Gasperini: "Il 22 maggio, compleanno di mio padre perso nel 2012. Non credo a certe cose, ma....."
Lunga intervista a Gian Piero Gasperini , sulle colonne odierne del settimanale Sportweek. Il tecnico della Dea comincia riavvolgendo il nastro all’indietro e ricordando come alla Juventus abbia mosso sia i primi passi da calciatore (per una carriera che poi però si è sviluppata altrove) che poi in seguito quelli da allenatore. A proposito di questa seconda parentesi, racconta Gasperini: “Ho conosciuto Ventrone e Bangsbo che hanno dato una svolta secca alla preparazione atletica. Anni importanti, anche perché Moggi mi faceva viaggiare molto e vedevo tanto calcio. Mi mandava a visionare i giocatori dicendomi che ogni relazione doveva concludersi con un giudizio: da Juve o no. Andai a studiare Van Der Vaart e Heitinga, segnalai Chivu, poi Palladino a Benevento”.
E proprio Palladino è uno dei suoi discepoli in panchina, al pari dei vari Juric, Motta, Gilardino e Bocchetti: “Quasi tutti hanno giocato insieme, nello stesso Genoa. Thiago da noi è rinato, ma tatticamente siamo molto diversi, ha sviluppato altre idee”. E a proposito del presente in bianconero di Motta e delle difficoltà che sta trovando, Gasperini dice: “Normale. A Bologna ha trovato ottime soluzioni in uscita bassa, l’ho ammirato e studiato, ma la Juve è un altro mondo. Thiago è giovane, farà altre conoscenze e maturerà: è bravo e ce la farà. Gli sono affezionato, lo inviterò a cena a casa mia a Torino”. Uno dei suoi ‘assi’ è Yildiz: “Tanta roba, ha talento e potenzialità. Uno di quei giovani su cui è bello lavorare, tipo De Ketelaere, Hojlund, Lookman… Accanto a loro, i Kolasinac e i De Roon, il nucleo forte: saranno i Thiago e Palladino di domani”.
E poi Gasperini passa a temi più strettamente di Atalanta. Tipo De Ketelaere e il prossimo step: “Fare contro Inter e Real Madrid ciò che fa con l’Empoli”. Più in generale, quindi, aggiunge Gasperini: “Sono le sfumature che ti fanno vincere. E gli aggiustamenti continui ci rendono imprevedibili, pur mantenendo fermi i nostri principi”. Quindi qualche ricordo di Percassi: “Il primo incontro a casa sua, la prima volta in Champions, a Reggio Emilia… Ma soprattutto la notte di Dublino, gli occhi brillavano. Era il 22 maggio, compleanno di mio padre perso nel 2012. Non credo a certe cose, ma quando hanno annunciato la data della finale ho chiesto a papà di farmela vincere”. Conclusione sul Natale da capolista solitaria e gli obiettivi: “Inimmaginabile, bello soprattutto per la gioia della nostra gente che canta ‘Vinceremo il tricolor’. Però non firmo per niente”.
fonte tmw.com