Zidanes y Pavones» teorizzava un tempo Florentino Perez, cioè campioni e vivaio, la filosofia che ha portato in alto la Dea degli illuminati Percassi: Ilicic y Caldara.
E così, alla vigilia di un ottavo di Champions, c’è partita tra il club che ha vinto una Coppa Italia e quello che ha vinto 13 Champions. In che campo stanno i veri Galacticos?
dal supplemento speciale della Gazzetta dS di ieri
Dal 1996 al 2001, Gian Piero Gasperini e Zinedine Zidane hanno abitato la stessa Juve: allenatore delle giovanili il primo, fuoriclasse della prima squadra il secondo.
E, in fondo, l’Atalanta, questa Atalanta, ha cominciato a nascere lì. Perché Gasp, che proprio in quegli anni stava approfondendo la lezione tattica dell’Ajax, aveva sotto gli occhi tutti i giorni il giocatore tecnicamente più forte del mondo e la forza atletica che lo staff di Marcello Lippi stava infondendo a quella squadra. Mettete tutto in un frullatore e ottenete la Dea arrivata a giocarsi un ottavo di Champions League per la seconda stagione consecutiva: abilità tecnica per poter giocare in velocità, furore atletico per sostenere il pressing, sapienza tattica per occupare al meglio gli spazi.
Vent’anni dopo, Gasperini e Zidane tornano vicini, faccia a faccia. Rivali, questa volta. Prima del calcio d’inizio, Gasp un paio di miracoli li ha già messi a segno. Il primo: nessuno oggi può dire con convinzione che gli spagnoli siano nettamente favoriti. Secondo: il tecnico di Grugliasco ha trascinato il club ad altezze che non aveva mai osato e l’ha portato a contatto con la società più gloriosa del mondo, il Real Madrid delle 13 Coppe dei Campioni. Puskas e il Papa
Nella stagione 1955-56 il Real di Di Stefano festeggia il primo trofeo, battendo in finale lo Stade de Reims di Kopa, mentre l’Atalanta si salva in A grazie ai 18 gol di Adriano «Nane» Bassetto. E’ il campionato della prima diretta tv: Atalanta-Triestina. In diretta tv, a Capodanno, i tifosi assistono al terribile infortunio di Roma che stronca la carriera del bomber danese Rasmussen.
Nella stagione 195960 il Real festeggia la quinta con Puskas che ne fa 4 in finale all’Eintracht Francoforte. L’Atalanta finisce 11a, con l’emozione della visita a Papa Giovanni XXIII, bergamasco, e l’impresa della vittoria a Torino con la Juve, grazie a un gol di Giovanni Zavaglio, entrato in accanita competizione con Chicco Nova, tanto da spaccare in due la stampa bergamasca.
Nel maggio 1997, mentre Mijatovic regala la settima Coppa Campioni al Real contro la Juve, l’Atalanta di Mondonico, che in estate aveva perso Inzaghi, Lentini e Morfeo, scivola in B.
Nel 2014 Carletto Ancelotti porta a Madrid la Decima, dopo una combattutissima finale, decisa nei supplementari. Colantuono salva l’Atalanta con 7 giornate d’anticipo ed entra nella storia del club. Ma è una storia che sta per essere riscritta, a colpi di record, dall’uragano Gasp.
Ciò che ha fatto il nuovo tecnico, arrivato nell’estate del 2016, è semplice: ha riprogrammato le abitudini della Dea. Le ha sfilato il destino che aveva ricevuto in sorte, al momento della nascita, cioè quello di combattere sempre con il massimo dell’impegno e del furore, soprattutto in difesa, per sopportare l’impatto contro squadre dalle risorse e dalle ambizioni superiori. Ilicic y Caldara Gasperini ho sostituito questo destino con uno da Real Madrid, cioè con il dovere di provare a essere dominante ovunque e comunque. Non vuole dire pretendere di vincere tutto ciò che hanno vinto i Blancos, ma di provare a comandare ogni partita, in casa e in trasferta. Questa è stata la vera rivoluzione: gli atteggiamenti, non i risultati. O, meglio, l’atteggiamento diverso che ha portato risultati diversi.
Quando il Milan di Sacchi andò a giocare per la prima volta al Bernabeu, Butragueno sbalordì: «Sono entrato al Real a 13 anni, ma non ho mai visto nessuno venirci ad attaccare così in casa nostra». Il Buitre riconoscerà lo stesso spirito, anche se purtroppo, al ritorno si giocherà a Valdebebas. «Zidanes y Pavones» teorizzava un tempo Florentino Perez, cioè campioni e vivaio, la filosofia che ha portato in alto la Dea degli illuminati Percassi: Ilicic y Caldara.
E così, alla vigilia di un ottavo di Champions, c’è partita tra il club che ha vinto una Coppa Italia e quello che ha vinto 13 Champions. In che campo stanno i veri Galacticos?
By staff