08/05/2019 | 09.09
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Indovinate chi dribbla meglio in serie A?

Il dribbling è uno degli aspetti meno replicabili del talento calcistico. Tutto nel calcio può essere migliorabile, almeno in parte: la condizione fisica, la forza, la precisione nei passaggi. Il dribbling invece resta una qualità innata, o sia ha o non si ha. Qui non stiamo parlando del dribbling in velocità, basato sull’atletismo da esprimere in spazi ampi, ma del dribbling nello stretto, quando si è circondati da avversari e si può far affidamento solo sulla tecnica.

Eppure in Serie A il dribbling rimane un aspetto sottovalutato, considerato un semplice vezzo, un’imperdonabile debolezza individuale in un gioco di squadra. Come se il dribbling fosse davvero un fondamentale inutile, inefficace. In realtà, anche nell’opinione più mainstream, ci si sta accorgendo che avere in squadra giocatori che dribblano è diventato sempre più importante: per creare spazi, guadagnare superiorità numerica e disordinare le linee difensive.

Per dire che la Serie A ha un problema con i dribbling basterebbe affidarsi ai semplici dati numerici: facendo una media dei dribbling a partita delle squadre dei cinque principali campionati, la Serie A sarebbe l’unica, seppur di poco, a non raggiungere un minimo di otto (7,9 dribbling a partita). Penultima la Premier (8,25), in testa la Liga (9,4).

Nella graduatoria delle singole squadre, la prima italiana per dribbling a partita è l’Atalanta, appena ventesima con 9,9 dribbling per match. Nelle ultime cinque posizioni ci sono ben tre italiane: Frosinone, Chievo e Cagliari, mestamente ultimo (4,7). Considerando solo i giocatori con un minimo di quindici presenze, quelli con almeno 1,5 dribbling per 90′ sono 64 in Liga, 57 in Ligue 1, 54 in Premier e appena 43 in Serie A. Peggio di noi solo la Bundesliga con 36 giocatori.

Nonostante questi dati, anche in Serie A esistono grandi dribblatori, ognuno con il proprio stile, che si sposa in modo diverso con le caratteristiche della squadra in cui giocano. Abbiamo raccolto i migliori seguendo la classifica di chi dribbla di più secondo le statistiche, ma ci abbiamo aggiunto del gusto personale per menzionare qualche nome che non è fra le prime posizioni.

Il dribbling elusivo: Josip Ilicic

Ci sono giocatori che grazie alla tecnica riescono ad affrancarsi da questa esigenza di spazio. Il loro dribbling è efficace anche nello stretto e genera vantaggi in zone dense di avversari, in particolare nella trequarti offensiva.

Il dribbling non è mai un fondamentale fine a sé stesso; i vantaggi che crea aiutano lo sviluppo della manovra, specie per squadre costrette a giocare contro difese chiuse.  Un assunto valido soprattutto per l’Atalanta: in un sistema in cui si preferisce attaccare in prossimità della linea laterale, e perciò per l’avversario è più facile chiudere le linee di passaggio, un giocatore in grado di dare continuità alla manovra con il dribbling come Ilicic è indispensabile. Lo sloveno con i suoi dribbling ciondolanti attrae gli avversari sulla fascia, li supera conducendo verso l’interno e si apre il campo per il cambio gioco sul lato debole o per il passaggio sulla sovrapposizione di Hateboer. A quel punto l’Atalanta si alza in blocco e può portare molti uomini negli ultimi venti metri, la zona dove l’ex Palermo può usare il dribbling per rifinire o per crearsi lo spazio per il tiro.

Nelle zone centrali, se si ritrova a ricevere spalle alla porta, non cerca il contatto per fare perno sull’avversario, ma si allontana e inizia a toccare il pallone e a basculare, invitando l’avversario ad attaccarlo su un lato per poi girarsi improvvisamente verso l’altro. Quando l’avversario si accorge del raggiro è troppo tardi e, se cerca di cambiare direzione per seguirlo, spesso è già fuori equilibrio e finisce col sedere a terra.

Quando Ilicic riesce invece a ricevere già col corpo verso la porta, sia sulla fascia sia nel mezzo spazio di destra, stupisce la costanza con cui riesce a superare l’uomo. Il dribbling di Ilicic è solo tecnica e intelligenza: nessuna esplosività sul corto, zero forza fisica, solo una gran postura e sensibilità nei tocchi, abbinata a una capacità di rallentare che lascia sempre il difensore coi piedi piantati per terra. La continuità di movimento con cui tocca il pallone e cambia direzione per saltare l’uomo è davvero armoniosa, senza spezzature e cambi di ritmo troppo evidenti, come se stesse pattinando sul ghiaccio, dove servono equilibrio e leggerezza per non cadere goffamente.

Nell’uno contro uno frontale varia continuamente la direzione dei suoi tocchi per confondere gli avversari che, impauriti dal suo talento, arretrano e cambiano postura per rispondere alle sue scelte. Facendoli muovere in continuazione, Ilicic cerca di creare quel corridoio in cui superare l’uomo, anche con sterzate improvvise che non sembrano poter appartenere a un giocatore così alto e magro. La possibilità di individuare sempre lo spazio lasciato libero da chi difende è il motivo per cui effettua così tanti tunnel. Basta osservare il campo libero, indifferente che sia sul lato dell’avversario o tra le sue gambe.

fonte ultimouomo.com

 

By marcodalmen
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