16/02/2022 | 07.27
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Gli interventi più hardcore di Merih Demiral




Merih Demiral coi capelli sempre corti, la faccia sempre truce, qualche cerotto posizionato sopra la faccia come nei manga. Quando si presenta così ai microfoni di Sky Sport dopo la partita contro la Lazio, gli chiedono da dove venga il cerotto e lui non sa cosa rispondere, è semplicemente normale uscire da una partita con le ferite: «Ogni partita c’è qualcosa. Anche qua, anche qua» indicandosi gli occhi (?!). Poi dice: «Ma va bene, a me piace. Sono più bello così».

Ecco, questa è una buona definizione per Merih Demiral: uno di quei difensori per cui è normale uscire da una partita feriti, che sul campo da calcio si sentono in battaglia. Le botte fanno crescere, le ferite abbelliscono. Il suo arrivo nell’Atalanta di Gasperini era il più classico dei match made in heaven: una squadra che trasforma il gioco del calcio in una serie di duelli uno-contro-uno da western prende un difensori che si esalta nel duello individuale, nello lotta per la prevaricazione contro l’attaccante avversario. Per il suo particolare sistema di marcature, l’Atalanta espone i suoi giocatori a una dimensione molto elementare del calcio, nascosta dietro una struttura tattica meticolosa. Dietro i triangoli e i quadrati disegnati sulle catene laterali, dietro gli inserimenti dei centrali difensivi, dietro il pressing alto, si nasconde un’idea di calcio in cui ogni giocatore – con la palla o senza – deve avere la meglio sul proprio diretto avversario. È forse per questo livello un po’ violento che scorre nella partite della Dea, che alcuni giocatori si trovano a loro agio, e altri no. Avrete già capito a quale categoria appartiene Demiral.


 

 


«Mi piace giocare uomo a uomo», oppure: «Mi piace troppo giocare uno-contro-uno, è la tattica perfetta per me» dice con un tono allusivo da pazzo. Se fossi un attaccante ascoltarlo mi metterebbe freddo. Demiral il vostro amico che a scuola vi tirava i pugni per scherzo, ma ve li tirava troppo forte, lasciandosi scappare un’energia sempre un po’ eccessiva. Demiral sempre con le orecchie drizzate per capire se ci può scappare una mezza rissa; Demiral che poi si mette in mezzo, che mette la fronte sul naso di un’altra persona mentre gli chiede se lo sta guardando male. Demiral che nel contatto fisico si sente vivo. Ho raccolto i suoi migliori duelli individuali giocati quest’anno, per celebrare uno stile enfatico e hardcore al contempo antico e moderno. Per un’esperienza completa di lettura consiglio l’ascolto di questo disco dei Minor Threat.

 




Una scivolata che è una parata coi piedi




 



 

Vlahovic contro Demiral era il duello più atteso di Atalanta-Juventus. Il nuovo centravanti fiammante della Juventus, capace di bullizzare ogni difensore, contro il difensore capace di bullizzare tutti gli attaccanti. Sia Vlahovic che Demiral amano un gioco di contatto, manipolare il corpo dell’avversario col proprio corpo, piegarlo alla propria volontà. Per tutta la partita Vlahovic è stato in difficoltà a gestire il duello fisico con Demiral, ed è stato pericoloso solo quando è riuscito ad avere abbastanza spazio da girarsi senza pressione. Per tutta la partita Vlahovic si è lamentato con l’arbitro del gioco sopra le righe del difensore, che si esalta in quel limite ambiguo tra il fallo e il non fallo. Alla fine del primo tempo Demiral lo segue defilato sull’esterno, inseguono insieme un pallone, il serbo sembra in leggero vantaggio, ma viene poco gentilmente accompagnato fuori dal campo da Demiral con una spallata energica. Ma non abbastanza energica da diventare fallo. Vlahovic abbassa la testa a favore di telecamera e mette su la boccuccia del disappunto.

A pochi minuti dalla fine, però, con l’Atalanta ancora in vantaggio, Vlahovic gli scappa alle spalle. È una classica situazione in cui la squadra di Gasperini paga dazio al suo coraggio, con la linea alta e il sistema difensivo che si regge sulla fiducia implicita che ogni giocatore stia attento al proprio uomo. Demiral non eccelle per concentrazione, ma a volte sembra distrarsi solo per rimediare ai propri errori nel modo più spettacolare possibile. Vlahovic scappa verso la porta, è veloce per la sua stazza, e ha un momento in cui può calciare. Invece esita, e Demiral non perdona nessuna esitazione di un attaccante: ci si fionda con la scivolata d’interno. Un tempismo millesimale da fumetto; Vlahovic prova il pallonetto, e la suola di Demiral glielo para. Cosa c’è di più esaltante per un difensore che sostituirsi direttamente a un portiere usando il proprio corpo?

 

Viene fischiato il fuorigioco, ma Demiral esulta comunque perché comunque il gesto tecnico rimane, il messaggio all’attaccante è stato mandato.

 




Una scivolata porno




 



 

Demiral è stato eletto “Giocatore del mese” dall’Atalanta a gennaio. Per celebrarlo l’account social del club ha pubblicato una breve raccolta dedicata alla signature move di Demiral: la scivolata arpionata con l’esterno del piede, uno dei gesti tecnici più emotivi del calcio, di cui era maestro uno dei centrocampisti dal gioco più emotivo, Daniele De Rossi.

 

Questo intervento su Ciro Immobile è porno. Un aggettivo entrato nel gergo calcistico per definire quei gesti tecnici che sembrano dotati di una particolare matericità plastica, ai limiti dell’artefatto. Come se qualcuno si fosse messo a progettare momenti di gioco in realtà aumentata per renderli più vividi possibili. Tiri, tunnel o interventi in scivolata che sembrano uscire dallo schermo e prenderci alla pancia. Demiral si fa un metro in scivolata, l’esterno proteso sulla palla, un movimento così perfetto che Immobile è costretto a schivarlo e il difensore ne esce col pallone tra i piedi, rialzandosi, come un torero, subito con la testa alta a servire il compagno in avanti. Persino nello stadio nemico della Lazio si sente un piccolo boato di fibrillazione. Non è così frequente, in quello che poi è un gioco di squadra, vedere un giocatore prevalere così nettamente su un altro.

 




Scivolata d'intimidazione






 

Va detto però che in quella partita a Demiral è successo spesso, di brutalizzare gli attaccanti avversari. Questo è un altro momento, in cui va a chiudere su uno dei giocatori più veloci della Serie A, Felipe Anderson. Stavolta è un intervento meno pulito, più enfatico, a mettere la palla in rimessa laterale. L’idea del difensore come uno stunt-man pronto a lanciarsi in un’azione thriller in ogni momento per salvare la propria squadra. Demiral si rialza mentre il pubblico rumoreggia, il pantaloncino tirato su dalla frizione sul terreno, mentre Felipe Anderson si rialza pigro pigro. Magari qui Demiral avrebbe potuto chiudere con più serenità, tagliare la corsa, accompagnare, magari ne sarebbe uscito anche senza concedere la rimessa laterale. Questo tipo di interventi però alimentano la sua immagine di guerriero. Ha bisogno di questo tipo di cose, che rimandano un “piacere di difendere” non sempre facile da cogliere in un mestiere di sacrificio, attenzione e clandestinità. Demiral invece è un difensore vistoso. Non lo è per la sua eleganza o per la sua tecnica – come van Dijk, Thiago Silva o Koulibaly – ma soprattutto per la sua esaltazione, la sua fisicità esibita, il regno del terrore che riesce a istituire attorno a sé.

 




Spallata d'intimidazione




 

Demiral e Cristiano Ronaldo sono amici, almeno così sostiene Demiral, che lo definisce una persona speciale. Naturalmente se c’è da buttare giù un amico che ti corre a fianco con una spallata che lo fa sembrare una mosca non ci si possono fare problemi.

 





La vita degli attaccanti come l'inferno in terra




 



 

Demiral è di quei difensori che fanno sentire la loro presenza, che pensano innanzitutto a rendere aspra e piena di insidie la vita di un attaccante. Già dalle prime palle vogliono infilarli in un contesto psicologico di sofferenza. Prima devono pensare a non farsi menare, e solo dopo possono pensare a giocare a calcio.

 

Qualche settimana fa Alessandro Matri a DAZN ha raccontato del suo faticoso primo incontro con Demiral: «Primo allenamento al Sassuolo di Demiral, mi arriva il pallone e mi entra da dietro. Secondo pallone…e mi arriva da dietro. Mi ricordava un giovane Chiellini». Alla Bobo TV sempre Matri ha detto: «Ti mena, ti spacca in due, poi ti guarda e ti dice: “non ti ho toccato”».

 

In questo duello Demiral toglie il respiro a Dzeko. Prima resiste nella sbracciata sull’esterno, poi gli dà una spintarella maliziosa sulla schiena per rovinargli l’equilibrio, e solo alla fine, dopo averlo cucinato per bene, gli toglie la palla coi piedi. Si gira, tira forte addosso a Dzeko per ottenere quello che vuole, una rimessa dal fondo mentre il pubblico atalantino si esalta.

 




Calcio saponato






 

Cos’è questo? Ancora calcio? Come gli viene in mente di anticipare una persona in scivolata, con un’altra scivolata? È questo lo sport ideale che immagina Merih Demiral nella sua testa, undici uomini che non fanno che contendersi il pallone per 90 minuti un colpo alla volta?

 




Un'altra parata




 



 

“Difensore scivoloso difensore pericoloso” diceva Carlo Mazzone, una delle massime più ripetute nelle telecronache di Serie A, il campionato in cui l’arte difensiva è soprattutto sinonimo di minimizzazione del rischio. L’ideale del difensore come mente suprema in grado di giocare due mosse d’anticipo sull’attacco avversario, gestire ogni variabile, prevenire ogni imprevisto. Nel sistema dell’Atalanta invece l’errore è previsto, e per rimediare all’errore bisogna assumersi dei rischi, può voler dire anche scivolare. Il rischio è incorporato nel sistema: è ciò che rende esaltante il gioco dell’Atalanta, e che esalta il lato istintivo di Demiral. È il rischio che genera l’imperfezione, e il sorgere dell’imperfezione è l’uscita dalla banalità, dall’insignificanza, sosteneva il filosofo Algirdas Greimas.

 

Demiral alla Juventus, in sistemi di difesa a zona, scontava il rovescio della medaglia di quest’aggressività anche in area di rigore. Ha concesso rigori ingenui, a volte pesanti, come quello al Porto su Taremi. Quest’anno ha imparato a controllare di più il lato istintivo del suo gioco, pur mantenendolo come il suo punto di forza.





L'attaccante semplicemente non può girarsi




 



 

La copertura della profondità in recupero, però, è solo il rimedio a qualcosa che è andato storto. La normalità per un difensore dell’Atalanta è l’anticipo, e Demiral è uno dei difensori più fenomenali in anticipo. È un difensore che pensa sempre in modo ottimista, che non ha paura di bucare un intervento perché sa che comunque il sistema gli permette di provare l’anticipo lontano dalla propria porta e che c’è sempre tempo per recuperare. Nella partita d’andata contro la Juventus ha offerto la sua prestazione più clamorosa, anticipando sempre sempre il povero Morata, cercato con palle troppo dirette, frettolose e difficili da gestire. Ha chiuso il match con 5 intercetti, 5 contrasti, il 100% dei duelli aerei vinti. Quando Morata riusciva a non farsi anticipare, restava comunque impossibile riuscire a voltarsi verso la porta.

Per un giocatore emotivo come Demiral, non è un caso che le due migliori prestazioni stagionali le abbia offerte contro la Juventus, la squadra che lo ha ceduto in estate e che forse non ha creduto abbastanza in lui; o che comunque l’ha considerato sacrificabile per sistemare i conti. Demiral è arrivato all’Atalanta in prestito con un diritto di riscatto fissato a 30 milioni e nonostante la cifra cospicua rimane un piccolo rimpianto per la Juventus, che oggi ha una linea difensiva anziana, tolto De Ligt, che ha però ha il problema di essere gestito da Raiola.

Quanti centrali difensivi di nemmeno 24 anni hanno il talento di Demiral oggi? Di sicuro in pochi sono capaci di rendere tanto esaltante il lavoro del difensore.

fonte ultimouomo.com



By marcodalmen
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