30/08/2020 | 13.15
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Il calcio non vuole che il suo futuro sia plasmato dal calcio.

Un articolo incisivo e sferzante come solo alcuna stampa straniera riesce a fare. L'abbiamo tradotto da Four Four Two, una prestigiosa rivista inglese di solo calcio. Parla ancora delle esternazioni di Agnelli di qualche mese fa. Eccovelo



 

Perché i club potenti non vogliono davvero che gente come l'Atalanta abbia successo
Di Seb Stafford-Bloor

Mi preoccupo del mio rapporto con il calcio. Lo sento cambiare.

Mercoledì 12 agosto, la final eight della Champions League si è aperta con una partita con un finale "drammatico", con il Paris Saint-Germain che ha rimontato due gol quasi a tempo scaduto per battere quella meravigliosa squadra chiamata Atalanta . E la cosa, da neutrale, mi ha indispettito.

È stato crudele, come lo è sempre vedere cadere uno sfavorito ad un pelo dalla vittoria, ma anche noioso e inesorabile, a conferma che nel calcio, oggi e molto probabilmente domani, i soldi vinceranno sempre, sempre.

Ma questo lo si poteva immaginare anche prima. No, quello che davvero preoccupa è che il calcio non vuole l'Atalanta.
Per calcio intendo il complesso industriale. Per Atalanta intendo qualsiasi squadra che non sia una grande potenza europea.
Il gioco non vuole che queste storie esistano. Perché l'Atalanta non ha molti tifosi rispetto agli squadroni europei e se hai pochi trofei, poca storia internazionale o uno stadio appena piu' piccolo, sei trattato come un inconveniente.

In realtà, è peggio di così. Implicitamente, il desiderio di una Super League europea respinge l'Atalanta come qualcosa che deve essere purificato - come un agente chimico indesiderabile in fiumi di latte e miele, o il brufolo sulla faccia di qualcosa che sta diventando assurdamente vanitoso.

La settimana prima la Juventus era stata eliminata dalla Champions anche grazie ad un rigore particolarmente dubbio assegnato al Lione che aveva iniziato la stagione con una serie di disavventure culminate con il rapido licenziamento di Sylvinho, il loro allenatore. Eppure la loro vittoria è stata ancora una ricompensa per essere stati migliori, non più ricchi e in grado di reclutare giocatori migliori, ma meglio allenati e preparati, e per avere tattica e credo sufficientemente all'altezza.

La vittoria dovrebbe sempre essere la discriminante per riconoscere il valore di una squadra o di uno sportivo. Il calcio però non vuole più che sia vero. La Juventus è un riflesso del suo presidente e Andrea Agnelli, che presiede anche l'European Club Association (ECA), è da tempo un nemico della concorrenza. Spudoratamente.

“Ho un grande rispetto per tutto quello che sta facendo l'Atalanta, ma senza una storia internazionale e grazie ad una sola grande stagione, ha avuto accesso diretto alla competizione primaria europea per club. È vero o no? "

È una posizione persino rivoltante. Presenta club come l'Atalanta come giocatori di golf che si qualificano per il Master, ma a cui non è consentito varcare i cancelli di Augusta (la sede del prestigioso torneo golfistico). Sono troppo trasandati, non sono vestiti bene, non si dividono i capelli nel modo giusto.

Eppure questa è l'opinione prevalente di coloro che hanno potere di lobbismo. L'ideale, per loro, non è solo quello di consentire alle grandi disparità di ricchezza di continuare - l'obiettivo più grande è in realtà quello di ampliarle in modo esponenziale - ma di rimuovere del tutto la possibilità di fallimento. Per l'Atalanta, secondo loro, dovrebbe essere effettivamente più difficile. Per tornare alla metafora del golf, la loro possibilita' di esserci non dovrebbe nemmeno esistere.

Ciò che un simile atteggiamento rivela inconsapevolmente è che queste persone non pensano al calcio come a uno sport. Con “accesso alla competizione primaria europea per club”, Agnelli non si riferiva al diritto di competere o all'opportunità di esserci al posto di qualcuno piu' grosso, ma semplicemente a raccogliere una grossa fetta di denaro. L'Atalanta non dovrebbe avere quel "diritto".

“Penso alla Roma , che in questi anni ha contribuito a mantenere la classifica dell'Italia. Hanno avuto una brutta stagione e sono fuori, con tutti i conseguenti danni finanziari ".

Non è giusto che una performance insufficiente porti a una perdita di entrate. Questa è la convinzione prevalente. Il calcio è solo un gioco, ed è un esercizio troppo banale per consentire ai futuri finanziari di dipendere dal suo risultato. È quello che sta dicendo.

E lo dice perché, al suo livello più alto, il calcio non vuole più essere calcio. Pensa di essere al di sopra delle sue origini e della sua storia, e al di là di sporcarsi le ginocchia nella competizione reale.

In un favoloso documentario su Ayrton Senna, a un certo punto il pilota viene interrogato sul suo stile aggressivo nei sorpassi e sul suo apparente disprezzo per l'ordine stabilito in Formula Uno. La sua risposta è stata perfetta.

"Essere un pilota da corsa significa accettare il rischio insito nel cercare di annullare il gap con chi ti sta davanti ma se non sei piu' disposto a correrlo vuol dire che non sei piu' un pilota da corsa"

L'ambizione del calcio è che non ci siano gare. Il calcio non vuole che nessuno resti indietro ma solo tra quelli che contano. In effetti, il calcio non vuole che nessuno resti indietro per niente, tra quelli che contano.

In pratica il calcio non vuole che il suo futuro sia plasmato dal calcio.
By staff
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