12/09/2023 | 18.15
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Gianluca Scamacca, è tornato l’unicorno

Da rivistaundici.com (grazie a rOHpota per la segnalazione)

La Serie A ritrova un attaccante dal profilo unico. Ora Gasperini dovrà trovare il modo di sfruttare il suo enorme potenziale.

Subito dopo aver firmato con l’Atalanta, che lo ha riportato in Italia dopo una stagione tormentata al West Ham, Gianluca Scamacca ha indicato in un’intervista il motivo principale della sua scelta: «Gasperini mi ha detto che ho qualità nascoste, che però lui vede. È la cosa che mi ha colpito di più». Scamacca sa bene di essere una bomba sul punto di esplodere, fin da quando era poco più di un ragazzino. E, per saltare l’intro di quella che sarebbe dovuta essere la carriera di uno dei più forti nove italiani della nuova generazione, se n’era andato nei Paesi Bassi, al PSV. Quando parla, sembra sempre concentrato sul momento della deflagrazione: nelle sue interviste più recenti, ancora da giocatore degli Hammers, si è detto sicuro che «chi lo avrebbe preso avrebbe fatto un affare» e che nella stagione appena iniziata «se fosse stato bene, avrebbe segnato venti gol1. Non si è mai preoccupato di dare di sé l’immagine di uno che vola basso, né si è censurato: come quando è in campo, non censura la sua smania di stravolgere ogni partita, né la fede incrollabile nella sua capacità di riuscire a fare anche le cose più difficili.

Come con tutti gli altri giocatori unici ma non ancora indispensabili, si finisce per parlare sempre di ciò che Scamacca può diventare e di ciò che ancora non è. Al limite, di quello che avrebbe potuto o dovuto essere per funzionare, come il suo compagno di reparto Michail Antonio, che due mesi fa ha elogiato le sue doti tecniche fuori dal comune, ma in sostanza ha detto che per giocare in attacco con Moyes «devi saperti arrangiare, devi essere un combattente», e che quindi Scamacca non lo è. Come sempre, c’è uno scarto tra Scamacca e le aspettative degli altri, e questo finisce per polarizzare i giudizi su di lui, anche se si tratta di un giocatore ancora giovane: o ci si sofferma sulle sue inconsistenze fino a sottendere l’inganno, oppure si riempiono i buchi della sua carriera con la bellezza che produce quando impatta di collo pieno un pallone a mezz’aria e fulmina la porta da molto lontano. Il suo modo di muoversi in campo e il suo corpo affilato, ricoperto di tatuaggi, bastano a rompere anche solo per l’impatto visivo la monotonia estetica di una qualsiasi partita di calcio. Il suo modo di giocare è ancora più appariscente: acrobatico, estroso, con punte di egoismo che, vista la pulizia tecnica e la facilità con cui si connette con i compagni e il suo ruolo di grosso centravanti di manovra, fanno sembrare le sue giocate rischiose delle azioni ancor più indisciplinate. Forse, Scamacca è semplicemente un giocatore difficile da capire.

Alle parole di Michail Antonio, Moyes ha risposto non rispondendo, ma in effetti l’attaccante giamaicano ha centrato un punto importante: il corpo di un metro e novantacinque, i gol di testa segnati in carriera e la sua incredibile facilità di calcio restituiscono spesso un’immagine di centravanti un po’ stereotipata e riduttiva, troppo lontana dal calciatore che è davvero Scamacca. Pur essendo alto quasi due metri, deve crescere molto nel gioco spalle alla porta – lo ha detto persino Dionisi, e anche con toni inaspettatamente accesi, verso la fine della stagione a Sassuolo, nel pieno del suo calo di rendimento – almeno per quanto riguarda l’abilità nell’usare un fisico del genere e resistere ai contatti. La lacuna più evidente quando ha lasciato la Serie A, infatti, era proprio la capacità di difendersi dalle marcature a uomo parecchio aggressive, al punto da patire i difensori particolarmente forti in anticipo; la sua stagione in Premier League, rivedendo alcune delle sue migliori partite, sembra essere stata una discreta palestra in questo fondamentale, ma rimane l’aspetto del suo gioco su cui dovrà continuare a lavorare.

Scamacca non è, quindi, il tipo di calciatore che per il momento è in grado, come dice Antonio, di «arrangiarsi con poco» e che può essere lasciato da solo a raccogliere palloni lunghi e fare a sportellate con la difesa. Non è ancora a suo agio nel duello corpo a corpo, né possiede il cambio di passo per guidare in autonomia transizioni pericolose: anche se dà l’impressione di poter condizionare una partita nel secondo che impiega a caricare un tiro, paradossalmente è un profilo che dipende molto dal contesto per stabilizzarsi sui suoi picchi. Il suo calcio fiorisce quando può venire incontro, muoversi su tutta la trequarti e toccare tanti palloni, avere tante opzioni di passaggio: ciò che lo rende una specie di unicorno, in Serie A, è proprio la rarità del suo bagaglio tecnico rapportato a quello degli altri centravanti e al suo fisico fuori dal comune, la sensibilità con cui sa mettere giù il pallone e girarsi con il controllo a seguire, rifinire l’azione con palloni verticali precisi, servire i compagni sulla corsa, chiudere triangoli. Ha un’indole associativa preziosa, ma come detto è anche un calciatore incostante e, nel senso migliore del termine, irregolare, che ama fratturare l’azione con tiri da ogni posizione e giocate personali. Tutto ciò che fa, dagli assist con cui mette in porta i compagni che si inseriscono a gol come quello segnato due stagioni fa a San Siro contro il Milan, una specie di tributo a quello del suo idolo Ibrahimovic di quindici anni prima in un Inter-CSKA Mosca di Champions League, sono frutto di ispirazioni, di una tendenza istintiva alla giocata.

È forse questa la conseguenza tecnica più evidente del fatto che, a 24 anni, Scamacca non ha ancora annullato lo scarto tra realtà e possibilità: la sua prima stagione da titolare ad alti livelli è stata proprio quella con il Sassuolo, con cui ha segnato relativamente tanto (16 gol), ha mostrato il suo luccicante repertorio tecnico, ma dopo un girone sorprendente è andato gradualmente calando, senza mai dare la sensazione di essere il centro del gioco dei neroverdi, o almeno quanto le sue qualità gli avrebbero consentito; al West Ham ha avuto dei lampi, ma ha faticato sia per le richieste che per gli infortuni. In poche parole, la sua carriera l’ha testato ancora troppo poco ad alti livelli, quando solitamente un coetaneo con le sue doti ha già giocato in diversi tipi di contesto, dando un’idea abbastanza solida di quali siano i propri margini.

campionato serie a tim 2023 - 24
giornata 1
sassuolo - atalanta
campionato serie a tim 2023 - 24giornata 1sassuolo - atalanta
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