Gasp, tra critiche e alibi
Pezzo del giornalista Cesare Zapperi del Corriere della Sera sul suo profilo Facebook (questo il link)
GASP, TRA CRITICHE E ALIBI
È forse la prima volta, nella finora straordinaria e mai abbastanza lodata esperienza atalantina, che Gian Piero Gasperini finisce al centro delle critiche di una parte dei tifosi e della critica. E diciamolo subito, a costo di far arrabbiare i pasdaran per i quali “l’Atalanta si ama, non si discute” (come se nell’amore per qualcuno o qualcosa non ci fosse anche il diritto a vedere anche ciò che non piace o non convince), è non solo lecito ma nel caso specifico addirittura doveroso.
Le scelte fatte prima e durante la gara con lo Spezia non hanno convinto. Non stiamo ad entrare nel merito: c’è chi non ha capito la rinuncia preventiva a Muriel o Hateboer, chi non ha condiviso l’impiego di Gomez, chi la ritardata sostituzione di Ilicic e l’altrettanto ritardato utilizzo di Lammers e Miranchuk. Sulle singole scelte le opinioni sono le più varie e tutte supportate da ragioni con un minimo di fondatezza.
Forse il problema è di carattere più generale. E potrebbe riguardare la fatica di Gasperini a lavorare in un contesto molto diverso da quello a cui è abituato e sul quale ha costruito la sua fortuna. Proviamo a pensarci, ci sono almeno quattro differenze rispetto al passato: 1) è sostanzialmente mancata la preparazione pre-campionato; 2) il calendario, causa Covid, è compresso come mai si era visto nella storia del calcio; 3) il numero dei giocatori impegnati con le nazionali (anche inutilmente come nel caso di Gomez) è diventato esorbitante, più di mezza squadra; 4) la rosa da gestire si è inevitabilmente allargata raggiungendo numeri che Gasp non ha mai amato (ha sempre detto di voler allenare non più di 14-15 giocatori).
Sono ragioni oggettive che per il tecnico atalantino possono anche valere come alibi o giustificazioni. E del resto, è stato lo stesso Gasperini a parlare di “confusione” e di squadra “che non riesce a tenere l’intensità” cui eravamo abituati. Dunque, i problemi ci sono e sono piuttosto evidenti. Guardarli in faccia e sottolinearli non significa commettere reati di lesa maestà o, peggio ancora, mostrare ingratitudine. È un discorso, se ci pensate, che vale anche per Ilicic. Al tecnico come al giocatore sono andati in questi anni riconoscimenti ed elogi che non potranno mai essere dimenticati. Sono entrati nella storia dell’Atalanta, niente e nessuno li potrà togliere da lì.
Ma né Gasperini né Ilicic sono finiti in una bacheca. Sono in prima linea, nel pieno di una stagione difficilissima, con tanti traguardi ancora possibili. I rilievi, i consigli, le critiche, e financo le arrabbiature e le stroncature, sono nulla più che stimoli di chi li apprezza, li stima, li sostiene e si aspetta che, ognuno nel suo ruolo, tornino a dimostrare la loro straordinaria bravura.
GASP, TRA CRITICHE E ALIBI
È forse la prima volta, nella finora straordinaria e mai abbastanza lodata esperienza atalantina, che Gian Piero Gasperini finisce al centro delle critiche di una parte dei tifosi e della critica. E diciamolo subito, a costo di far arrabbiare i pasdaran per i quali “l’Atalanta si ama, non si discute” (come se nell’amore per qualcuno o qualcosa non ci fosse anche il diritto a vedere anche ciò che non piace o non convince), è non solo lecito ma nel caso specifico addirittura doveroso.
Le scelte fatte prima e durante la gara con lo Spezia non hanno convinto. Non stiamo ad entrare nel merito: c’è chi non ha capito la rinuncia preventiva a Muriel o Hateboer, chi non ha condiviso l’impiego di Gomez, chi la ritardata sostituzione di Ilicic e l’altrettanto ritardato utilizzo di Lammers e Miranchuk. Sulle singole scelte le opinioni sono le più varie e tutte supportate da ragioni con un minimo di fondatezza.
Forse il problema è di carattere più generale. E potrebbe riguardare la fatica di Gasperini a lavorare in un contesto molto diverso da quello a cui è abituato e sul quale ha costruito la sua fortuna. Proviamo a pensarci, ci sono almeno quattro differenze rispetto al passato: 1) è sostanzialmente mancata la preparazione pre-campionato; 2) il calendario, causa Covid, è compresso come mai si era visto nella storia del calcio; 3) il numero dei giocatori impegnati con le nazionali (anche inutilmente come nel caso di Gomez) è diventato esorbitante, più di mezza squadra; 4) la rosa da gestire si è inevitabilmente allargata raggiungendo numeri che Gasp non ha mai amato (ha sempre detto di voler allenare non più di 14-15 giocatori).
Sono ragioni oggettive che per il tecnico atalantino possono anche valere come alibi o giustificazioni. E del resto, è stato lo stesso Gasperini a parlare di “confusione” e di squadra “che non riesce a tenere l’intensità” cui eravamo abituati. Dunque, i problemi ci sono e sono piuttosto evidenti. Guardarli in faccia e sottolinearli non significa commettere reati di lesa maestà o, peggio ancora, mostrare ingratitudine. È un discorso, se ci pensate, che vale anche per Ilicic. Al tecnico come al giocatore sono andati in questi anni riconoscimenti ed elogi che non potranno mai essere dimenticati. Sono entrati nella storia dell’Atalanta, niente e nessuno li potrà togliere da lì.
Ma né Gasperini né Ilicic sono finiti in una bacheca. Sono in prima linea, nel pieno di una stagione difficilissima, con tanti traguardi ancora possibili. I rilievi, i consigli, le critiche, e financo le arrabbiature e le stroncature, sono nulla più che stimoli di chi li apprezza, li stima, li sostiene e si aspetta che, ognuno nel suo ruolo, tornino a dimostrare la loro straordinaria bravura.
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