IL COSTRUTTORE DEI SOGNI
Ha stretto un patto onesto con la clausura, el Tio. Non so se abbia paura, i suoi polmoni sono ostaggio di una polmonite eterna, oppure se stia affrontando anche questa situazione anomala ed infinita con la saggezza con cui ha affrontato tutta la vita.
In fondo, ha barattato le partite di carte alla locanda di Agustìn e la spesa al negozio di Octavio con lunghe passeggiate solitarie nel bosco con il cane Ernesto.
Alle commissioni e alla spesa ci pensa sua sorella. A volte mi offro di farlo io, visto che il lavoro ormai si è ridotto ad una elemosina per sopravvivere.
Sono andato al supermercato dove lavora Charo, a fare la spesa per el Tio. Forse solo per vedere lei. Alla cassa, dietro una mascherina a fiori a nasconderle la bocca ma ad esaltarne gli occhi malinconici.
Penso di amarla veramente, quando le guardo gli occhi e quando le sono lontano.
Quando sono arrivato alla cascina, el Tio stava cucinando un soffritto di cipolle, salciccia e spezie per l’arroz che avremmo mangiato di lì a breve.
Sul tavolo, aveva sparpagliato una serie di fotografie dello stadio di Bergamo e dei lavori. E il titolo di un quotidiano che esaltava l’autorizzazione a giocare la Champions dentro quell’impianto.
“Hai visto che miracolo, Tio?”
Ho esordito sollevando la più grossa delle immagini.
“Non esistono miracoli. Esistono uomini che trasformano l’impossibile in realtà.”
Pensai al presidente e alla sua capacità di vedere più in là dello spazio della vista.
“Quest’uomo. Bergamo deve ringraziare quest’uomo.”
Volto pieno. Pelle rosolata sotto il sole dei cantieri. Capelli bianchi da marinaio esperto e barba dello stesso colore. Le rughe sulla fronte non certificano gli anni passati, ma le battaglie vinte.
Camicia fuori e Rayban a nascondere la stanchezza negli occhi, perché il ritmo degli operai è dettato dai ritmi suoi, come un navigato direttore d’orchestra.
“Le aziende sono fatte dagli uomini.”
Disse el Tio, rimanendo chino sul soffritto, mentre mi indicava la mensola dove c’era un Rioja Alta del 2012.
Mi sembrava sereno el Tio.
Non so se fosse per il patto onesto con la clausura o per una sorta di riscatto nel parlare di un uomo della sua generazione.
Forse, el Tio un po’ ci assomigliava a quell’uomo.
Sicuramente nell’aspetto. Probabilmente anche nella risolutezza e nella concretezza.
Forse, el Tio, vedeva fare a quell’uomo, nella vita, quello che lui faceva, a suo tempo, sui campi spelacchiati della Navarra.
Pochi fronzoli, poche parole, molti fatti.
L’arroz era fantastico. Il Rioja Alta, divino. El Tio, particolarmente loquace.
“Ci sono uomini che inseguono i problemi e ci sono uomini che anticipano le soluzioni.”
Forse è proprio questo aspetto che piaceva al Tio.
Dopo tutto anche lui è così. Sembrava che fosse la vittima sacrificale del virus, ma il meno preoccupato era proprio lui. Perché non si era concentrato sul problema, ma sulla soluzione.
El Tio è un uomo di poche parole e con una cerchia di amici molto selezionata. Ma credo che, in fondo, gli sarebbe piaciuto conoscere quell’uomo e parlarci assieme.
Magari nella sua cascina, davanti ad un arroz e ad un buon vino d’annata. A parlare dei cantieri e di come si realizzano i sogni.
Rodrigo Dìaz
In fondo, ha barattato le partite di carte alla locanda di Agustìn e la spesa al negozio di Octavio con lunghe passeggiate solitarie nel bosco con il cane Ernesto.
Alle commissioni e alla spesa ci pensa sua sorella. A volte mi offro di farlo io, visto che il lavoro ormai si è ridotto ad una elemosina per sopravvivere.
Sono andato al supermercato dove lavora Charo, a fare la spesa per el Tio. Forse solo per vedere lei. Alla cassa, dietro una mascherina a fiori a nasconderle la bocca ma ad esaltarne gli occhi malinconici.
Penso di amarla veramente, quando le guardo gli occhi e quando le sono lontano.
Quando sono arrivato alla cascina, el Tio stava cucinando un soffritto di cipolle, salciccia e spezie per l’arroz che avremmo mangiato di lì a breve.
Sul tavolo, aveva sparpagliato una serie di fotografie dello stadio di Bergamo e dei lavori. E il titolo di un quotidiano che esaltava l’autorizzazione a giocare la Champions dentro quell’impianto.
“Hai visto che miracolo, Tio?”
Ho esordito sollevando la più grossa delle immagini.
“Non esistono miracoli. Esistono uomini che trasformano l’impossibile in realtà.”
Pensai al presidente e alla sua capacità di vedere più in là dello spazio della vista.
“Quest’uomo. Bergamo deve ringraziare quest’uomo.”
Volto pieno. Pelle rosolata sotto il sole dei cantieri. Capelli bianchi da marinaio esperto e barba dello stesso colore. Le rughe sulla fronte non certificano gli anni passati, ma le battaglie vinte.
Camicia fuori e Rayban a nascondere la stanchezza negli occhi, perché il ritmo degli operai è dettato dai ritmi suoi, come un navigato direttore d’orchestra.
“Le aziende sono fatte dagli uomini.”
Disse el Tio, rimanendo chino sul soffritto, mentre mi indicava la mensola dove c’era un Rioja Alta del 2012.
Mi sembrava sereno el Tio.
Non so se fosse per il patto onesto con la clausura o per una sorta di riscatto nel parlare di un uomo della sua generazione.
Forse, el Tio un po’ ci assomigliava a quell’uomo.
Sicuramente nell’aspetto. Probabilmente anche nella risolutezza e nella concretezza.
Forse, el Tio, vedeva fare a quell’uomo, nella vita, quello che lui faceva, a suo tempo, sui campi spelacchiati della Navarra.
Pochi fronzoli, poche parole, molti fatti.
L’arroz era fantastico. Il Rioja Alta, divino. El Tio, particolarmente loquace.
“Ci sono uomini che inseguono i problemi e ci sono uomini che anticipano le soluzioni.”
Forse è proprio questo aspetto che piaceva al Tio.
Dopo tutto anche lui è così. Sembrava che fosse la vittima sacrificale del virus, ma il meno preoccupato era proprio lui. Perché non si era concentrato sul problema, ma sulla soluzione.
El Tio è un uomo di poche parole e con una cerchia di amici molto selezionata. Ma credo che, in fondo, gli sarebbe piaciuto conoscere quell’uomo e parlarci assieme.
Magari nella sua cascina, davanti ad un arroz e ad un buon vino d’annata. A parlare dei cantieri e di come si realizzano i sogni.
Rodrigo Dìaz
By staff