03/07/2020 | 12.40
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Il calcio totale dell'Atalanta e la Champions non è un miraggio

The history of the iconic UEFA Champions League trophy - World ...E se l’Atalanta vincesse la Champions League? Se si giocasse adesso, la domanda sarebbe più di una provocazione, perché ben poche squadre in Europa corrono e segnano più della Dea, anzi nessuna. Risorta dal Covid persino più forte di prima, nel cuore di quella Bergamo ferita e colpita come nessun altro luogo nel continente, l’Atalanta sembra spinta da una forza superiore. Oltre alla memoria del gioco, alla grande tecnica generale e alla prodigiosa condizione atletica, la squadra nerazzurra è diventata un simbolo di rinascita. Va in campo come se dovesse condurre una missione, e fuor di retorica gioca a nome di tanti: di una città, dei suoi caduti e della passione più forte della tragedia. Gioca, si potrebbe dire, per la vita che rinasce.

Quattro vittorie su quattro partite dalla ripresa del campionato, sette consecutive considerando le ultime gare prima del Covid: così l’Atalanta dà l’impressione di non essersi mai fermata. Segna con attaccanti e difensori (quel Gosens è impressionante) con la stessa naturalezza, recupera situazioni difficili, ha una smisurata fiducia nei propri mezzi. Non avrà Cristiano Ronaldo, ma dispone di una linea d’attacco che non possiede nemmeno la Juventus: Gomez, Ilicic, Duvan Zapata, Pasalic con Muriel prima alternativa. Ma è il calcio collettivo a rendere possibile l’interscambio dei ruoli, con azioni in cui un difensore centrale offre l’assist al suo compagno di reparto: Palomino, Caldara, Gosens e Djimsiti sanno colpire come incursori, in un vortice che sembra riesumare il vecchio calcio totale all’olandese. Un piccolo Ajax, ecco cos’è diventata l’Atalanta. Ma molto più forte, in attacco, dell’Ajax che l’anno scorso eliminò la Juventus.

In questo momento, neppure corazzate come il Manchester City o il Barcellona valgono l’Atalanta nei risultati e nei movimenti in campo. Neppure la Juventus, non ancora qualificata ai quarti dopo la sconfitta a Lione, segna così tanto e con questa naturalezza. Proprio l’attitudine offensiva dell’Atalanta potrebbe favorirla nell’atipico torneo che vedremo ad agosto, una breve e sincopata successione di piccole finali senza remissione e senza ritorno. Vince chi segna, e nessuno segna come e quanto la Dea. Poi, certo, conteranno l’esperienza e le malizie, il peso politico e la cattiveria, l’abitudine alle grandi notti e il coraggio. Ma nessuno ha meno da perdere e più da guadagnare dell’Atalanta, che iniziò la Champions subendo goleade, con uno 0-4 al debutto che avrebbe affossato chiunque. Invece la Dea non perde mai il controllo, raccoglie il pallone in fondo al sacco e lo riporta a centrocampo per mandarlo nella porta altrui, sempre una volta in più dell’avversario. A questa squadra non manca proprio niente, a parte un po’ di esperienza compensata dal folle entusiasmo e dall’applicazione militaresca. Gioca a memoria, una memoria collettiva, e gioca per Bergamo, per dare almeno un po’ di senso a quel dolore. Nessuno ha più cose dentro, in fondo all’anima. Per questo l’Atalanta potrebbe non fermarsi mai, non fermarsi più.

di MAURIZIO CROSETTI (repubblica.it)
By staff
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