13/07/2023 | 09.09
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Il business delle maglie da calcio: prezzi al top, ma produrle costa un euro



Secondo lo studio dell’azienda tedesca Pr Marketing, le società di calcio guadagnano circa 10 euro dalla vendita, ma compensano con gli accordi privati che stipulano con i rispettivi sponsor tecnici.

Quanto costa una maglia da calcio? Quella che è iniziata ieri è la prima settimana di vero calcio della stagione 2023/24, quella dei primi allenamenti con i tifosi che possono tornare ad ammirare i propri beniamini, dopo poco più di un mese dalla fine del campionato, e salutare i nuovi arrivati dal calciomercato. Intorno ai ritiri, che avvengano nei centri di allenamento o in località più fresche come quelle di montagna, non può mancare il marketing, che costituisce una voce importante di incassi per le società calcistiche di tutto il mondo.

Dalla ricerca condotta dalla società tedesca Pr Marketing, riportata dall’edizione odierna de La Repubblica, per la produzione di una singola maglia ufficiale, che arriva a costare più di 100 euro, ci vogliono in media 10 minuti. Il grosso degli sponsor tecnici fa eseguire il lavoro in Asia, dove gli operai e le operaie cuciono i tessuti a loro consegnati per un guadagno personale di meno di un euro a maglietta. Una cifra misera, che era addirittura più bassa se consideriamo che fino a 25 anni fa questo processo avveniva in Africa centrale, Pakistan o Bangladesh, dove la paga non arrivava a tre euro al giorno.

Quanto costa una maglia da calcio? I prezzi delle divise da gioco


Nella giornata di lunedì anche i campioni di Italia del Napoli hanno presentato le loro maglie per la stagione 2023/24, dove gli uomini di Rudi Garcia giocheranno con lo Scudetto sul petto. Quindi in pochi hanno storto il naso per un aumento di 10 euro rispetto all’anno scorso: si è passati infatti da 120 a 130 euro. Ma non solo il Napoli, l’aumento ha toccato ogni società.

Il costo per una maglia della Juventus è passato da 140 a 150 euroRincaro di 20 euro per il Milanda 120 a 140. Ma secondo la ricerca, questo aumento non frenerà la domanda che sarà destinata comunque a salire. E se il guadagno per i club su ogni maglia è modesto, si parla di meno di 10 euro, le esternalità positive sono incalcolabili.

«Quel che conta nel progettare una campagna di vendita, dal punto di vista di un club, non è trarre il massimo profitto da ogni maglia, ma capire che ogni tifoso che la indossa diventa un ambasciatore», dice Peter Rohlmann, titolare di Pr Marketing. Ed è per questo che i club più fortemente identitari scelgono di farsi le maglie da sé. In Italia c’è il Napoli per esempio, che sfrutta la collaborazione con Armani, mentre in Germania è il caso del St. Pauli, la cui tifoseria politicamente impegnata pretende la garanzia “sfruttamento zero”. Altre società impongono alle aziende produttrici di adeguarsi ai valori della società. Come Liverpool e Udinese, che hanno indossato maglie ricavate dal riciclo di bottigliette in plastica. Il Real Madrid, invece, ha chiesto che la plastica fosse prelevata dagli oceani, o l’inglese Forest Green Rovers iscritto in Football League Two, che come materia prima per le divise ha scelto i fondi di caffè.

«Come IULM – spiega la professoressa Daniela Corsaro, docente di Marketing all’università milanese – abbiamo fatto una ricerca: oggi l’89% dei giovani nel mondo pretende che la sostenibilità nella catena del valore sia reale, non solo proclamata a livello corporate». «Molti club, dal Borussia Dortmund al Southampton, hanno provato a lanciare un proprio marchio — dice Rohlmann — ma nessuno di loro ha avuto successo per più di 5 anni: non è un modello a lungo termine».

fonte calcioefinanza.it
By marcodalmen
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