19/05/2017 | 16.05
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Gasperini: «All’inizio è stato duro cambiare un ambiente conservatore»

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Il tecnico dell’Atalanta: «Per l’Europa due giocatori di livello internazionale»

Gian Piero Gasperini, qualificazione all’Europa a parte, qual è stata la sua soddisfazione più grande?
«Rendere felice la gente di Bergamo e vivere l’entusiasmo che si è creato attorno alla squadra e che ha valicato i confini della città. L’attenzione da parte dei media nazionali, ad esempio. Dico “attorno a noi”, perché all’interno siamo sempre rimasti gli stessi dal ritiro, abbiamo messo sempre il medesimo impegno nel preparare le partite e affrontarle. Come faremo con l’Empoli, anche se il clima è già festaiolo: abbiamo ancora un obiettivo che è il quinto posto».

L’entusiasmo non poteva trasformarsi in problema? Maggiore pressione, ad esempio.
«I ragazzi sono molto maturi. E abbiamo una società solida. Certo, c’era il rischio che qualcuno si montasse la testa, visto che non eravamo abituati a certi risultati e vista l’età media del gruppo. A molti è cambiata la vita: nel giro di pochi mesi sono passati dalla panca della B a conquistare la Nazionale. Non era semplice».

 

E invece ci sono state delusioni?
«Abbiamo corso dei rischi importanti, che devono essere un insegnamento. Come il coraggio di fare certe scelte o la rosa numerosa».

Certe scelte. Ad esempio?
«L’ambiente era conservatore al massimo. Contro il rinnovamento. Ci sono state polemiche sui senatori come Stendardo, Pinilla, Carmona e Sportiello. Anche dopo la vittoria esterna con il Crotone, eravamo inondati di polemiche. All’epoca avevamo sei punti in sei partite. La gente si era dimenticata che nella stagione precedente l’Atalanta a metà campionato aveva prodotto gli stessi punti, ma in 14 gare. Io pensavo che retrocedesse. C’è voluto tempo per cambiare la mentalità. E nemmeno troppo».

Insomma, una rivoluzione culturale.
«Che porta a un cambiamento di obiettivi. L’Atalanta deve puntare a migliorarsi sempre. Se l’obiettivo primario era la salvezza, ora deve essere la base per puntare a qualcosa d’altro».

E l’Atalanta può stabilmente restare nella parte in alto a sinistra della classifica?
«In Italia c’è grande disparità economica. Le squadre non sono premiate in base al merito. Chi è arrivato dietro di noi avrà il doppio o il triplo di soldi rispetto all’Atalanta. È un sistema ingiusto e che rende difficile, per una provinciale, rimanere in alto. Ma ci proveremo».

Molti avversari non hanno capito come affrontare la sua squadra. Impossibile etichettarla con un modulo. Se dovesse spiegare a chi arriva da Marte come gioca, cosa direbbe?
«Ci rinuncerei (ride, ndr). L’importante è che i miei giocatori l’abbiano capito e in poco tempo. Ma il mio calcio è duttile, semplice e facilmente condivisibile».

Chi tra i suoi ragazzi ha più margini di miglioramento?
«Melegoni e Bastoni. Si è parlato molto dei giovani, ma ho avuto grandi soddisfazioni anche dai meno giovani, come Gomez, Kurtic, Masiello, Toloi. E pure Berisha. Hanno fatto un campionato straordinario».

Questa è la squadra più forte che abbia mai allenato?
«È la più compatta e la più continua nel rendimento. E quella con più testa».

Non è preoccupato che Percassi possa «rovinarla» con delle cessioni.
«No. Per vari motivi. Il club ha già incassato moltissimo e quindi può permettersi di dire “no”. Alle società, ai giocatori e ai procuratori. Poi sento parlare dell’interesse dei grandi club. Ma cosa significa “grandi”? Molti ritenuti tali sono finiti alle nostre spalle. Inoltre abbiamo una proprietà che investe tutto quello che incassa. Non ha bisogno dei soldi del calcio per far andare avanti le sue attività. Se ai ragazzi al centro delle voci di mercato ho già parlato? No, c’è tempo».

Fantacalcio: ha carta bianca per scegliere un difensore, un centrocampista e un attaccante. Chi ingaggerebbe?
«Valgono tutti?».

Sì, ma devono essere calciatori che possono sposare il suo progetto. Magari uno come Messi non farebbe per lei...
(Ride, ndr)«Messi me lo prendo comunque. In ogni caso non mi piace fare nomi. L’Atalanta non può snaturare il proprio schema che è quello di pescare tra emergenti per farli crescere. E non sempre i buoni calciatori stanno nel Real o nel Barcellona. Guardi Gomez: era al Catania e poi in Ucraina. Avremo bisogno anche di un paio di giocatori di livello internazionale sia per rafforzarci che per utilizzarli da esempio per i più giovani».

Lei ha rinnovato declinando offerte di club più blasonati.
«A Bergamo posso lavorare. Altrove non c’erano le condizioni. Qui c’è un progetto condiviso con la società che ha un’importanza fondamentale e pesa forse più delle risorse economiche che possiede un club. Molti hanno un sacco di soldi, eppure non riescono a centrare risultati. E poi per fare meglio di così dovrei andare in una squadra che lotta per lo Scudetto. Ma gli ultimi sei li ha vinti la Juve e penso che anche i prossimi sei saranno suoi».

Altro fantacalcio: tra la qualificazione in Champions e la qualificazione alle semifinali di Europa League cosa sceglie?
«L’importante è continuare a essere una squadra affidabile. Ed esportare il modello Atalanta in Europa. Sarebbe stupido non impegnarci lì, per me è un obiettivo più importante rispetto al campionato. Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto...».

Così non rischia di perdere colpi in Serie A?
«L’Europa League è una competizione più difficile rispetto al nostro campionato. C’è un motivo se le italiane non arrivano in fondo da molte stagioni. Incontreremo avversari di livello a ogni partita. Anche il gioco sarà più dispendioso a livello fisico. Certo, qualcosa toglierà al campionato, ma sono fiducioso».

L’altro rischio è che i ragazzi abbiano la pancia piena.
«Al massimo la svuoteremo. Non credo, comunque. Ripartiremo con l’entusiasmo figlio di questa stagione e sarà tutto più facile rispetto all’anno scorso».

Domenica ci sono due sue ex squadre contro: tra Juve e Crotone per chi tifa?
«Spero che il Crotone si salvi. Stesso discorso per il Genoa. Il Crotone ha pagato le prime giornate quando era costretto a giocare in trasferta a Pescara invece che in casa (per i lavori allo stadio, ndr). Altrimenti sarebbe già salvo».

Battendo l’Empoli farebbe un favore proprio ai calabresi.
«Faremmo prima di tutto un favore a noi, perché c’è ancora il quinto posto da raggiungere».

Quanto influisce il lavoro dell’allenatore sul rendimento della squadra?
«L’importante è che il suo lavoro sia supportato dalla società, perché c’è uno spogliatoio da gestire, trenta ragazzi che alle spalle hanno famigliari e procuratori».

È uno dei pochi a essere descritto come «maestro di calcio». In Italia non lo si insegna più?
«In questo sport non si finisce mai di imparare perché ci sono infinite varianti. Io cerco di adattare le mie idee in funzione dei ragazzi che ho a disposizione. All’Atalanta ho la fortuna di avere calciatori molto ricettivi, che si aiutano inoltre l’uno con l’altro».

C’è qualcosa che è impossibile allenare?
«Potrei dirle il talento o l’estro. O la coordinazione o la sensibilità nel tocco di palla. Ma sono convinto che tutto sia migliorabile. Anche chi ha poco talento può diventare un buon giocatore».

A proposito di talento, chi è il campione perfetto?
«Tutti i campioni sono perfetti. Tutti riescono a stimolare le emozioni delle persone con un gesto tecnico di particolare bellezza».

Bielsa ha dichiarato che per studiare calcio ha visto 50 mila partite. Lei?
«Molte di meno, sarà che capisco prima di lui (ride, ndr)».

Da ragazzo chi era il suo idolo?
«Da bambino Sivori. Giocavo come lui, con i calzettoni abbassati. Poi ho amato i grandi come Pelè, Platini, Maradona e Van Basten».

Il libro preferito?
«L’arte della guerra. Ora sto leggendo Io e il Papu di Garlando».

E il film preferito?
«Preferisco i documentari sulla natura».

Altri interessi?
«Sport in generale. Mi piace tutto, dal tennis allo sci passando per il ciclismo».

Lei ha origini juventine, è d’accordo con la frase di Boniperti...
«...”Vincere è l’unica cosa che conta”. Questa? Sì, anche se penso che la cultura della vittoria a tutti costi abbia fatto grandi danni. Accetto quando mi dicono “la tua squadra gioca bene e fa molti gol”. Ma il complimento più bello è: “La tua squadra ha fatto molti punti”». Come quest’anno.

fonte corrierebergamo.it

By marcodalmen
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