19/04/2021 | 22.11
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Gasperson

Articolo di sabato di Alessandro Dell'Orto, giornalista bergamasco e atalantino su Libero.

Grazie a Mapi-Ba per l'input

 

IL PROGETTO VINCENTE DELL'ATALANTA

Gasp è il Ferguson d'Italia

Il nerazzurro è sulla panchina della Dea da 4 anni e 10 mesi ed è il più longevo tra i mister della serie A
Il club ha sposato totalmente le sue idee e lui ora, come fece Sir Alex allo United, decide pure il mercato

ALESSANDRO DELL'ORTO

Quando nel lontano 14 giugno 2016 l'Atalanta decise di affidare la squadra a Gian Piero Gasperini, nemmeno un visionario come Antonio Percassi, presidente nerazzurro e imprenditore sempre avanti nel tempo, si aspettava di iniziare un ciclo tanto vincente e lungo.

E invece eccoli li, i due "inventori" della Dea europea, ancora insieme a quattro anni e dieci mesi da quella firma, con la squadra stabile tra le big del campionato e sorprendente protagonista in Champions. Un record di successi, ma anche di durata: nessun club in serie A ha un allenatore da più tempo e pure la panchina della Lazio, che Lotito ha affidato a Simone Inzaghi quattro anni e 9 mesi fa, inizia a scricchiolare pesantemente.

Gian Piero Gasperini allenatore longevo (a Bergamo) e innovatore, ma soprattutto poco allenatore. Già, questo è uno dei grandi segreti dell'Atalanta. Nel senso che Gasp ormai è a tutti gli effetti qualcosa di più di un semplice mister che guida la squadra in settimana e decide come metterla in campo la domenica: è un vero manager all'inglese, determinante anche nelle scelte societarie. Basta pensare ai giocatori acquistati e poi subito spediti via perché incapaci di adattarsi al metodo Gasperini (Rigoni, Skrtel, Mojica), oppure a quelli scartati anche se di qualità (Kulusevski e Ibanez) o ancora, ed è l'esempio più clamoroso, alle bandiere entrate in conflitto con il tecnico. E fatte fuori.

Sì, Papu Gomez. Era il capitano, il simbolo, il trascinatore eppure ha dovuto salutare perché a Bergamo decide lui: il Gasp, che in questo momento è l'Atalanta. E il paragone immediato che viene da fare pensando al calcio italiano sempre più schizofrenico quando si parla di panchine è quello con Sir Alex Ferguson, mito del Manchester United e della Premier League. E non solo per la fedeltà al club (l'irlandese è stato alla guida dello United dal 1986 al 2013; Gasperini ha il contratto fino al 2022, ma tutti a Bergamo si augurano che resti il più a lungo possibile) e il potere decisionale: ad accomunare i due maghi del calcio sono anche il carattere e la personalità. La mentalità.

Sir Alex si presentò a Manchester dicendo: «Il mio lavoro è vincere ogni partita che devo disputare, tutto qua». Gasp si è presentato a Bergamo con un football d'attacco e irriverente e quando i vecchi, sicuri del posto titolare, hanno rallentato, li ha subito fatti fuori per dare spazio ai giovani promettenti e incoscienti, dando vita così alla Dea sbarazzina capace di mettere sotto tutti e di andare a vincere ovunque. Non solo. Sia Ferguson che Gasp hanno iniziato in maniera disastrosa la loro esperienza (allo United e alla Dea) prima di stupire, ma soprattutto entrambi, diciamocelo senza tanti giri di parole, hanno in comune una caratteristica ben precisa: sono antipatici, scorbutici, permalosi e incazzosi. Ma alla fine chissenefrega: ai geni bisogna pur concedere qualcosa.

 

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