25/04/2020 | 19.50
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Ilicic : Anarchia e classe improvvisa

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Mi è capitato di dover fare un pezzo su Ilicic e mi è capitato di doverlo fare da casa, perché, come praticamente tutti, da qualche giorno, sto solo a casa. E vedete, Ilicic, in effetti, è proprio una cosa che ti capita. Mi sono rivisto la sua biografia, mi sono rivisto praticamente tutti i suoi goal. Ed è così: come un sentimento.

Nasce praticamente dov’è nato il padre di Ibra. Non che sia rilevante, ma mi ha fatto specie, perché entrambi sono di origine bosgnacca - che non vuol dire bosniaca - e quindi in pratica sono discendenti degli ottomani. Suo padre, Josip, però non l’ha mai conosciuto: gliel’hanno ucciso i serbi. Fucilato. Cose da guerra dei Balcani, nelle quali non voglio addentrarmi, ma anche questo mi ha fatto specie.


Ilicic non è neanche nato e questa storia è già un casino, insomma. Per fortuna tutto viene compensato dal fatto che lui cresca nella terra più serena che c’è: la Slovenia. Gioca in squadre con il nome impronunciabile e poi al Lubjana. Se siete mai stati in macchina in Slovenia, sapete quanto siano tranquilli quei boschi che alla fine si aprono su questa città - Lubjana, appunto - con i lucchetti degli innamorati sui ponti. Aghi di pino, amore e tè caldo. E poi Ilicic. Per un po’, prima di andare al Maribor.

Dissolvenza. Titolo. “Un’estate al Maribor”. Un’estate sola, sì. Undici partite. La decima è al Barbera di Palermo, per un preliminare di Europa League. Il Palermo vince 3-0 ma rimane incantato da due cose: la stravaganza di Ilicic e l’ordine tattico di Bacinovic, centrocampista centrale, poi finito al Padova e poi chissà. Li prende entrambi. Giocano la gara di ritorno che sanno già di andare al Palermo entro la fine di agosto, tant’è che Ilicic segna e non esulta. Qualche giorno dopo saluta i pini e gli abeti e sbarca nella calda e pirandelliana Sicilia d’agosto con un outfit da tamarro.
Ilicic non lo scegli: ti capita.

I primi due goal che fa sono alle prime due partite da titolare. Li segna entrambi di destro. Entrambi su ribattuta. A Inter e Juve. Non male come inizio. Tre stagioni a Palermo, in ordine: molto bene, male, bene nonostante la retrocessione. Gioca con Pastore, Miccoli, Pinilla, Brienza. Incrocia Dybala, ma per poco. E anche il Papu Gomez, nei derby con il Catania. In uno, segna anche un gol bellissimo.

Il Palermo in B ricomincia da altri due mancini, meno affermati: Dybala, appunto, e Vazquez (strano siano arrivati primi, vero?) e lui intanto va alla Fiorentina. Quattro stagioni, in ordine: bene, male, male, bene. A-B-B-A, poesia a rima incrociata, partire da destra, accentrarsi e segnare col sinistro.

Se a Palermo l’hanno amato, ai fiorentini non è mai andata giù bene per la trachea quell’altalena sulla quale si dondola. Quello sguardo freddo che uno può pensare che non ci tenga, quel ritmo in surplace che uno dice: “Questo non c’ha voglia”. La guerra dei balcani dentro e le ciabatte fuori. Eppure il mancino canta.

La cosa più clamorosa che abbia mai fatto Ilicic, tra tutte quelle che gli ho rivisto fare oggi sui video di skills su YouTube, è una roba che manco c’ha il nome. Bentegodi di Verona, Chievo-Palermo 0-0, area del Chievo, traffico intenso. Josip la nasconde con la suola sinistra, la fa passare dietro il tallone destro come per fare un passaggio di tacco e lo fa, ma alzandola, e di tanto, e in modo straordinariamente preciso. Un suola-tacco scavando con la punta del piede sotto il pallone. Cose da pazzi, che quasi quasi il Palermo ci fa un goal.

Sapevate che tutta questa tecnica l’Atalanta l’ha pagata meno di 6 milioni? Un’offerta del mercato. Anche in questo caso, una cosa che ti capita. Vi risparmio la tiritera su quello che ha fatto in nerazzurro, perché tanto ve lo ricordate, visto che è roba degli ultimi 3 anni. Vi butto qui un’osservazione, però. A Bergamo, Josip, è solo cresciuto.

Niente più sali e scendi, niente più ciabatte, niente più “Questo non c’ha voglia”. L’altalena ha smesso di oscillare e il suo essere discontinuo ha trovato una forma che è una linea su un foglio che non si stacca mai per scrivere in corsivo. Si è lanciato dall’altalena e accartoccia le leggi di gravità. Ora sale, sale, sale, fino ai quattro gol al Mestalla, passando per il tacco alla Spal, il gol al volo al Parma, la doppietta al Milan e il capolavoro da centrocampo al Torino.

Ora Josip Ilicic ha 32 anni. È vero: con quelli come lui non sei tu che scegli come va. Con quelli come lui ti capita, che giochino da fenomeno. Ma ogni tanto, il talento anarchico, la poesia incrociata, il suola-tacco-scavino, hanno solo bisogno di compiere trent’anni e di sentire un po' di fiducia, un po' di serenità da boschi sloveni, un po' d’amore da lucchetti sopra i ponti.

 

fonte: goal.com

By sigo
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