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Gasperini: "Ho pensato a Bergamo come una piccola Bilbao. Ora la mia Atalanta è internazionale"

TMW - Atalanta, Gasperini:

Gian Piero Gasperini, tecnico dell'Atalanta, è intervenuto durante la presentazione del libro di Luigi Garlando, l'Album dei sogni, a Bergamo. Queste le sue parole più importanti: "Quando sono venuto a Bergamo, ho visto che ha sempre giocato una squadra dove era fondamentale l’esperienza, il fare risultato arrivando ai 35 punti, mai un passo un po’ più lungo della gamba. Io da avversario ho sempre visto lo stadio pieno, l’ho sempre percepito come un gruppo compatto, unito. Inizialmente vedevo Bergamo come Bilbao. C’era un settore giovanile incredibile, con molti giocatori interessanti. Ho sempre visto una squadra di ragazzotti che andavano sparati, ho fatto difficoltà a far passare questo messaggio, non c’era nessuna cultura in questo senso, eravamo lontani anni luce. La gara col Napoli ha dato una svolta. Poi abbiamo cambiato, c’è stata un’evoluzione: sei anni nel calcio sono qualcosa di enorme. Siamo stati molto bravi a modificare, di Bergamo c’è solo Scalvini. Ci sono stati due anni di pandemia, oggi non è uguale a tre anni fa, c’è qualcosa di diverso anche nella gente. Dico sempre: quando stai fermo scivoli, ti devi muovere sempre".

Juric, Italiano, Tudor.
"Per me aver aperto una strada è un grande orgoglio. Devi studiare, la competizione è elevata. Oggi c’è una competizione incredibile. Devi anche accettare il cambiamento, non è possibile essere sempre il solito".

Una cosa che non rifarebbe in questi sei anni?
"Noi dobbiamo prendere sempre le decisioni prima, devi intuire chi sta meglio o meno. Giochiamo contro un avversario, lo puoi studiare, ma non dipende solo da noi. È facile dire “la gara col PSG”, potevamo andare in semifinale. Ma è troppo facile. Se le cose vanno bene non devi toccare niente, gli errori ti permettono di migliorare. L’umiltà non è stare zitti se ti fanno un torto, mettersi un po’ in disparte. L’umiltà è quando non ti basta, quando vuoi migliorarti. Quando ci dicono che non abbiamo vinto niente rispondo: “Non abbiamo vinto niente? Abbiamo battuto tutti i record. ci sono rimasto male quando ho sentito un tifoso dell’Atalanta dire: “Invidio il Verona per aver vinto lo scudetto”, lì mi sono cascate le braccia".

Come è stato giocare in Champions?
"Se incontri i più forti prendi degli schiaffi, ma cresci. Sali, sali, sali, poi c’è il declino: la capacità è spostarlo un po’ più in là. L’Europa ha portato i nostri giocatori ad essere i più bravi, la Champions è stata straordinario. Non ho mai pensato che eravamo i più forti, ma siamo stati i più bravi. nell’ultimo periodo siamo stati meno bravi, ma i ragazzi si impegnano: non ci sono litigi, in questo periodo siamo stati meno bravi, speriamo in queste sei partite di ripartire. Forse non siamo più così "bergamaschi", ma più internazionali".

Le figurine?
"Il mio debutto fu a Palermo, al fianco di Montesano". Gian Piero Gasperini ricorda la prima volta che fu rappresentato in figurina, fu con la maglia del Palermo. "Ma non ero ancora in Serie A, la prima singola fu solo al Pescara".  "Per la mia generazione le figurine erano un’assoluta novità. Vedere i nostri idoli fotografati, poterli raccogliere, un’emozione indescrivibile, anche perché non era come adesso, le partite in tv passavano di rado e i campioni non li vedevi in faccia spesso". Quali furono quelle preferite da Gasp? "Tante: Rivera, Mazzola… Io giocavo sul tavolo di casa, facendo le formazioni e la partita con una pallina di carta. Mi è servito per imparare. Poi scambiando le figurine a scuola sono nati i primi direttori sportivi". Era un momento indimenticabile quando, una volta professionisti, arrivava il fotografo della Panini al campo d’allenamento. "Sempre di mattino presto, sempre con il sole in faccia – ricorda Gritti -. A Brescia sembravo un cadavere nella foto: maglia bianca, occhiaie, pelle smorta…". Oggi i tempi sono cambiati e i calciatori forse ancora di più. "Potenzialmente sono uguali a noi – riflette Gasperini -. Ma è il mondo a essere cambiato… la vita era più difficile ai nostri tempi, oggi i giocatori sono agevolati. Io e Gritti andavamo da soli a trattare il contratto anno per anno, davanti al presidente e ai dirigenti. Ci preparavamo il giorno prima, era una battaglia. Ma queste cose ti fanno crescere. Noi affrontavamo le cose in prima persona e questo ti dava una personalità che oggi fatichi a trovare nei giovani".

fonte tmw.com e Gazzetta dello sport
By marcodalmen
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